martedì 24 giugno 2014

lunedì 16 giugno 2014

Dall'Assemblea nazionale del Partito Democratico

La necessaria premessa al presente resoconto è: il sottoscritto è eletto in Assemblea nazionale del Partito Democratico nelle liste collegate alla candidatura di Giuseppe Civati, detto Pippo. La premessa è assolutamente necessaria perché le persone che fanno riferimento a tale candidatura sono rimaste praticamente le uniche a non partecipare alla gestione della maggioranza del Partito guidata da Matteo Renzi.

Detto questo, l'Assemblea nazionale che si è svolta sabato 14 giugno a Roma è stata molto partecipata: i delegati, provenienti da tutta Italia, non hanno voluto mancare a quello che è stato nei fatti il primo momento celebrativo dello straordinario risultato conseguito dal Partito Democratico alle elezioni europee. Risultato che è stato rimarcato anche nella scenografia, che sullo sfondo riportava a caratteri cubitali «40,8%».

Nella relazione introduttiva, durata quasi un'ora e mezza, il segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi ha toccato numerosi punti, dal nostro ruolo in Europa, al pacchetto di riforme appena licenziato dal Consiglio dei ministri, all'elezione del nuovo Presidente del Partito e dei due vicesegretari, alla cosiddetta «questione Mineo».

Spenderò due parole sulle ultime due questioni, perché sul resto mi sono trovato in accordo.

Partiamo dall'elezione del nuovo Presidente del Partito: l'elezione di Matteo Orfini è avvenuta a larga maggioranza, con la sola astensione di quelli lì di cui sopra, in totale disaccordo sul metodo adottato. Il Presidente di un partito è tenuto a svolgere un ruolo di garanzia, perciò è bene che sia condiviso da tutte le parti o che, perlomeno, il percorso che porta alla sua individuazione sia condiviso da tutte le parti. Così non è stato: l'unica minoranza del partito è stata coinvolta a mezzo di invio di SMS a Giuseppe Civati nella notte precedente l'Assemblea, tanto che molti delegati hanno saputo la notizia dai quotidiani di sabato. Il nome di Orfini, inoltre, è stato proposto da Matteo Renzi e immediatamente messo ai voti al termine della relazione introduttiva, senza prevedere e permettere alcun confronto. Un processo di questo tipo ha pochi elementi di democrazia, che al contrario sono fondamentali in un grande partito, votato dal 40% degli elettori e che deve porsi il problema di garantire la rappresentanza di un corpo elettorale eterogeneo e fluido.

Per quanto riguarda il caso Mineo, la mia opinione è che la riforma del Senato proposta da Renzi non sia una buona riforma e che, abbinata all'Italicum, porterà ad un allargamento del solco che esiste tra eletti ed elettori, una distanza che invece sarebbe il caso di colmare, in un momento storico in cui l'astensione aumenta costantemente e la delusione rispetto alla politica è sempre maggiore.

Detto questo, una riforma può essere buona o meno, con una riforma si può essere d'accordo o meno, ma quando non si tratta di una riforma qualsiasi ma di una riforma costituzionale bisogna fare il doppio di attenzione e creare quello che Walter Tocci nel suo intervento ha definito uno "spirito costituzionale": le riforme costituzionali non si portano avanti con maggioranze striminzite e neppure imponendo ricatti della forma "se non si fa la riforma allora cade il Governo". Le riforme costituzionali devono essere fatte lasciando larghi spazi di manovra al Parlamento, l'organo istituzionale che rappresenta il popolo e che in nome del popolo può modificare il patto costituzionale che tutto tiene assieme. Per questi motivi la scelta di rimuovere Mineo dalla Commissione nella quale è in discussione la riforma appare una mossa tattica che però rischia di portare a risultati strategici scarsi: se in Aula non ci sarà una maggioranza larga (e al Senato si corre il rischio che non ci sia neppure una maggioranza semplice) la riforma del bicameralismo perfetto si impantanerà lì, per chissà quanti anni. L'allargamento in Commissione verso altri modelli che prevedono l'elezione dei Senatori (ma contemporaneamente un loro taglio, un taglio dei deputati e la ridefinizione delle competenze) avrebbe invece potuto portare a un voto in Aula più sereno.

Purtroppo Matteo Renzi non ha trattato questi argomenti, ma si è concentrato sulla vergognosa frase pronunciata da Mineo la sera precedente e sulla presunta volontà di Mineo stesso (e degli altri 13 senatori autosospesi) di voler bloccare il treno delle riforme. Tecnicamente si tratta del cosiddetto argomento dell'uomo di paglia, uno strumento retorico che consiste nel modificare l'argomento del proprio avversario. Ad esempio, come dice Luca Sofri:
Esempio: io dico che bisogna abolire la caccia e tu mi rispondi che sono un pazzo perché se i bambini non mangiano mai carne non crescono sani. Io non ho mai sostenuto che i bambini non debbano mangiare la carne, ma tu mi hai attribuito questa opinione e io ora dovrò affannarmi a dire che non è vero, ripartendo da un passo indietro.
Dire che i senatori autosospesi vogliono fermare la riforma del bicameralismo perfetto è un argomento dell'uomo di paglia: i senatori sospesi hanno una proposta di riforma ben articolata e che ha raccolto approvazione al di fuori della maggioranza governativa e che quindi avrebbe maggiori speranze di passare anche in Aula.

Tutte queste cose le ha dette molto meglio di me il senatore Walter Tocci, che vi invito ad ascoltare:

venerdì 6 giugno 2014

Live Report – seconda stagione

Si è appena concluso il primo consiglio comunale del Melis II, un po’ in ritardo perché il consigliere Gadda era imbottigliato nel traffico…. in realtà stava giocando una partita di calcetto al torneo dell’oratorio, ma si sa, nella vita ci sono delle priorità e bisogna fare delle scelte.
Il primo punto all’ordine del giorno riguardava le condizioni di eleggibilità e compatibilità dei nuovi consiglieri. Lorenzo Brogin sostituisce (pardon, surroga) il dimissionario Antonello Colombo, candidato sindaco di Buongiorno Solbiate. Nessun consigliere risulta incompatibile con la carica.
Il secondo punto prevedeva il giuramento del neo-eletto sindaco, che alla fine pronuncia un discorso di ringraziamento per i suoi elettori e un appello a chi non lo ha eletto per sostenere le attività di interesse comune.
Subito dopo venivano comunicati i membri della nuova giunta comunale, anche se non sono ancora state decise le deleghe (alcune delle quali probabilmente demandate a qualche consigliere comunale). Si tratta del vicesindaco Macchi, riconfermato nell’incarico, e degli assessori della scorsa amministrazione Caprioli e Aspesani, che probabilmente manterranno i loro incarichi. A questi si aggiunge l’assessore esterno Maria Luisa Martina, cui verrà verosimilmente assegnata la delega al bilancio (insieme forse a qualcun’altra). Il decreto Delrio obbliga infatti le amministrazioni a provvedere a una adeguata rappresentanza di genere all’interno della giunta, che nel nostro caso corrisponde ad almeno due donne. Evidentemente assegnare un incarico così importante alle diciottenni Tresin e Di Dio, neo consiglieri comunali e uniche donne in consiglio nelle file della maggioranza (oltre all’assessore Caprioli), è stato considerato fuori luogo. Difficile dar torto al sindaco.
I successivi punti all’ordine del giorno riguardavano l’elezione dei membri della commissione elettorale e la formazione della commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari. Nel primo caso dovevano essere eletti come membri effettivi due consiglieri della maggioranza e uno della minoranza. La prima votazione è stata rifatta perché qualcuno ha sbagliato a votare (?). Al replay sono risultati eletti Corti e Tresin per la maggioranza e Lazzaretti per la minoranza. C’è poi stata una seconda votazione per l’elezione dei membri supplenti (sempre 2 +1) ma anche questa è stata rifatta perché la maggioranza ha votato in massa uno dei membri già eletti. Gustosa apertura del nuovo ciclo amministrativo. Comunque, alla fine, sono stati eletti i membri supplenti, che sono Cera e Di Dio per la maggioranza e Tisano per la minoranza.
Più semplice è stata l’elezione del membri della commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari (un nome lungo che nasconde un’attività abbastanza oscura, nel senso che non si capisce bene a cosa serva). Risultano eletti i consiglieri Corti e Brogin.
Alla fine il consigliere Brogin comunica che sarà lui il capogruppo di Buongiorno Solbiate e legge una dichiarazione di intenti in cui propone che la loro opposizione sarà costruttiva e propositiva ma che non saranno disposti ad accettare attacchi personali come è accaduto al loro candidato sindaco Antonello Colombo (che ringraziano per il lavoro svolto). Il consigliere De Simone (Una buona idea) non legge nessuna dichiarazione ma propone anche lei una opposizione costruttiva che si ripromette di raggiungere alcuni dei punti di programma della lista, anche grazie alla costituzione di una associazione culturale.

Il prossimo consiglio comunale dovrebbe essere alla fine del mese.