di Ivan Vaghi
Evviva,
abbiamo una nuova legge elettorale. Per invocarla la si invocava, sono le
famose regole del gioco su cui si deve costruire tutto il resto. Da dove viene
quindi questo senso di amarezza che si porta dietro?
Bisogna
per forza fare un passo indietro e ripensare a come poteva essere verde la
nostra valle (cit. Llewellyn), quel luogo che non doveva essere solo un partito
politico, ma un sistema pensato per rendere la politica qualcosa di vero e
vitale, dove il confronto e la discussione dovevano essere condizioni fondanti,
dove il rapporto con militanti ed elettori doveva essere continuo e
vitalizzante. In quella valle non sarebbe mai successo quello che invece sta
succedendo adesso. Primarie farlocche per far vincere i potentati locali,
accordi con personaggi imbarazzanti ma che portano voti (comprati non si sa
come), sottosegretari indagati, giovani rampanti che si mettono a parlare come
Renzi perché così si fa carriera più velocemente, culto della personalità,
gente che doveva essere “rottamata” (cit. Renzi) e che rientra dalla porta
principale dopo aver fatto voto di sottomissione al capo. Eccetera.
Si
tratta solo dell’ultimo dei tanti sogni infranti (cit. Grignani)? Può essere,
per il momento abbiamo l’Italicum. Ciumbia. Però non è una sorpresa, Renzi il
dono della chiarezza ce l’ha (certo magari domani dirà delle cose diverse da
quelle che dice oggi, ma sarà comunque molto chiaro anche domani). Spesso nei
suoi interventi chiarificatori ha detto che il presidente del consiglio
dovrebbe essere il sindaco d’Italia: prende i voti, vince e poi amministra,
senza nessuno che gli possa rompere le balle. L’Italicum evidentemente va in
quella direzione, chi vince le elezioni politiche governa con poteri pressoché
illimitati, come un sindaco appunto.
Due
considerazioni. La prima è che si tratta di un sistema troppo vincolato alla
qualità del sindaco, sorry, del
presidente del consiglio. Metti che vada su qualcuno che fa più danni che altro
(non so, provate a pensare a Solbiate Olona), allora saremmo tutti nei guai. La
seconda è che un Parlamento monocamerale formato da nominati pompati dal premio
di maggioranza (cit. Italicum) è di fatto un corpo legislativo svuotato delle
sue prerogative e agli ordini diretti del capo di turno. Esattamente come in un
consiglio comunale (non so, provate a pensare a Solbiate Olona), in cui i consiglieri
di maggioranza e gli assessori vengono scelti dal sindaco sulla base di
considerazioni che niente hanno a che fare con la qualità delle persone.
Arrivisti, gente che passa di lì per caso, gente abbindolata, gente che ci
guadagna qualcosa, non importa, purché siano fedeli e dicano sempre di sì. Che
figata di governi che avremo. Eh, ma così almeno si
potranno fare le cose. Certo, ma cosa, e come?
Un
parlamentare del PD, quindi di governo, credo, difende l’Italicum dicendo che
sarà il presidente della Repubblica a dare il mandato al presidente del
consiglio. E grazie, è una norma costituzionale, mica lo stabilisce l’Italicum.
Questo per dire la preparazione dei nostri parlamentari, e con nostri intendo
anche, con il cuore che sanguina, i parlamentari del PD. Non c’è niente
all’orizzonte che ci possa dire che le cose miglioreranno in futuro, anzi,
senza possibilità di un vero confronto, con le discussioni parlamentari ridotte
a perdite di tempo come le discussioni nei consigli comunali (non so, provate a
pensare a Solbiate Olona), il livello si abbasserà e cresceranno le tensioni.
Dobbiamo
uscire dalla palude, dice Renzi. Per palude intende il confronto e la
discussione. Siamo messi bene, proprio ciò per cui era nato il PD. La domanda,
legittima, è: ma se non ti sta bene perché continui a rimanerci dentro? Al
momento risposte non ce ne sono. Ce ne saranno e riguarderanno evidentemente
molte persone. Forse non volevamo crederci, volevamo sperare fosse un brutto
sogno. Purtroppo l’alba è arrivata (cit. Montanelli).