mercoledì 17 dicembre 2014

E Pippo Pippo non lo sa...

di Ivan Vaghi

Si tratta dell’incipit di una canzoncina che chi ha meno di 50 anni forse non conosce, ma che di questi tempi suona bene, perché Pippo Civati non sa ancora se lasciare o meno il PD. Perlomeno questo è quello che ci raccontano, ma le cose stanno veramente così? Lasciamolo dire a un civatiano e a un renziano che si incontrano e si mettono a parlare di politica.

Renziano: … e Pippo Pippo non lo sa… ma allora, si è deciso o no il tuo Civati, resta o se ne va? No, perché siamo stufi di questi vanagloriosi che si chiedono “mi si nota di più se mi adeguo o se non mi adeguo”? Una persona coerente non può rimanere dentro un partito e poi continuare a criticarlo, peggio ancora, votandogli contro in Parlamento.

Civatiano: a parte il fatto che tra tutti i problemi che abbiamo il destino di CIvati mi sembra il meno importante, ma proprio tu mi parli di coerenza? Chi era che aveva detto: “non andrò mai a palazzo Chigi senza un voto popolare?” Chi è che invoca lealtà dopo aver pugnalato alle spalle Letta? Chi è che parlava di rottamare le vecchia politica salvo poi allearsi con i rottamandi che gli hanno giurato fedeltà? Chi è che non rispetta il suo stesso programma elettorale? Chi è che ha detto che non sarebbe mai andato al governo con Berlusconi salvo poi discutere solo con lui su ogni singola faccenda?

R: eccolo qui, sempre in cattedra come tutti i falliti*, c’è l’Italia da cambiare, dobbiamo fare le riforme, e le faremo con tutti quelli che ci stanno, non accetteremo i diktat delle minoranze, interne o esterne che siano, noi tireremo dritto!

C: e credere, obbedire, combattere?

R: non fare lo spiritoso, sei ancora ancorato ai vecchi concetti di destra e sinistra, ancora lì a fare la muffa e pensare alle alleanze con la sinistra radicale e i sindacati, e non ti accorgi che il mondo sta andando da tutt’altra parte e possiamo dividerci solo tra conservatori e progressisti, due categorie che si trovano in tutti i partiti. Essere conservatori non vuol dire essere di sinistra, caro il mio civatiano, e guardare al passato per rallentare le riforme vuol dire essere conservatori.

C: ok, fammi un esempio di riforme progressiste del governo Renzi. E non mi parlare dello Sblocca Italia, che prevede colate di cemento, allentamento dei controlli contro le infiltrazioni mafiose, nonché aiuti di varia natura a palazzinari e speculatori vari. E non parlarmi nemmeno del Jobs Act, che a parte che non si capisce perché in inglese, ma poi è una finta riforma del lavoro che non farà diminuire la disoccupazione e al contrario alla lunga incentiverà il precariato e farà diminuire il potere contrattuale del lavoratori. Praticamente i migliori sogni degli imprenditori tradotti in realtà. Sarebbe questo il progresso?

R: stai farneticando, e comunque ti dice niente 40,8%?

C: e a te dicono niente i milioni di voti persi e il dimezzamento delle tessere?

R: eccolo qua il gufo, sempre a vedere il bicchiere mezzo vuoto, la vuoi capire che non abbiamo più bisogno di tesserati ma di elettori?

C: non era Renzi quello che voleva eliminare il finanziamento pubblico ai partiti? Come ci finanziamo allora, vendendo caldarroste ai lati della strada? Oppure chiedendo aiuto agli imprenditori che verranno poi ricompensati adeguatamente?

R: ti dico solo una cosa, crescita! È la nostra stella polare, e dovrebbe essere anche la tua, ce lo dicono tutti, per prima l’Europa, che da una parte ci costringe a vincoli di stabilità e dall’altra ci chiede di fare le riforme. Ma come le facciamo le riforme se non possiamo intervenire sul debito? Eh, ma di sicuro Renzi riuscirà a fargliela capire, perché lui è un vero leader, mica come il tuo Civati che ha il carisma di un cefalo.

C: scusa, ma cosa c’è di progressista nel culto della personalità? E perché in tutte le mirabolanti riforme di Renzi non si parla di lotta all’evasione, alla corruzione, alla criminalità organizzata? Dov’è finita la riforma della legge elettorale che dopo 97 settimane decisive per la sua approvazione ancora non è stata fatta? Che forse Renzi stia meditando di andare alle urne con il vecchio sistema in modo da avere una maggioranza bulgara al prossimo giro? Perché se aspetta ancora un po’ la luna di miele finisce e lui lo sa bene. Meno nemici meno onore ma meno rotture di balle.

R: stai ancora vaneggiando, Renzi ha detto che andremo al 2018, ha già fatto un programma per i mille giorni, se non te ne sei accorto.

C: non posso fidarmi di quello che dice, visti i precedenti, io vorrei solo che le sue proposte, condivisibili o meno, siano apertamente discusse con gli elettori del Partito Democratico nelle sedi opportune, perché il PD è nato con questo ideale di partecipazione. Non può venire in Direzione nazionale, sventolare un foglio che ha concordato con Berlusconi e non con i suoi compagni di partito e poi dire che chi non ci sta è un gufo e vuole solo il male dell’Italia. In pratica è una richiesta di fiducia per il governo, un ricatto bello e buono. Mi parli di diktat delle minoranze, ma la dittatura della maggioranza dove la mettiamo? Siamo tutti d’accordo che la volontà della maggioranza vada rispettata, ma non se questa implica l’annullamento della discussione e la mancanza di rispetto per chi non è d’accordo. Chi non ci sta se ne vada, ma cavolo, cosa ci renderebbe diversi dai cinque stelle?

R: se non ricordo male era Civati quello che voleva l’accordo con i grillini.

C: touché, ma era prima di capire che non avevano nessuna intenzione di mettere a frutto il loro risultato elettorale.

R: sempre la risposta pronta, ma fai finta di dimenticarti che questi disaccordi interni oltre a dare una brutta immagine rallentano il nuovo verso dell’Italia, che non è reversibile e che è anche di sinistra. Guarda gli 80 euro, per dirne una. Ma questo non è niente vero? Perché diciamocela tutta, a Civati interessa che si parli molto di lui per potersi guadagnare il credito necessario per la sua nuova formazione politica, con i Vendola, le Camusso, i Tsipras e via esoticheggiando. Parla di strategie e invece sta facendo solo tatticismi di bassa lega. Critica ma poi la sua poltroncina se la tiene stretta. Renzi sta facendo accordi con Alfano, Lupi e Verdini, non ne vado fiero ma non abbiamo alternative, Civati invece ancora non si capisce cosa vuole e quali progetti abbia però critica chi i progetti ce li ha.

C: tu non conosci i progetti di Civati perché nessuno glieli ha mai veramente chiesti, Renzi no di sicuro, ma i progetti ci sono e sono veramente alternativi alla vecchia politica. Se hai davvero voglia di conoscerli non farai nessuna fatica a trovarli. Certo non li vedrai scritti sulle prime pagine dei giornali, che hanno bisogno di sistemi semplici di comunicazione, come le parole simbolo tipo “rottamare”, “gufi”, “cambiare verso” e via discorrendo, che Renzi mette sempre in bella posa nei suoi discorsi proprio perché vengano usati per i titoli dei giornali. Per il resto ti rispondo con quello che Civati ha detto di recente: “io non me ne vado con infamia da scissionista … se si vota perché Renzi ha bisogno di andare a elezioni, e il programma elettorale è il Jobs act, lo Sblocca Italia, le riforme che non ha potuto fare questa volta, questa visione della politica e dei rapporti tra partiti, l’attenzione per la legalità a seconda di cosa succede in cronaca, ecco, se questo è il programma elettorale, io vi dò una garanzia, non mi candido con quella roba lì.”

Si ringraziano le discussioni su Facebook, qui semplificate e razionalizzate. Personalmente in questo dialogo il civatiano mi è molto più simpatico del renziano, ma forse si era capito, ma non sono un giornalista e quindi faccio il tifo. Il concetto è: nessuno vuole rallentare le riforme, che sono necessarie, ma “quella roba lì” all’Italia non serve e può fare ancora più danni.

*Citazione da “C’eravamo tanto amati” il più bel film italiano di sempre. Ogni riferimento alla prima Leopolda è ovviamente voluto.  

lunedì 24 novembre 2014

Riceviamo e pubblichiamo

Ai Presidenti delle Sezioni ANPI

Ai membri del Comitato Provinciale

Cari Compagni:
Come tutti sanno il 1 novembre dei gruppi di nostalgici fascisti e neonazisti della Provincia e della Regione hanno violato il sacrario dei caduti del San Martino, in Valcuvia
La gravità del fatto è stata rilevata da tutte le forze democratiche della zona ed una prima risposta vi  è stata domenica 16 novembre a Duno, promossa dal Comitato unitario.
Da parte nostra il Comitato Provinciale riunito sabato 8 novembre  ha deciso in modo unitario di indire una manifestazione nella città di Varese che è stata fissata per

SABATO 29 NOVEMBRE dalle ore 10 alle 12

Un corteo partirà  dalla sede del Municipio di Varese (nell’atrio di ingresso vi è una lapide dedicata ai caduti del San Martino) e si concluderà in Largo Resistenza.
La iniziativa vuole essere un appello alle forze democratiche affinché non venga meno la vigilanza nei confronti delle frange di  estremisti che organizzano manifestazioni come quella di Milano di carattere internazionale-
D‘altra parte la nostra manifestazione vuole essere un pressante invito alle Istituzioni perché si facciano attive protagoniste contro queste manifestazioni revansciste.

Tutte le nostre Sezioni dimostrino l’impegno degli iscritti in difesa della democrazia partecipando numerosi alla nostra iniziativa con le nostre bandiere e invitando anche i cittadini, soprattutto i giovani,  ad essere con noi nella difesa della Costituzione.
Pensiamo che sia nostro dovere far sentire la nostra voce insieme a quella delle forze democratiche perché non si compiano altre manifestazioni neofasciste e neonaziste.
Vi chiediamo cortesemente di scriverci, entro venerdì 28, quanti saranno i compagni e gli antifascisti della vostra località presenti alla manifestazione.

Vi aspettiamo numerosi.

                                                     
                                                                                             per la Presidenza
                                                                                                 Il Presidente
                                                                                               Angelo Chiesa

Varese, 18 novembre 2014

mercoledì 5 novembre 2014

Con disciplina e onore

Stasera mi sono seduto per la prima volta tra i banchi del Consiglio comunale di Solbiate Olona, ed ero un po’ emozionato. 
Ho citato l’articolo 54 della Costituzione, il quale richiede «disciplina e onore» ai cittadini ai quali sono affidate funzioni pubbliche. 
Nel mio piccolo, cercherò di attuarlo.
Per i dettagli riguardanti i lavori del Consiglio di ieri sera, vi rimando a questo link
Vi ricordo, inoltre, che per qualsiasi cosa è a disposizione l'indirizzo mail pdsolbiateolona@gmail.com.
Stefano Catone

venerdì 10 ottobre 2014

Quando il cattivo è dentro di noi

di Ivan Vaghi

Non sono capace di fare mirabolanti analisi politiche, me la cavo meglio quando lascio esprimere l’emotività. Arma a doppio taglio, ti rende sincero ma anche (ah, Veltroni..) vulnerabile, però ci sono situazioni in cui proteggersi non è la priorità. Comincio con il fare autocritica: anche io ho votato Renzi. Una volta. L’ho fatto al ballottaggio per la segreteria del PD, perché pensavo che Bersani era il rappresentante di un sistema politico che dovevamo lasciarci alle spalle. Credo che sia stata l’unica volta in cui Renzi ha perso, perlomeno posso dire di non aver contribuito a metterlo dove si trova adesso. Magra consolazione, che comunque si basa su una logica discutibile.
Se qualcuno pensa di avere a che fare con un esponente frustrato di una minoranza insignificante si sbaglia, importa sega dell’incidenza relativa delle correnti all’interno del partito. Qui stiamo parlando di qualcosa di emotivamente distruttivo: la consapevolezza di aver sbagliato tutto, o di non aver capito niente, o di non essere riusciti a impedire il peggio, una di queste cose qui e forse tutte insieme. Quando il sindaco di Firenze andò in pellegrinaggio ad Arcore non avevamo capito che si trattava della definizione di una strategia, di un vero e proprio passaggio di consegne. Renzi si riproponeva di fare quello a Berlusconi non era riuscito completamente, confidando però nello stesso elettorato e utilizzando più o meno gli stessi metodi, soprattutto comunicativi. Avrei dovuto capirlo quando al banchetto delle primarie vedevo sfilare gente che con il PD non aveva mai avuto a che fare, che professava anzi simpatie di centrodestra o peggio. Pensavo: “che bello, stiamo portando via voti a Berlusconi”. Stupido ingenuo del cavolo. Mi dicono che non possiamo fossilizzarci sulla vecchia distinzione tra destra e sinistra, ma me lo dicono con lo stesso ghigno di chi cercava di convincermi che la mafia non esiste. Comodo farlo credere, in questo modo un premier nonché segretario del PD ha mano libera nel mettere in un angolo i sindacati e infierire sui più deboli.
Sono nato in un partito che aveva scelto il confronto come strategia politica e invece mi ritrovo in un partito che criminalizza il dissenso interno raffigurandolo come il nemico del popolo (più o meno quello che si diceva in Cina e in Unione Sovietica a chi non ubbidiva ciecamente); sono nato in un partito che nutriva l’esigenza di rivolgersi ai propri elettori per ogni questione importante e invece mi ritrovo in un partito ferocemente centralizzato in cui le decisioni sono prese da pochi, ben addestrati supercollaboratori; sono nato in un partito che sognava sistemi alternativi di sviluppo, attenzione alle problematiche ambientali, evoluzioni sociali e culturali, che privilegiasse il merito, le idee, la formazione. Mi ritrovo in un partito in cui vecchi politicanti e giovani vecchi si sono venduti l’anima per rincorrere comode poltrone. Dimenticando tutti i motivi per cui avevano deciso di far parte di questo partito. Insultando tutti quelli che continuano a crederci. Mi dicono che non c’è più differenza tra sinistra, destra e centro, forse è vero.
Non so se il PD sopravviverà a Renzi, sono però abbastanza certo che quello che ne risulterà sarà una cosa completamente diversa, probabilmente una DC restaurata, ma quella peggiore, che guardava a destra. Un ritorno agli anni ‘50 e ‘60 e non si capisce come si faccia a tacciare di conservatorismo quelli che la pensano diversamente. Ma la domanda che mi pongo è se quelli che la pensano come me sopravviveranno al PD. Di soluzioni non ce ne sono, nel senso che andarsene vorrebbe dire fare la stessa fine dei vari Rutelli e Fini, annotazioni a calce di un libro che non leggerà mai nessuno, ma per stare dentro ci vuole un fegato grosso così. Per sopportare le minchiate dei nostri alleati di governo ci vuole un fegato grosso così. Per osservare impotenti la deriva di quello che pensavamo possibile ci vuole un fegato grosso e un’anima anestetizzata.
È davvero questa la modernità? La direzione verso cui dovrà andare il nostro paese è quella che ci vuole insegnare Renzi? Se è così allora il cattivo sono io, il cattivo è dentro di me e non dentro il PD. Allora vuol dire che il gattopardo ha vinto ancora una volta, non solo, vuol dire che il gattopardo è l’unica soluzione e bisogna sostenerlo.
Non mi avrete. Se la storia è questa è meglio stare fuori dalla storia, se il cattivo sono io forse dovrei togliere il disturbo, ma mi trattiene la rabbia di doverla dare vinta a quelli che stanno usando il PD per raggiungere le loro personalissime ambizioni, che non c’entrano niente con il bene del partito e tanto meno del paese. Forse deve solo passare la notte, come diceva un geniale drammaturgo napoletano, forse è necessario che passi ancora una volta un tempo sprecato inutilmente e aspettare di raccogliere i cocci per ricominciare da campo. Mi trattiene il pensiero che la politica la fai anche quando non vuoi, con le tue scelte, le tue prese di posizione, quando scrivi una cosa come questa, quando decidi che ci sono cose che ti stanno bene ma anche (ah…) cose che non sei disposto ad accettare. Quando ti alzi la mattina e sai che non hai niente da rimproverarti e che sei fedele a quello in cui credi profondamente allora stai facendo politica. E allora pensi che forse puoi rompere meglio le balle da dentro che da fuori.

Non so cosa ne sarà del PD, spero che in qualche modo ce la possa fare, spero che il cattivo, dovunque sia e chiunque sia, non l’abbia vinta.

martedì 23 settembre 2014

Live report - Previsioni e annunci

Reduci da un consiglio senza minoranze, a causa delle modalità illegittime di convocazione, il consiglio comunale del 22 settembre si è aperto con le giustificazioni del sindaco il quale ha sostenuto che l'errore nella convocazione sia stato un banale errore di battitura. Ci si è dimenticati di aggiungere "Stra" a "Ordinario". "Ma d'altra parte, se qualcuno mi chiama Pasquale Melis, lo si sa che sono sempre io, anche se non mi chiamo Pasquale" - più o meno il paragone è stato questo. C'è comunque da precisare che alcuni punti all'ordine del giorno non potevano essere discussi in seduta straordinaria, a differenza di quanto sostenuto dal sindaco. Insomma, il pasticcio c'è stato, ed è evidente a tutti.

Detto questo, il punto di discussione principale ha riguardato il bilancio di previsione, per l'anno 2014 e triennale. L'assessore Martina ha introdotto la discussione illustrando i principi contabili di bilancio e spiegando che la maggiore imposizione fiscale ottenuta tramite l'innalzamento dell'addizionale IRPEF e l'applicazione della TASI è stata necessaria per salvaguardare l'equilibrio di bilancio. Altre sottolineature hanno riguardato la riduzione di investimenti nel bilancio pluriennale sempre per rispettare i criteri contabili e la pressocché certa (nelle parole dell'amministrazione) nuova entrata che sarà generata dalla farmacia comunale che aprirà presso l'Iper tra fine 2014 e inizio 2015.

Dividerò schematicamente in due le principali osservazioni e quel che si è capito sulla base delle domande fatte dai due gruppi di minoranza:

Una buona idea
Abbiamo capito che i soldi che tramite il progetto del Governo #scuolenuove sono stati sbloccati dal patto di stabilità, per gli anni 2014 e 2015, saranno investiti per migliorare l'efficienza energetica della palestra delle scuole medie, attraverso un intervento sui serramenti. Specifichiamo che si tratta di soldi del comune di Solbiate, che questo ha già in cassa ma non può spendere per colpa del patto di stabilità. Il governo ha concesso lo sblocco di queste risorse per un ammontare di 154mila euro per il 2014 e 153mila euro per il 2015. Nel bilancio sono state così ripartite: 90mila euro per il 2014 sotto la voce "Incarichi professionali esterni" e 217mila euro per il 2015 sotto la voce "Acquisizione di beni immobili". C'è un po' di confusione, diciamo, anche se l'assessore Caprioli ha assicurato che i lavori partiranno, molto probabilmente nel 2015.
Un'altra "Acquisizione di beni immobili" riguarda la piscina, per un totale di 150mila euro. In realtà si tratta di una richiesta avanzata dall'attuale gestore, e soddisfatta, per alcuni interventi sulla struttura. In entrambi i casi si dice "acquisizione di beni immobili", ma si tratta di interventi su di essi.
In tema di piscina, e di campi da tennis, a che punto siamo con la fideiussione? Non si sa, a bilancio non è stata messa, "siamo in attesa della giustizia: continuano a rimandare, ma siamo fiduciosi", ha dichiarato il sindaco". 

Buongiorno Solbiate
Il gettito previsto dall'applicazione della TASI è stato calcolato applicando l'aliquota a tutti i redditi, senza depurarlo dagli importi inferiori ai 12 euro, che corrisponde alla soglia al di sotto della quale non si paga il tributo. 
Non esiste un'analisi di mercato a sostegno dell'investimento nella nuova farmacia comunale. Se posso permettermi, si tratta di un fatto piuttosto grave, dato che qualsiasi tipo di investimento dovrebbe essere supportato da un'attenta analisi che non si fermi al "la farmacia di roccafritta genera utili perciò anche la nostra", oppure al "siccome all'Iper c'è tanta gente, tanti compreranno farmaci". L'investimento è rischioso, e ci auguriamo che vada a buon fine. 

Da qui ho smesso di prendere appunti, perché la discussione si è avvitata su quanto successo tra fine giugno e settembre tra maggioranza e minoranze, rispetto all'applicazione dei nuovi tributi locali. In realtà tra fine giungo e inizio settembre non è successo nulla, dato che le minoranze (anche extraconsigliari) sono state convocate a fine giugno per discutere del bilancio, senza sottoporre loro uno straccio di dato, al quale l'amministrazione, al contrario, ha sicuramente accesso. Si è perciò discusso su proposte di principio e non numeriche, in quell'occasione, lasciandosi con l'impegno da parte dell'amministrazione di fornire qualche numero e qualche ipotesi, e da parte delle minoranze a condividere nuovamente un percorso (ma su basi numeriche). In realtà non è successo più nulla, se non che il sindaco, poche settimane dopo, ha annunciato a mezzo stampa le nuove tariffe (più basse di quelle che poi ha dovuto applicare), dicendo che le minoranze potevano guardare il bilancio 2013 per avanzare le loro proposte.
La fallacia dell'argomento sta proprio nella discrepanza tra gli annunci del sindaco e le tariffe realmente applicate: nemmeno l'amministrazione è stata in grado di fare previsioni accurate, pur disponendo non solo del bilancio 2013, ma di un sacco di altri dati. 

Ma la politica è anche questo, d'altra parte. 

giovedì 11 settembre 2014

Live Report - Oppositor non porta pena

La domanda sorge spontanea (copyright Pazzaglia, chi era ragazzo negli anni '80 apprezzerà la citazione): ha senso fare opposizione a Solbiate Olona? Il ruolo dell'opposizione non è rompere le scatole alla maggioranza ma aggiungere spazi operativi all'azione amministrativa, facendo presente le lacune, proponendo eventuali variazioni alle decisioni da prendere, portando all'attenzione situazioni dimenticate o trascurate. Nonché esercitare un contropotere legislativo all'azione di chi amministra. Tutte queste belle cose hanno però un limite che a Solbiate sembra insormontabile: è necessario cioè che la maggioranza accetti il ruolo dell'opposizione e gli dia il giusto peso.
Nel consiglio comunale del 9 settembre l'opposizione non era nemmeno presente. Il motivo è molto semplice: la convocazione e quindi la modalità di svolgimento del consiglio erano illegittime, quindi illegali. Pensiero comune dei nostri amministratori: who cares? (dall'americano: chi se ne fotte?) A Solbiate ormai è chiaro che esiste una ristrettissima oligarchia di persone che prende tutte le decisioni e agisce motu proprio (come il papa), cioè senza chiedere il parere di niente e di nessuno, disinteressandosi delle regole di convivenza e a quanto pare anche di quelle normative. Il vantaggio di vivere alla periferia dell'impero, come succede a Solbiate, è che nessuno chiederà mai conto ai potentati locali di quello che fanno e di come si comportano. Il risultato, chissà com'è, è che c'è sempre qualcuno che se ne approfitta. Per cui, who cares? il reggente del granducato di Solbiate Olona potrà sempre comportarsi come meglio crede tanto nessuno sentirà mai la necessità di farlo smettere, né di fatto avrà il potere di farlo, tanto meno quattro consiglieri di opposizione per quanto eletti per volontà popolare.
Quindi torno alla domanda iniziale, quella spontanea: che senso ha fare opposizione? Perlomeno che senso ha farla in questo luogo sperduto tra autostrade e centri commerciali? Per inciso, chi ha letto un minimo di psicologia sociale vi ha sicuramente identificato due elementi chiave di alienazione, ma questo è un altro discorso. Probabilmente non ha nessun senso, e la mancata presenza in aula della minoranza ne ha dato una dimostrazione simbolica più che evidente. Perché non ha senso fare opposizione se chi governa non riconosce il tuo ruolo, se ti vede esclusivamente come un nemico e se pensa a te solo per trovare il modo di ridicolizzarti, calunniarti o farti tacere in qualche modo attraverso poster e articoli farlocchi sui giornali.
Incidentalmente nel consiglio comunale sono state anche prese delle decisioni. Sbagliate, ovviamente. Il prode Stefano spiega perché (qui trovate anche tutti i numeri). Su una cosa però non sono d'accordo con lui, cioè che la giustizia fiscale è difficile da ottenere. A parere mio non lo è, anzi, è una cosa molto semplice, basta volerlo fare. Si parte da una prima idea di base, che è quella di proteggere il più possibile chi è in difficoltà o chi è a rischio di diventarlo. Si aggiunge la seconda idea di base, che è quella di recuperare quello che non si incassa da chi ha di meno facendoselo dare da chi ha di più. Il resto sono numeri da mettere in sequenza.
La politica fiscale del granduca di Solbiate invece è esattamente opposta, cioè creare un'ampia zona di contribuzione fiscale che agevola chi ha redditi più alti e penalizza chi li ha più bassi. Sarà perché le linee rette, equazione semplice, sono più facili da scrivere di quelle curve, che necessitano l'uso di incognite elevate al quadrato. C'è chi non è avvezzo all'analisi matematica e questo si può capire, però da un assessore al bilancio non ce lo aspettiamo visto che ha la responsabilità di gestire i soldi delle persone e di conseguenza della comunità. Si vede che aveva altro da fare oppure, più probabilmente, ha eseguito degli ordini. In fondo, who cares? non è mica un problema suo. Mi viene da pensare che di tutto avevamo bisogno tranne che di regalare mensilmente una indennità piena a una persona che deve solo eseguire ordini.

Pertanto buona fortuna agli oppositori, compito ingrato, inutile e bersagliato da fesserie e comunicati stampa. Avete la mia comprensione, per quello che vale.

sabato 30 agosto 2014

La nostra buona e cattiva coscienza

di Ivan Vaghi

Anni fa, ormai molti, ascoltavo spesso la canzone di un gruppo sconosciuto ai più intitolata “Where were you hiding when the storm broke?” (Dove ti stavi nascondendo quando è scoppiata la tempesta?). Parla di quelli che amano stare al chiuso dei loro recinti e lasciano che i problemi vengano risolti dagli altri, anche nei momenti più difficili. Ogni tanto mi ritorna in mente, magari quando sento di due ragazze che vengono rapite mentre stanno cercando di risolvere qualche problema. Prototipo di quelli che non si nascondono, ma che anzi si buttano in mezzo alla tempesta se è necessario farlo.
Dieci anni fa Simona Torretta, un’amica di una coppia di miei amici, era stata rapita insieme a Simona Pari in Iraq. Erano due cooperanti di “Un ponte per..”. Sarà perché quelli che parlano di ponti mi hanno sempre suscitato più ammirazione di quelli che parlano di muri (e di recinti), sarà perché c’era una maggiore vicinanza, ma la vicenda mi aveva particolarmente coinvolto. Al punto da trovare rivoltanti le “critiche”, chiamiamole così, di quelli che al sicuro dei loro recinti puntavano il dito contro quelle due ragazze così sciocche, secondo loro, da andare in luoghi tanto pericolosi per aiutare la gente.
Quando ho saputo di Greta e Vanessa sapevo che questi fenomeni da baraccone si sarebbero ancora fatti sentire, cosa puntualmente avvenuta. “C’è tanta da gente da aiutare anche qui” è l’accusa più benevola. “Sono incoscienti, provocano più problemi di quelli che risolvono” è invece quella più cinica. Tralascio le battutine volgari e quelle più stupide, figlie di personaggi psicologicamente turbati e provati da una vita piena di frustrazione e fallimenti. Il problema non sono loro, sono tutti quelli che si sentono più furbi degli altri perché nei loro recinti queste cose non succedono, e si sentono in dovere di farlo sapere a tutti. Si credono furbi. Credono di aver capito tutto della vita e di poterla insegnare agli altri. Credono che un muro sia infinitamente più efficiente di un ponte. Non riescono nemmeno a notare che i ponti sono sempre rimasti mentre i muri sono sempre stati abbattuti.
La colpa è di quella cattiva coscienza collettiva che  impedisce a molti di vedere le cose dalla giusta prospettiva. Viene costruito uno schermo di autoprotezione davanti ai nostri occhi perché l’autostima è una componente fondamentale della nostra vita quotidiana e non possiamo sopportare l’idea che esista qualcuno che ci può far capire quanto siamo inadeguati e quanto siamo legati a quelle piccole banalità che abbiamo eletto a comodi luoghi di rifugio. C’è qualcuno che non può sopportare che ci siano persone migliori di quanto loro potranno mai essere e di rivelare quanto siano banali e ordinarie le loro vite. Qualcuno, per proteggersi, pensa inconsciamente che la soluzione è versare loro addosso tutto il fango possibile. Sminuirle per sentirsi alla pari, o superiori.
Viviamo in un mondo così, in cui due ragazze di vent’anni sentono l’urgenza di svolgere un compito che dovrebbe essere responsabilità delle istituzioni internazionali. Sono la buona coscienza di un mondo cinico che si nasconde nella tempesta, che manda i più coraggiosi a riparare i danni provocati da millenni di muri e di incomprensioni.
Calvino diceva: “Se alzi un muro pensa a cosa lasci fuori”. Vanessa e Greta sono là fuori, al di là del muro della nostra cattiva coscienza. Sono preziose, vanno salvaguardate. Non solo le loro persone fisiche, ma il significato che portano con sé, loro malgrado. Chi parte con uno zaino pieno di medicine non lo fa per diventare un simbolo o per avere riscontro mediatico, come quei politici che vanno in zona di guerra (dicono loro, in realtà molto lontano dalle zone veramente pericolose) portandosi al seguito decine di giornalisti su un volo di stato e assicurandosi il passaggio in prima serata televisiva. Chi parte come hanno fatto Vanessa e Greta lo fa perché è consapevole che salvare anche una sola vita può giustificare un’intera esistenza.
Dal Talmud, libro sacro dell’Ebraismo: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.
Quella canzone diceva “torna nel tuo rifugio se proprio non ce la fai a liberartene”. Per cui tornate nei vostri rifugi se proprio non volete rinunciare alla vostra cattiva coscienza, così calda e confortevole, però almeno state zitti. Lasciate che il lavoro difficile venga svolto dai veri uomini e dalle vere donne, come Greta e Vanessa. Chi va in mezzo alla tempesta è consapevole dei rischi che corre ed è consapevole che i danni sono peggiori e più difficili da riparare. Chi va in mezzo alla tempesta forse, in cuor suo, sa che c’è una possibilità di non tornare o di affrontare brutte esperienze, però ci va lo stesso. È questo che fa la differenza.

Where were you hiding when the storm broke, when the rain began to fall

The Alarm   

venerdì 1 agosto 2014

Mi sono svegliato a Gaza

di Ivan Vaghi

Questa mattina mi sono svegliato a Gaza. Fino a qualche tempo fa svegliarsi era un sollievo, essere ancora vivi da queste parti è una notizia. Adesso è solo un giorno in più, forse di sofferenza, chissà se ne vale la pena. La prima cosa che fai alla mattina è l'elenco mentale dei posti in cui ti sposterai con la convinzione che potrebbe essere colpito e che non ce n’è uno che puoi considerare sicuro. Gli israeliani dicono che quelli di Hamas usano i civili come scudi umani. Io questo non lo so, la cosa certa è che loro non si fanno nessuno scrupolo a sparare contro quegli scudi umani, un modo impersonale per non usare la parola bambini, donne, anziani, uomini innocenti. Uccido te adesso perché tu forse, un giorno, ucciderai me. Questa è la loro logica.

Hanno bombardato anche le scuole dell’ONU. Io non sono un uomo colto, ma lo so che diverse risoluzioni dell’ONU contro Israele non sono mai state rispettate. Sparare contro l’ONU mi sembra un gesto fin troppo significativo di sfida. Forti dell’appoggio americano e occidentale hanno sempre pensato che potessero fare finta di niente, che le decisioni di politica internazionale andavano bene solo se erano a favore di Israele e non contro. Non mi sembra onesto ma non ho nemmeno voglia di giudicare. Essere nati a Gaza probabilmente è stata solo sfortuna.

Siamo nati e cresciuti con la possibilità di scegliere in che modo morire, combattendo o sotto le bombe, da innocenti. È quello che ci siamo sentiti dire troppo spesso e non ho intenzione di giudicare nemmeno quelli che hanno scelto la prima ipotesi. Si sceglie di combattere per rabbia o per paura, per disperazione o per vendetta, o perché ci sembra che non sia rimasto niente per cui valga la pena vivere. Dio? Per quello che mi riguarda è solo un’altra cosa da bestemmiare, un’altra cosa contro cui prendersela, per spostare la sofferenza e la frustrazione. Per altri è una speranza e una consolazione, in entrambi i casi è un modo per sopravvivere.

I bambini di Gaza continuano ad andare a scuola, quelli che possono, continuano a giocare per strada, continuano a sfidare la morte. Fanno bene. Ti uccidono veramente solo quando ti costringono a non essere quello che sei e a non fare quello che desideri, quando ti obbligano a rintanarti nelle fogne come un topo, quando ti costringono ad avere paura per il solo fatto di vivere. Morire sotto le bombe può essere un’alternativa auspicabile.


Forse stasera tornerò a casa ancora vivo, forse domani mattina mi sveglierò ancora a Gaza. O forse a Damasco. Il mondo è pieno di posti in cui si può scomparire nell’indifferenza del mondo. C’è l’imbarazzo della scelta.

lunedì 7 luglio 2014

In ricordo di Laura


A un anno dalla tragica scomparsa del sindaco di Cardano al Campo, e in occasione dell'inaugurazione della nuova sala convegni a lei dedicata presso Villa Maino voluta dall'Amministrazione comunale, il circolo PD e l'ANPI hanno ricordato con commozione e affetto Laura Prati. 
Un ringraziamento particolare va a tutti i presenti e in particolare al presidente provinciale dell'ANPI, Angelo Chiesa, al componente del Direttivo provinciale, Bestetti, alla senatrice e alla deputata del Partito Democratico, Erica D'Adda e Maria Chiara Gadda, nonché al segretario provinciale Samuele Astuti, al sindaco di Cardano al Campo, Angelo Bellora, al marito e al figlio di Laura, Giuseppe e Massimo Poliseno.






giovedì 3 luglio 2014

Appuntamenti nel fine settimana

Sabato 5 luglio alle 10.15 partirà dal Comune (come annunciato dal Sindaco durante il Consiglio comunale) la processione che terminerà a Villa Maino, dove sarà dedicata una sala pubblica a Laura Prati, a un anno di distanza dall'attentato che ne ha causato la scomparsa. Laura era sindaco di Cardano al Campo e presidente provinciale del Partito Democratico. Il mio ricordo di Laura è legato soprattutto a quest'ultimo ruolo, dato che sono stato componente della Direzione provinciale del Partito Democratico, che Laura presiedeva. Di lei ho sempre apprezzato la propensione all'ascolto, la capacità di unire, insieme alla fermezza nel difendere le proprie idee. Qui potete trovare un suo bel ritratto.

Cambiando del tutto argomento, domenica 6 luglio, alle 17.30, presso la Festa del Borgorino di Cassano Magnago, avrò invece il piacere di intervistare i ragazzi de "Il Terzo Segreto di Satira", autori di numerosi video di satira politica. Qui li trovate tutti.

Stefano

martedì 1 luglio 2014

Live Report – Consiglio comunale del 30 giugno

La nuova stagione dei consigli comunali non era cominciata nel migliore dei modi, con una serie di errori ripetuti durante l’elezione della commissione elettorale. Se possibile sta continuando peggio, visto che è successo ciò che di solito non succede, cioè un verbale di seduta compilato in modo pacchianamente errato. Un errore su tutti, la documentazione firmata dal consigliere anziano sbagliato. Sono piccole cose? Può darsi, ma sono cose che non ti aspetti da una amministrazione già in carica da cinque anni e da un segretario comunale voluto fortemente dal sindaco, che per averlo è stato disposto a pagarlo più di quello che pagava quello precedente. Diciamo che i verbali dei consigli comunali non sono il suo forte.
Poi siamo entrati nel vivo, con la definizione delle deleghe agli assessori. E cioè:     
  • Pietro Angelo Macchi, vicesindaco e deleghe allo Sport e al Tempo libero;
  • Andrea Aspesani, con deleghe a Pubblica Istruzione, Cultura e Comunicazioni e Servizi sociali; 
  • Martina Maria Luisa, con deleghe a Bilancio, Programmazione economica e Tributi;
  • Caprioli Samantha, con deleghe a Viabilità e Sicurezza, Protezione Civile, Ecologia e Attività produttive, Edilizia privata e Lavori pubblici.

Quella all’urbanistica, forse la più importante, è stata trattenuta dal sindaco, che accumula questo impegno a quello di primo cittadino e a quello di coordinatore della Protezione Civile. Di sicuro ha una voglia matta di nominarsi anche presidente della Pro Loco, con cui è entrato in un conflitto ormai insanabile, ma per il momento lo statuto non lo consente. È solo questione di tempo.
Un errore ancora più grave è stato commesso proprio in occasione dell’assegnaziona delle deleghe agli assessori. Nell’atto amministrativo che stava andando in votazione si sosteneva che le dimissioni da consigliere comunale degli assessori Macchi e Caprioli, erano doverose in quanto le cariche sono incompatibili. In realtà non è così, come ha fatto notare il consigliere di minoranza De Simone, perché l’incompatibilità si riferisce ai comuni con più di 15.000 abitanti, non a Solbiate. Vale per il segretario comunale lo stesso discorso fatto in precedenza. Per chiudere il discorso sugli assessori è stato chiesto anche come mai si è ricorsi a due assessori esterni, per quanto uno in carica durante lo scorso mandato. La risposta del sindaco è stata come al solito un po’ polemica, sembra non poterne proprio fare a meno, e ha fatto riferimento a qualche strana strategia politica. La realtà è che il decreto Delrio obbliga i comuni come Solbiate ad avere almeno due donne in giunta, e un’altra, oltre a Samantha Caprioli, il sindaco non ce l’aveva proprio. La nomina è andata quindi all’ormai ex revisore dei conti, che è stata sostituita nel corso del consiglio comunale. 
Poi si è passati a discutere delle linee programmatiche che l’amministrazioen si impegnerà ad attuare e si è avuta un’ulteriore scenetta gustosa quando il consigliere De Simone ha chiesto cosa si intendeva per “agevolare il recupero ad uso pubblico delle aree standard da parte di progetti anche privati con priorità a concorsi di architettura”. Il sindaco ha dato la parola all’assessore Caprioli (ma non è lui l’assessore all’urbanistica?) la quale sembrava proprio non avesse idea di cosa si stesse parlando. In effetti poi la risposta l’ha data lo stesso sindaco senza riuscire però a convincere granché sulla natura delle aree standard e sui progetti di riqualificazione. Sempre in tema di riqualificazione è stata data la notizia della ristrutturazione dell’ex oratorio femminile (non si sa bene per fare cosa e quanto costerà) e sono stati di fatto annunciati investimenti nell’edilizia scolastica grazie a 360 mila euro promessi (il sindaco ha utilizzato l’espressione “progetto in cantiere”) dal presidente del consiglio e ai 400 mila di un bando Cariplo. Dunque, partiamo dalla considerazione che se si parla di cifre così esatte vuol dire che questi soldi sono sicuri. Ovviamente non lo sono. La richiesta fatta da Renzi ai sindaci (a tutti i sindaci d’Italia, non solo a quello di Solbiate, come in realtà ha voluto farci credere), era semplicemente quella di indicare un lavoro di edilizia scolastica considerato come urgente. Sulla base di questa indicazione sarebbero state agevolate le procedure di intervento, con priorità concessa a progetti già perfezionati e già presentati a suo tempo per accedere ai 150 milioni previsti dal famoso Decreto del Fare del 2013. Se Solbiate non si trova in questa situazione non si capisce da dove salti fuori la cifra di 360 mila euro e quindi in che cosa consiste, per Solbiate, la promessa di Renzi. Nella famosa lettera ai sindaci (plurale) si legge infatti: Non vi chiediamo progetti esecutivi o dettagliati: ci occorre – per il momento – l'indicazione della scuola, il valore dell'intervento, le modalità di finanziamento che avete previsto, la tempistica di realizzazione. Avete letto bene, si parla di modalità di finanziamento che avete previsto e tempistica di realizzazione. Siamo certi che il comune di Solbiate ha progettato sia l’una che l’altra cosa, ma poterlo leggere nero su bianco ci farebbe più piacere. Questi dati sono necessari perché così sarà possibile, prosegue Renzi, individuare le strade per semplificare le procedure di gara, che come sapete sono spesso causa di lunghe attese burocratiche, e per liberare fondi dal computo del patto di stabilità interna. Non so come la interpretate voi, ma a me sembra una promessa alquanto vaga, lodevole ma vaga, di certo non si parla di soldi sicuri.
Altro mistero sono i 400 mila euro del bando Cariplo. Di quale bando stiamo parlando? Perché ce ne sono molti ma nessuno è dedicato all’edilizia scolastica. L’unico rivolto alla scuola è il Bando Scuola 21 che si rivolge però a progetti scolastici di scuola secondaria, che non riguardano quindi Solbiate. Poi ci sono bandi per le energie rinnovabili, per i servizi alla persona o per la ricerca scientifica. Davvero ci sfugge quale sia il riferimento, inoltre anche questa volta si parla di una cifra specifica, che tra l’altro si riferisce a una quota troppo consistente del budget a disposizione del bando stesso (non c’è un solo vincitore, ma una serie di vincitori tra cui viene diviso il budget totale). Rimaniamo in attesa di qualche notizia in più, sarebbe una buona cosa.
È stata anche prospettata una stretta “comportamentale” sulla richiesta di contributi al comune da parte delle associazioni, che dovranno presentare i bilanci per potervi accedere. Strano che finora non sia stato così, in ogni caso attendiamo la compilazione di un regolamento ufficiale in modo che non ci siano più dubbi.
Alla fine si torna di nuovo al segretario comunale, che nonostante le sviste è stato confermato nell’incarico. Nell’ambito della filosofia del sindaco (“faccio tutto io”) è stato comunicato che il segretario comunale prenderà in carico tutte le responsabilità di servizio, che verranno quindi tolte ai funzionari comunali con un risparmio, pare, di circa 60 mila euro. Era nell’aria, i rapporti con alcuni di questi funzionari non sono buoni e quando il sindaco parlava di “familismi” nell’ambito delle distribuzione degli incarichi si riferiva anche a questo. Certo poi non si spiega granché la scelta per il comune di uno studio legale di cui è socio un parente stretto del suo consigliere di fiducia, ma questa è un’altra storia. Vedremo se è vero che le indennità di responsabilità distribuite durante l’amministrazione Bianchi erano effettivamente troppe e ingiustificate. La sensazione è che il segretario comunale non potrà avere piena consapevolezza di tutto il lavoro che si svolge in un comune e che quindi le responsabilità saranno ancora di chi le aveva prima (o il comune si blocca), però con meno stipendio. Siamo curiosi di vedere come andrà a finire.

Alla prossima.

martedì 24 giugno 2014

lunedì 16 giugno 2014

Dall'Assemblea nazionale del Partito Democratico

La necessaria premessa al presente resoconto è: il sottoscritto è eletto in Assemblea nazionale del Partito Democratico nelle liste collegate alla candidatura di Giuseppe Civati, detto Pippo. La premessa è assolutamente necessaria perché le persone che fanno riferimento a tale candidatura sono rimaste praticamente le uniche a non partecipare alla gestione della maggioranza del Partito guidata da Matteo Renzi.

Detto questo, l'Assemblea nazionale che si è svolta sabato 14 giugno a Roma è stata molto partecipata: i delegati, provenienti da tutta Italia, non hanno voluto mancare a quello che è stato nei fatti il primo momento celebrativo dello straordinario risultato conseguito dal Partito Democratico alle elezioni europee. Risultato che è stato rimarcato anche nella scenografia, che sullo sfondo riportava a caratteri cubitali «40,8%».

Nella relazione introduttiva, durata quasi un'ora e mezza, il segretario e presidente del Consiglio Matteo Renzi ha toccato numerosi punti, dal nostro ruolo in Europa, al pacchetto di riforme appena licenziato dal Consiglio dei ministri, all'elezione del nuovo Presidente del Partito e dei due vicesegretari, alla cosiddetta «questione Mineo».

Spenderò due parole sulle ultime due questioni, perché sul resto mi sono trovato in accordo.

Partiamo dall'elezione del nuovo Presidente del Partito: l'elezione di Matteo Orfini è avvenuta a larga maggioranza, con la sola astensione di quelli lì di cui sopra, in totale disaccordo sul metodo adottato. Il Presidente di un partito è tenuto a svolgere un ruolo di garanzia, perciò è bene che sia condiviso da tutte le parti o che, perlomeno, il percorso che porta alla sua individuazione sia condiviso da tutte le parti. Così non è stato: l'unica minoranza del partito è stata coinvolta a mezzo di invio di SMS a Giuseppe Civati nella notte precedente l'Assemblea, tanto che molti delegati hanno saputo la notizia dai quotidiani di sabato. Il nome di Orfini, inoltre, è stato proposto da Matteo Renzi e immediatamente messo ai voti al termine della relazione introduttiva, senza prevedere e permettere alcun confronto. Un processo di questo tipo ha pochi elementi di democrazia, che al contrario sono fondamentali in un grande partito, votato dal 40% degli elettori e che deve porsi il problema di garantire la rappresentanza di un corpo elettorale eterogeneo e fluido.

Per quanto riguarda il caso Mineo, la mia opinione è che la riforma del Senato proposta da Renzi non sia una buona riforma e che, abbinata all'Italicum, porterà ad un allargamento del solco che esiste tra eletti ed elettori, una distanza che invece sarebbe il caso di colmare, in un momento storico in cui l'astensione aumenta costantemente e la delusione rispetto alla politica è sempre maggiore.

Detto questo, una riforma può essere buona o meno, con una riforma si può essere d'accordo o meno, ma quando non si tratta di una riforma qualsiasi ma di una riforma costituzionale bisogna fare il doppio di attenzione e creare quello che Walter Tocci nel suo intervento ha definito uno "spirito costituzionale": le riforme costituzionali non si portano avanti con maggioranze striminzite e neppure imponendo ricatti della forma "se non si fa la riforma allora cade il Governo". Le riforme costituzionali devono essere fatte lasciando larghi spazi di manovra al Parlamento, l'organo istituzionale che rappresenta il popolo e che in nome del popolo può modificare il patto costituzionale che tutto tiene assieme. Per questi motivi la scelta di rimuovere Mineo dalla Commissione nella quale è in discussione la riforma appare una mossa tattica che però rischia di portare a risultati strategici scarsi: se in Aula non ci sarà una maggioranza larga (e al Senato si corre il rischio che non ci sia neppure una maggioranza semplice) la riforma del bicameralismo perfetto si impantanerà lì, per chissà quanti anni. L'allargamento in Commissione verso altri modelli che prevedono l'elezione dei Senatori (ma contemporaneamente un loro taglio, un taglio dei deputati e la ridefinizione delle competenze) avrebbe invece potuto portare a un voto in Aula più sereno.

Purtroppo Matteo Renzi non ha trattato questi argomenti, ma si è concentrato sulla vergognosa frase pronunciata da Mineo la sera precedente e sulla presunta volontà di Mineo stesso (e degli altri 13 senatori autosospesi) di voler bloccare il treno delle riforme. Tecnicamente si tratta del cosiddetto argomento dell'uomo di paglia, uno strumento retorico che consiste nel modificare l'argomento del proprio avversario. Ad esempio, come dice Luca Sofri:
Esempio: io dico che bisogna abolire la caccia e tu mi rispondi che sono un pazzo perché se i bambini non mangiano mai carne non crescono sani. Io non ho mai sostenuto che i bambini non debbano mangiare la carne, ma tu mi hai attribuito questa opinione e io ora dovrò affannarmi a dire che non è vero, ripartendo da un passo indietro.
Dire che i senatori autosospesi vogliono fermare la riforma del bicameralismo perfetto è un argomento dell'uomo di paglia: i senatori sospesi hanno una proposta di riforma ben articolata e che ha raccolto approvazione al di fuori della maggioranza governativa e che quindi avrebbe maggiori speranze di passare anche in Aula.

Tutte queste cose le ha dette molto meglio di me il senatore Walter Tocci, che vi invito ad ascoltare:

venerdì 6 giugno 2014

Live Report – seconda stagione

Si è appena concluso il primo consiglio comunale del Melis II, un po’ in ritardo perché il consigliere Gadda era imbottigliato nel traffico…. in realtà stava giocando una partita di calcetto al torneo dell’oratorio, ma si sa, nella vita ci sono delle priorità e bisogna fare delle scelte.
Il primo punto all’ordine del giorno riguardava le condizioni di eleggibilità e compatibilità dei nuovi consiglieri. Lorenzo Brogin sostituisce (pardon, surroga) il dimissionario Antonello Colombo, candidato sindaco di Buongiorno Solbiate. Nessun consigliere risulta incompatibile con la carica.
Il secondo punto prevedeva il giuramento del neo-eletto sindaco, che alla fine pronuncia un discorso di ringraziamento per i suoi elettori e un appello a chi non lo ha eletto per sostenere le attività di interesse comune.
Subito dopo venivano comunicati i membri della nuova giunta comunale, anche se non sono ancora state decise le deleghe (alcune delle quali probabilmente demandate a qualche consigliere comunale). Si tratta del vicesindaco Macchi, riconfermato nell’incarico, e degli assessori della scorsa amministrazione Caprioli e Aspesani, che probabilmente manterranno i loro incarichi. A questi si aggiunge l’assessore esterno Maria Luisa Martina, cui verrà verosimilmente assegnata la delega al bilancio (insieme forse a qualcun’altra). Il decreto Delrio obbliga infatti le amministrazioni a provvedere a una adeguata rappresentanza di genere all’interno della giunta, che nel nostro caso corrisponde ad almeno due donne. Evidentemente assegnare un incarico così importante alle diciottenni Tresin e Di Dio, neo consiglieri comunali e uniche donne in consiglio nelle file della maggioranza (oltre all’assessore Caprioli), è stato considerato fuori luogo. Difficile dar torto al sindaco.
I successivi punti all’ordine del giorno riguardavano l’elezione dei membri della commissione elettorale e la formazione della commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari. Nel primo caso dovevano essere eletti come membri effettivi due consiglieri della maggioranza e uno della minoranza. La prima votazione è stata rifatta perché qualcuno ha sbagliato a votare (?). Al replay sono risultati eletti Corti e Tresin per la maggioranza e Lazzaretti per la minoranza. C’è poi stata una seconda votazione per l’elezione dei membri supplenti (sempre 2 +1) ma anche questa è stata rifatta perché la maggioranza ha votato in massa uno dei membri già eletti. Gustosa apertura del nuovo ciclo amministrativo. Comunque, alla fine, sono stati eletti i membri supplenti, che sono Cera e Di Dio per la maggioranza e Tisano per la minoranza.
Più semplice è stata l’elezione del membri della commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari (un nome lungo che nasconde un’attività abbastanza oscura, nel senso che non si capisce bene a cosa serva). Risultano eletti i consiglieri Corti e Brogin.
Alla fine il consigliere Brogin comunica che sarà lui il capogruppo di Buongiorno Solbiate e legge una dichiarazione di intenti in cui propone che la loro opposizione sarà costruttiva e propositiva ma che non saranno disposti ad accettare attacchi personali come è accaduto al loro candidato sindaco Antonello Colombo (che ringraziano per il lavoro svolto). Il consigliere De Simone (Una buona idea) non legge nessuna dichiarazione ma propone anche lei una opposizione costruttiva che si ripromette di raggiungere alcuni dei punti di programma della lista, anche grazie alla costituzione di una associazione culturale.

Il prossimo consiglio comunale dovrebbe essere alla fine del mese.

martedì 27 maggio 2014

La storia non cambia

di Ivan Vaghi

Di sicuro non è cambiata a Solbiate. D’altra parte il dato elettorale è inequivocabile e quindi c’è ben poco da recriminare per chi, come noi, è sempre stato critico nei confronti della nostra amministrazione.
Chi è più attento a quanto succede nel mondo è in grado di fare un parallelo molto diretto con le elezioni americane del 2000 e del 2004. Nel 2000 Bush ha vinto con un piccolissimo scarto nei confronti del clintoniano Al Gore, mentre quattro anni dopo la vittoria contro l’altro clintoniano Kerry è stata molto più netta. Tutti gli analisti politici dell’epoca erano concordi nel ritenere che gli avversari di Bush sarebbero stati dei presidenti migliori di lui (non era difficile in verità) però la gente non ha votato per loro. Con un po’ di dubbi nel primo caso ma senza nessun dubbio nel secondo. Il concetto Dio-patria-famiglia è stato decisivo, così come l’ostentata ostilità nei confronti delle tasse (molto più supposta che reale). La gente gli ha dato credito, a torto o a ragione ma lo ha fatto, e di sicuro il retaggio clintoniano trascinato per troppo tempo non ha aiutato.

La storia pertanto si ripete nel piccolo villaggio di Solbiate Olona, dove abbiamo vissuto in piccolo quanto è successo lo scorso decennio negli Stati Uniti. Gli americani hanno dovuto aspettare Obama per cambiare faccia alla politica americana (o perlomeno per provarci), forse a Solbiate dobbiamo sperare in qualcosa di simile, ma soprattutto dobbiamo essere in grado di gestire al meglio una transizione generazionale che ormai è conclamata. La sconfitta netta di Buongiorno Solbiate non è stata solo la sconfitta di una lista e di un candidato sindaco, ma è soprattutto la fine di un modo troppo antiquato di intendere la politica, costruita ideologicamente sul cattolicesimo tradizionalista e operativamente sullo stesso gruppo di persone (in modo esplicito o meno). A Luigi Melis va riconosciuto il merito di aver guardato altrove (in modo esplicito o meno) e di avere aperto la strada a una nuova epoca della politica solbiatese, che dobbiamo vivere pienamente senza guardarci indietro. Non si illuda, noi del PD siamo e saremo sempre critici nei suoi confronti tutte le volte che riterremo opportuno esserlo, soprattutto perché adesso c’è bisogno di una pacificazione cittadina e lui è l’unica persona (per diritto elettorale) che può provare a ottenerla. Dovrebbe però smetterla di guardare ai suoi avversari politici o semplicemente a chi gli sta antipatico come dei nemici da distruggere, perché la strada non può essere questa.

giovedì 15 maggio 2014

Cambia l'Europa, anche da Solbiate

Mancano oramai dieci giorni alle elezioni Europee. Si tratta di un appuntamento importante, perché sono importanti le potenzialità dell'Unione Europea, finora rimaste largamente non sfruttate. L'Unione Europea, soprattutto a seguito della crisi economica e finanziaria, si è imposta nel nostro immaginario come luogo estremamente burocratico e molto lontano dai cittadini, costretti a subire scelte a volte drammatiche.
Le potenzialità stanno tutte nel vuoto che si è creato tra cittadini ed istituzioni europee: colmare questo vuoto significa creare un luogo di democrazia capace di porsi gli obiettivi più ambizioso, coniugando sviluppo economico - quindi lavoro e solidarietà - e tutela e riqualificazione ambientale. L'Europa deve colmare questo deficit di rappresentanza per porsi, con il supporto dei cittadini, come leader mondiale della sostenibilità.
Per raggiungere questi obiettivi abbiamo bisogno di dare forza al Partito del Socialismo Europeo (PSE), il partito al quale aderisce il Partito Democratico. Con il voto al Partito Democratico si contribuisce - e sarà uno slogan, è vero - a «cambiare verso» anche all'Europa.

A Solbiate Olona ci troverete per uno scambio di idee e per diffondere materiali informativi in via dei Patrioti, domenica 18 maggio, dalle 8.30 alle 12.30.

Sempre domenica 18 maggio farà tappa a Solbiate, in Valle, Paolo Sinigaglia, candidato alle elezioni Europee. Partirà in bici da Castiglione Olona, alle 15, per percorrere tutta la ciclabile, incontrando cittadini ed elettori nei diversi comuni. Chi volesse aggregarsi può scrivere a stefanocatone (chiocciola) gmail (punto) com. 

Materiale informativo del Partito Democratico.

Liste dei candidati del Partito Democratico.

Programma del Partito Democratico.

Sito internet di Paolo Sinigaglia.

giovedì 24 aprile 2014

È la nostra festa

In un mondo ideale il 25 aprile verrebbe considerata la festa degli italiani, la nostra festa. Perché è la festa  del riscatto e della riconciliazione, del coraggio e della speranza. È il primo giorno della Costituzione, il primo giorno della Repubblica. È la festa culturale del nostro popolo, che celebra il giorno in cui gli italiani hanno raggiunto la pienezza della propria identità.
Nel nostro mondo è invece sparita dalla memoria collettiva al punto che chi la vuole celebrare lo deve chiedere per favore. Svilita dalla retorica del “tutti i morti sono uguali”, relegata a festa “della sinistra”, come se a tutti gli altri democrazia e libertà facessero schifo. Nel nostro mondo viene messa in un angolo, tirata fuori all’ultimo momento per non fare brutta figura, trattata come un’intrusa. Ma è la nostra festa e la vogliamo raccontare, per esempio attraverso la voce degli italiani che ce l’hanno regalata.

Mia buona mamma […] se tu sapessi con quale gioia, e con quanta fierezza io alzai dalla gabbia dopo la lettura della sentenza il grido della mia fede “Viva il socialismo, abbasso il fascismo.” E allora mi saltarono addosso furenti, turandomi il naso fino a soffocarmi, ma io nulla sentivo […] cerchino di lottare sempre con più ardore di ieri, perché oggi essi uomini liberi devono lottare anche per noi costretti all’inazione, che il mio spirito è sempre con loro e sogno la libertà solo per riprendere fra di loro il mio posto di combattimento. (Sandro Pertini, lettera alla madre, 1929).

Ho vissuto a Milano una esperienza che mi ha confermato nell’idea che il nostro popolo è capace delle più grandi cose quando lo anima il soffio della libertà. (S. Pertini, Avanti! 6 maggio 1945).

Se dovessi morire in questo tempo di lotte e di riscossa nazionale, prego Iddio che mi faccia morire compiendo fino all'ultimo il mio dovere di sacerdote e di italiano, felice di chiudere il mio periodo di vita in un sacrificio supremo (don Minzoni, ucciso dai fascisti nel 1923)

Chi sa combattere è degno di libertà (Piero Gobetti, ucciso nel 1926)

La nostra missione è quella di tener duro quando tutti cedono; di alzare la fiaccola dell'ideale nella notte che ci circonda; di anticipare con l'intelligenza e l'azione l'immancabile futuro. (Carlo Rosselli, ucciso nel 1937)

[…] ti assicuro che l'idea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo; non ho mai apprezzato come ora i pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore e un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilità un mediocre partigiano. Tuttavia è l’unica possibilità aperta e l’accolgo. (Giaime Pintor, lettera al fratello poco prima di essere ucciso in azione)

[…] la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica. (Piero Calamandrei, Discorso sulla Costituzione)

Sono scritti più o meno celebri, di persone più o meno famose, ma tutti quanti parlano del coraggio e dell’inevitabilità del coinvolgimento personale se questo è necessario, costi quello che costi. Noi italiani di questa epoca irriconoscente non abbiamo più bisogno, grazie a loro, di rischiare la nostra vita per garantirci libertà e democrazia, ci basterebbe vigilare.
Allora dobbiamo vigilare, dobbiamo dare il nostro contributo alla vita politica perché la politica non è quella cosa brutta che tutti vogliono farci credere, ma è l’arma che hanno i popoli per prevenire piccole e grandi sopraffazioni. Ma è necessario anche avere coraggio, perché la politica senza coraggio è solo un esercizio accademico, nella migliore delle ipotesi. Lo dobbiamo avere e lo dobbiamo dimostrare tutti i giorni in tutte le cose, piccole o grandi che siano.
È per questo motivo che nel giorno della festa degli italiani la sezione del PD di Solbiate vuole denunciare il pasticcio che l’amministrazione comunale di Solbiate ha combinato con le celebrazioni del 25 aprile: sovrapponendogli altre iniziative, ha finito per umiliare chi crede che la partecipazione e la riconoscenza verso chi ci ha dato la possibilità di partecipare sia la base irrinunciabile di ogni azione pubblica o civica. Sarebbe bastato lasciare la mattina libera per lo svolgimento delle celebrazioni organizzate dall’ANPI e non ci sarebbero stati problemi né polemiche, ma hanno deciso di non farlo.

Ci affianchiamo quindi al disappunto dell’ANPI di Solbiate, confidando che gli eventi del 25 aprile possano svolgersi in un clima di civiltà e reciproco rispetto.