giovedì 23 ottobre 2008

A nome mio

di Ivan Vaghi

E’ doveroso specificarlo, quando scrivo qualcosa che viene pubblicato su questo blog con la mia firma parlo a titolo personale, non a nome del circolo PD di Solbiate né tantomeno a nome del PD in generale. Non so più nemmeno quante volte l’ho detto ma evidentemente non basta. Obiezione interna: il blog è un organo di partito e quindi quello che viene scritto deve essere condiviso dai membri. Non è stato specificato se all’unanimità, a maggioranza qualificata o a maggioranza semplice. Chiederò al gestore di questo blog di pubblicare (termine tecnico “postare”) questo mio intervento un’ultima volta dicendo veramente quello che penso prima di venire sottoposto, d’ora in poi, alle forche caudine del comitato di cultura popolare. Potrebbe quindi essere l’ultima volta che viene pubblicato qualcosa che non sia stato filtrato in qualche modo. Per quello che mi riguarda prometto comunque resistenza, resistenza, resistenza. Intendiamoci, e parlo a nome mio, io continuo ad avere rispetto e stima per ognuna delle persone che fanno parte del circolo e anche, ovviamente, per tutti i membri del partito a qualsiasi livello, ma si stanno sbagliando su due cose. La prima è che non hanno capito la potenzialità e soprattutto la filosofia blog. Avere un sito di opinione come questo vuol dire pubblicare in tempo reale o quasi, e consegnare alla pubblica discussione, qualsiasi argomento di interesse comune si dovesse manifestare, senza aspettare di emettere un resoconto di poche righe dopo due mesi quando ormai quello che doveva succedere è già successo e senza che i cittadini ne possano essere venuti a conoscenza. Questa non è una pubblicazione periodica che deve essere pubblicata con costi altissimi, che siano soldi pubblici o privati, dovendo rendere conto di quanto si scrive agli inserzionisti di riferimento (commerciali o politici). Questa è una bacheca in cui ognuno può appiccicare la propria idea a costo zero, senza dover rendere conto a nessuno del proprio spontaneismo o finanche della propria ingenuità politica, che sia benedetta. Ma forse è proprio questo che fa un po’ paura, oppure c’è ancora qualcuno che ha nostalgia della pagina dell’Unità affissa in sezione, quella dove magari era raccontata la legittimità dell’invasione sovietica di Budapest, che era un’immensa minchiata ma perlomeno ti dava la possibilità di vivere nella situazione rassicurante in cui non ti era richiesta un’opinione, ma solo di accettare quella “condivisa”, e quindi l’unica possibile. Per fortuna quei tempi sono passati ma forse qualcuno non se ne è ancora accorto. Ditemi, in tutta onestà, in una situazione come quella italiana in cui i partiti di sinistra o di centro sinistra hanno scarse possibilità di accedere ai mezzi di comunicazione di portata nazionale, che cosa rappresenta una maggiore potenzialità per il PD, un periodico cartaceo che richiede soldi, impegno, magari qualche compromesso, e che arriva quando ormai è vecchio o qualcosa che può essere immediatamente accessibile a chiunque dovunque si trovi? Che parla tra l’altro di cose che succedono in quel momento sotto il nostro naso e che può dare spazio a chiunque abbia qualcosa da dire e che può farlo subito, non fra due mesi. Un sito è qualcosa di sostanzialmente diverso da un periodico, non solo nella forma, ma anche nel sistema di comunicare, ed è giusto che sia così, altrimenti non avrebbe senso. Certo, per il momento siamo piccoli e ci leggono in pochi, ma io sto parlando di potenzialità, di visione a lungo termine, mi sto rivolgendo a quelle generazioni che fra un po’ di anni leggeranno il giornale sul web e non andranno a prenderlo in edicola, mi sto rivolgendo a quell’epoca prossima ventura in cui ci verrà chiesto di confrontarci con le nuove tecnologie e con i nuovi sistemi di fare comunicazione. Abbiamo già perso il treno delle televisioni, vogliamo fare ancora lo stesso maledetto errore? Pensate che Telemilano 58 la vedessero in molti prima che diventasse Mediaset?
Il secondo errore è pensare che ci possano essere opinioni sempre condivisibili da tutti. Noi del circolo ci troviamo in una situazione delicata, con simpatizzanti e/o tesserati presenti sia nella lista di maggioranza che di opposizione. E’ ovvio che un qualsiasi articolo che sia di critica per l’uno o per l’altro (o per entrambi), subirà il veto di qualcuno del circolo. E immaginatevi quando ci sarà la campagna elettorale, pensate a qualcosa davvero tanto diverso da un bavaglio? Pensate che l’obbligo di pubblicazioni condivise, oltre a rallentare drammaticamente la frequenza di pubblicazione possibile, possa davvero dare un qualcosa di più alla discussione? Secondo me qualcosa in meno, ma potrei sbagliarmi.
Io credo fermamente nella potenzialità delle persone e nel contributo che ognuno di noi può dare a livello pratico e a livello “intellettuale”, credo che prima o poi le persone se ne renderanno conto e cominceranno a crederci anch’esse, credo nella forza delle idee, credo nell’idea della politica e del fatto che la politica abbia bisogno di idee (soprattutto oggigiorno), credo nella partecipazione, nella responsabilità, nel rispetto e nella tolleranza, credo che a volte le scorciatoie fanno solo perdere tempo e che la matematica può anche essere un’opinione, credo che puoi perdere sempre ma quando riuscirai a vincere sapendo che non sei sceso a compromessi con la tua coscienza può essere il giorno più bello della tua vita, credo che non sia giusto vincere ad ogni costo, credo nella coerenza, credo nel “discorso della montagna” di Gesù, credo che chi soffre per la verità e la giustizia e poi perde non è necessariamente un perdente, credo che bisogna essere cauti nelle alleanze, credo che posso sbagliarmi su tutto ma che almeno qualche volta ho avuto sicuramente ragione, credo che il mondo sia migliorabile e che quelli che credono il contrario sono solo rassegnati e non più furbi, credo che il realismo possa essere un pericoloso compromesso tra pessimismo e ottimismo, credo che sia molto facile cadere dalla padella nella brace, credo che non me ne frega niente di diventare protagonista, credo nella democrazia e nella sacralità delle istituzioni pubbliche, credo nella laicità a qualunque costo, credo che destra e sinistra non siano la stessa cosa e credo che la sinistra sia molto meglio, credo nella necessità di contribuire a trasformare le persone in cittadini perché solo le menti che pensano possono difendersi da sole dagli assalti di una certa politica vampira e illusionista, credo nell’autocritica, nell’autoironia e nell’autorità accettata e non imposta, credo nelle regole e negli arbitri, ma anche che le richieste che vengono dal basso a volte hanno una nobiltà maggiore delle imposizioni dall’alto, credo insomma nelle peculiarità dell’individuo ma più ancora negli interessi comuni di tutti gli individui, e credo soprattutto, ditemi quello che volete, che come Marco van Basten non ce n’è più.
Opinione personale ovviamente.

venerdì 17 ottobre 2008

Ma non era liberista?

di Ivan Vaghi

Già, non era liberista il nostro premier? Adesso che predica la necessità degli aiuti di Stato per le aziende in difficoltà bisognerà che qualcuno gli spieghi il significato di liberismo e il significato delle politiche economiche di destra. Se anche Berlusconi mi diventa socialista allora comincio a non capirci più niente. E’ quello stesso Berlusconi che pochi giorni fa è andato a venerare Bush dicendogli che la sua politica, anche economica evidentemente, lo avrebbe fatto passare alla storia, nello stesso identico giorno in cui il premio Nobel per l’economia veniva assegnato a Krugman, feroce avversario del neo liberismo reaganiano di cui i Bush sono stati fedeli servitori (tra parentesi, secondo me i Bush non ci hanno mai capito niente di economia, ma questo è un altro discorso). Quando cioè il mondo economico, in preda ad una crisi devastante, si rende conto che bisogna cambiare atteggiamento e strategia, Berlusconi va nel Stati Uniti e dice esattamente il contrario.
Qualcuno però deve averlo informato della situazione mentre tornava a casa, così che, senza conoscere nessun tipo di vergogna, potesse avere la possibilità di smentire categoricamente se stesso e parlare di aiuti di Stato, l’esatto contrario del significato di liberismo. E’ quello stesso Berlusconi che fino all’altro ieri, e non in senso metaforico, ma proprio fino all’altro ieri, sosteneva le teorie liberiste del meno stato più mercato, che bisognava lasciare il mercato libero a se stesso, che bisognava privatizzare, ah già! dimenticavo, anche abbassare le tasse, soprattutto ai più ricchi. Mi piacerebbe sapere dal signor Berlusconi dove andrebbe a prendere tutte queste vagonate di miliardi di euro di aiuti di Stato se abbassasse davvero le tasse.
Da ieri però Berlusconi non è più liberista, è diventato socialista, fautore dell’intervento dello Stato in economia. Mi aspetterei che mettesse la falce e il martello sotto la bandiera di Forza Italia, ma non lo farà, concedetegli ancora per un po’ questo pudore. E d’altra parte non bisogna nemmeno essere troppo duri con lui, ha passato gran parte della sua vita a fare l’imprenditore, non aveva tempo per studiarsi la storia dell’economia e per scoprire che le ondate liberiste hanno sempre portato, inevitabilmente, alle catastrofi, così come nessuno gli aveva mai parlato di Keynes (forse Tremonti gli sta dando lezioni private sull’argomento), l’economista inglese che sosteneva la necessità del controllo statale sulle regole del mercato e dell’economia proprio per impedire improvvisazioni e derive speculative slegate dall’economia reale. Evidentemente Berlusconi è rimasto ancora alle prime lezioni, perché crede di avere capito che intervento statale in economia voglia dire soltanto prendere soldi pubblici e regalarli a chi li chiede, meglio se si tratta di banchieri o industriali incompetenti (o delinquenti) che hanno combinato solo disastri. Già, perché forse non ve ne siete accorti, ma stava per passare un decreto che avrebbe salvato le chiappe ai vari Tanzi, Geronzi, Cragnotti e compagnia, decreto che è stato per fortuna stoppato dal compagno Tremonti (se non si è capito sono in piena crisi esistenziale).
Quando Berlusconi farà il corso di Economia 2 gli spiegheranno anche che intervento statale vuole dire soprattutto regole, controllo, partecipazioni statali soprattutto in campo finanziario, legislazioni severe, un processo organico che lo stesso Berlusconi ha fatto di tutto per smantellare. Ve la devo ricordare io la depenalizzazione del falso in bilancio?
Nel frattempo i suoi amici della Lega, grandi statisti e attenti ai problemi del paese, cercano di sfruttare la confusione per far passare leggi razziste come l’istituzione di classi separate per gli stranieri e opponendosi alla distribuzione nelle scuole della Costituzione Italiana. Quello che possiamo fare adesso è sperare che i riflessi di questa crisi sull’economia reale (leggi inflazione, disoccupazione e cose così) non saranno troppo gravi, così come dobbiamo sperare che il nostro nuovo compagno Berlusconi abbia capito davvero la lezione e assieme ai suoi soci europei e mondiali si renda davvero conto che il capitalismo lasciato senza regole è solamente una bomba ad orologeria.
Ora, amici solbiatesi in maggioranza destrorsi e legaioli, anche voi, giustamente, ignari di filosofia politica e logiche di mercato, avete però ora la possibilità di stare un attimo a riflettere sui danni combinati dai vostri parlamentari di riferimento. I cittadini, che lo vogliano o no, hanno una grande responsabilità, verso se stessi e gli altri, e non possono continuare a fare finta di niente, perché prima o poi, inevitabilmente, i nodi al pettine ci arrivano. Se siete d’accordo, comunque la pensiate, venite a fare un salto al gazebo del PD domenica mattina dalle 9 e mezza dove c’è la pesa pubblica, provate a cominciare ad essere cittadini.

giovedì 9 ottobre 2008

Doverose precisazioni

di Stefano Catone

È da qualche giorno che finalmente, dopo una primavera ed un’estate “bollente”, sono cominciati i lavori di costruzione dei parcheggi a lato delle Scuole Elementari. Ho utilizzato l’avverbio “finalmente” non perché aspettassi con ansia l’inizio dei lavori, ma perché pensavo che l’abbattimento degli alberi avvenuto nella prima settimana di agosto avesse un senso: cominciare i lavori (se non addirittura terminarli) prima dell’inizio dell’anno scolastico. Mi ero sbagliato.

Ritengo necessaria una seconda puntualizzazione: sull’ultimo numero di “SolbiateOlonaInforma” del 3 ottobre 2008 appare, nell’ultima pagina, un articolo intitolato “Fra un anno le elezioni amministrative saranno già passate”, firmato da “Insieme per Solbiate” ed “Uniti per Solbiate”.
In esso si fa riferimento “all’avvallo dei partiti come premessa per ricevere consensi e legittimazioni”. Dato che di partiti a Solbiate Olona non si sente parlare dall’origine dei tempi, credo che tale affermazioni sia riferita al Circolo del Partito Democratico. Ci tengo a sottolineare che il PD di Solbiate non vive grazie alla rendita di un simbolo: un sito costantemente aggiornato che ha permesso la nascita di un genuino dibattito, l’incontro pubblico ad aprile prima delle elezioni politiche, il volantinaggio, i manifesti e i gazebo dimostrano un certo impegno sul campo, nonostante la nostra tenera età.
Per tornare alla questione del simbolo, credo che un simbolo dica molto riguardo i principi e le idee cui fa riferimento un gruppo di persone: noi siamo fieri del nostro simbolo e non temiamo nel mostrarlo e nell’identificarci in esso. Siamo espliciti: noi stiamo con il Partito Democratico. Non credo che lo stesso si possa dire del simbolo delle liste di minoranza firmatarie dell’articolo suddetto:


Lascio a voi il compito di trovare le somiglianze.

giovedì 2 ottobre 2008

Fannulloni...

di Ivan Vaghi

Da un po’ di tempo il ministro Brunetta sta imperversando sui media dedito al suo sport preferito, che sarebbe quello di cavalcare lo slogan populista-demagogico del “dagli al fannullone”. Secondo lui il dipendente statale medio è poco più di un parassita il cui unico scopo è quello di affossare le finanze italiane. Brunetta parla di meritocrazia, di lotta agli sprechi (in questo caso i salari, che però nel settore pubblico sono fermi da anni), di premiare i meritevoli e punire gli sfaccendati. Lodevole, lo facesse però sarebbe anche meglio. Qualcuno infatti non ha detto al ministro che i veri fannulloni sono i dipendenti pubblici assunti per clientelismi, raccomandazioni, parentele o peggio, e costoro, dal momento che sono intoccabili, possono tranquillamente continuare a farsi impuniti gli affari propri. Parlo per cognizione di causa dal momento che la pubblica amministrazione la conosco abbastanza. Gli unici che pagheranno le scelte restrittive del ministro saranno quelli che lavorano veramente, ad esempio i tanti ricercatori precari dell’università e degli enti sanitari che non verranno regolarizzati perché i posti di ruolo, a suo tempo, sono andati ai raccomandati e ai protetti di vario genere. E vi assicuro che le capacità individuali sono spesso l’ultima cosa di cui si tiene conto in questi casi.
Stiamo quindi parlando di un’attività di facciata, del solito fumo negli occhi buttato da gente che non ha veri argomenti e non ha nessuna idea di quali siano le strategie da adottare per ridurre la spesa pubblica senza influire sull’efficienza dei servizi. Volete un esempio? E’ notizia di oggi che la spesa pubblica a settembre è aumentata di 7 miliardi di euro rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Aumenta quindi il debito pubblico e gli interessi da pagare a carico degli italiani. Il motivo? L’aumento delle spese della pubblica amministrazione. Guarda un po’. Non c’è d’altronde da meravigliarsi in un paese in cui gli alleati del nostro governo assumono centinaia di consulenti e portaborse, spesso parenti o amici di amici, per i propri consiglieri comunali, provinciali e regionali. E’ successo in Sicilia se qualcuno si è perso la notizia, e il risultato è che il comune di Catania è in bancarotta e la regione Sicilia alla canna del gas. Federalismo fiscale? Quasi quasi mi convinco che è una buona idea, ma non so se Berlusconi a questo punto accetterebbe di perdere tutti i consensi che gli vengono dalla Sicilia, considerando che il tracollo di quella regione avrebbe come conseguenza la fine di un serbatoio di milioni di voti. Dobbiamo quindi veramente chiederci chi sono i veri fannulloni, se i precari del settore pubblico oppure quelli che cercano soluzioni semplicistiche a problemi complessi, e che ancora una volta stanno dimostrando di non essere all’altezza di gestire una situazione economica difficile e che richiede un vero intervento culturale, a cominciare da una classe politica, e soprattutto da un governo, che intende il suo ruolo solo come gestione del potere e non come mezzo per la risoluzione dei problemi.