mercoledì 30 settembre 2009

Live Report - Aggiornamento

In questa seconda puntata cercheremo di indagare meglio il quinto punto all’ordine del giorno del consiglio scorso, che riguardava lo stato di attuazione dei programmi e l’adozione di provvedimenti per il mantenimento degli equilibri di bilancio, oltre che la variazione alla relazione revisionale e programmatica 2009-2011 e la modifica al piano triennale delle opere pubbliche 2009-2011. Brevi cenni sull’Universo. E’ abbastanza evidente l’ostilità di una terminologia molto poco amica di profani che abbiano il desiderio di avvicinarsi alle questioni relative al bilancio comunale (forse sarebbe il caso di pensarci su), comunque significa che, in ottemperanza alla legge, ogni assessorato deve presentare lo stato di avanzamento dei propri programmi, che l’assessore al bilancio illustri la relazione sulle misure adottate per il pareggio di bilancio e l’assessore ai lavori pubblici illustri il piano triennale delle opere pubbliche. In realtà non è stato fatto. E’ stato però posto l’accento sulla necessità di reperire una grossa somma per ripianare il bilancio (circa 400 mila euro), ammesso e non concesso che le entrate messe a bilancio relative alla vendita del terreno boschivo in zona ex mini Iper si concretizzino. Altrimenti la situazione sarebbe ancora più grave. La fonte di intervento privilegiata al momento è il ricorso all’avanzo di bilancio della precedente amministrazione, che però potrebbe giusto permettere il superamento dell’anno in corso, e poi chissà. La minaccia di un assalto al territorio per mettere le mani sugli oneri di urbanizzazione, che potranno servire per il bilancio corrente e non più solo per le opere pubbliche, si fa davvero concreto.
E’ curiosa la decisione della precedente amministrazione di utilizzare gran parte dell’avanzo di bilancio per la chiusura dei mutui attivi a nome del comune di Solbiate Olona. In genere si tratta di mutui a tassi molto agevolati, e forse in una situazione come questa sarebbe stato più logico mantenere una quota di capitale attivo per affrontare altre questioni. Non so, forse qualcuno ci spiegherà questo tipo di decisione, presa in prossimità della scadenza elettorale. Dalla postazione dei consiglieri di Progetto Solbiate è arrivata una sgridata indirizzata sia all’attuale amministrazione che a quella precedente, perché l’allarme sulle questioni relative al bilancio era evidente da tempo. Infatti già nel 2007 era stata prospettata una spesa prevista per il 2008 pari a oltre 6.300.000 euro, mentre per il 2009 era di soli 4.500.000 circa, cioè una riduzione di 1.800.000 euro che non aveva spiegazioni e che l’allora minoranza, nonché attuale amministrazione, non aveva minimamente sottolineato, nonostante avesse la possibilità di raggiungere la popolazione con le sue pubblicazioni. Non solo, in quella relazione del revisore dei conti era inserita la frase “L’organo di revisione osserva comunque che l’equilibrio corrente… è raggiunto con l’utilizzo di entrate di carattere eccezionale per finanziare spese di carattere permanente”. Ohibò, cosa mai vorrà dire? Anche in questo caso non c’è stata opportuna divulgazione da parte dell’allora minoranza.
L’ultima questione riguarda le opere pubbliche, sono previste per il prossimo triennio quattro interventi (lotto di fognatura, piantumazione scarpata di via Calvi, pista ciclabile e pavimentazione di piazza S. Gervaso), per un totale di 885.000 euro. Abbastanza? Troppo poco? Aspettiamo commenti.

lunedì 28 settembre 2009

Convenzioni circolo in Provincia di Varese: i risultati

Si sono concluse le votazioni congressuali nei circoli della Provincia di Varese, e i risultati sono i seguenti: su 3488 iscritti hanno votato in 2073, cioè il 59% degli aventi diritto, e i voti sono stati così distribuiti:
Bersani: 1193, pari al 57,5%
Franceschini: 540 pari al 26%
Marino: 332 pari al 16%
Lo 0,5% rimanente, oltre che essere dovuto ai decimali, rappresenta una quota di schede bianche o nulle.

Al circolo di Solbiate Olona hanno votato, su 15 aventi diritto, in 13, determinando la seguente distribuzione di voti:
Marino: 7 pari al 53,8%
Franceschini: 4 pari al 30,8%
Bersani: 2 pari al 15,4%
Il circolo di Solbiate aveva diritto all'elezione di due persone che andranno a comporre la Convenzione provinciale (280 persone) che a sua volta eleggerà dei propri rappresentanti alla Convenzione nazionale.
Per la "mozione Marino" si è candidato Stefano Catone, per la "mozione Franceschini" Antonino Amadore e per la "mozione Bersani" Luigi Colombo; a causa di un complicato conteggio che deve essere effettuato su scala provinciale non sono ancora disponibili i nominativi degli eletti.

Il Congresso rappresenta una grande opportunità per il nostro Partito, poiché la discussione interna potrà, io spero, portarci a fare chiarezza sulla nostra identità e sulla nostra linea politica, finora troppo evanescente. Purtroppo finora il dibatitto è stato piuttosto deludente, ma c'è ancora tempo fino al 25 ottobre (giorno in cui si terranno le elezioni primarie) per discutere e confrontarsi.

Alla luce di questi dati (che trovate alla vostra destra) e della mia esperienza di presentatore della mozione Marino ritengo opportuna una breve riflessione. La mozione Marino, quella del "terzo candidato", non supportata da nessun apparato, ha ottenuto ottimi risultati nei circoli più piccoli e quindi meno "politicizzati": in questi le assemblee di circolo sono state costruttive e libere, nel senso che si è discusso nel merito della mozione, senza alcun pregiudizio, ci si è confrontati e solo in seguito gli iscritti hanno definito la propria posizione. Nei circoli con più iscritti, i tesserati si sono presentati già divisi in opposte fazioni, in Bersaniani e Franceschiniani: in questo caso lo spazio per la discussione senza pregiudizi è stato infinitamente ridotto, regalando grosse soddisfazioni (numeriche) alle mozioni Bersani e Franceschini, e azzerando la mozione Marino.
Comunque il 16% dei votanti ha scelto Ignazio Marino, e considerata la scarsa visibilità del candidato, si tratta di un forte segnale della voglia di cambiamento propria della base del Partito.
Forse sarò di parte, ma le riunioni nei circoli più piccoli a me sono piaciute, ma piaciute per davvero: è stato come quando mi ritrovo a bere una birra in compagnia dei miei amici, si discute, ci si diverte, ci si ascolta, semplicemente stando seduti attorno a un tavolo. Forse è questa la strada per vivere il Partito Democratico e, soprattutto, cambiare l'Italia.

S.C.

venerdì 25 settembre 2009

Live report. Consiglio comunale del 24 settembre

La seduta del consiglio è cominciata con un minuto di silenzio in ricordo delle vittime italiane in Afghanistan e del missionario morto in Brasile, oltre che con il doveroso ringraziamento alla nostra protezione civile per il lavoro svolto in Abruzzo in occasione del terremoto. Per il resto non è successo granché, dal momento che si discuteva di questioni di ordinaria amministrazione. Non sono comunque mancati momenti di frizione con l’opposizione, cominciati con la richiesta di spiegazioni sulla destinazione dei soldi recuperati dalle variazioni di bilancio e sulla motivazione di queste scelte. Non si è capito molto, a parte il fatto che sono stati spesi dei soldi (qualche migliaio di euro pare) per una consulenza legale resasi necessaria per la presenza di importanti pecche nella stesura del PII relativa all’area ex-Rovelli. Alla fine l’opposizione ha votato contro perché non completamente soddisfatta delle spiegazioni e sospettosa sul fatto che l’assessore competente avesse ben chiara la situazione.
La vicenda più interessante è però relativa all’alienazione di un terreno boschivo posto tra l’ex mini-IPER e gli stabili residenziali presenti alle sue spalle (quelli dei militari per intenderci). Nonostante le promesse elettorali di “limitazione” del consumo di territorio, la scelta, a parere del sindaco, si è resa necessaria per improrogabili esigenze di bilancio, in pratica è un sacrificio irrinunciabile per poter andare avanti. A parte la questione tecnica del mettere in bilancio un’entrata che non è ancora sicura (pare che serva una autorizzazione provinciale), il fatto importante è stato evidenziato dal consigliere, nonché ex-sindaco, Colombo, il quale avverte che la presenza di quell’area boschiva serviva per separare una zona residenziale da una che invece verrà adibita ad artigianale e produttiva (e lo stessa area alienata avrà la stessa destinazione). Senza questa zona di separazione alla lunga la convivenza sarà impossibile e l’attività produttiva sarà costretta a chiudere o a trasferirsi. La risposta del sindaco è stata che è tutto molto bello e molto giusto ma tanto lo facciamo lo stesso perché non abbiamo una lira. L’opposizione al momento del voto si è divisa perché la lista Per Solbiate ha votato a favore (lo ha fatto anche il consigliere della Lega… cemento, terra dei padri… vi ricorda qualcosa?), mentre Progetto Solbiate ha votato contro.
Da qui però nasce però la vera questione, quella che esula dal consiglio stesso, perché è stato ricordato dai banchi dell’opposizione che la legge d’ora in avanti permetterà di utilizzare i soldi degli oneri di urbanizzazione per le spese correnti invece che per le opere pubbliche. E’ facile da prevedere, vista la situazione attuale, che ci sarà un assalto al territorio per poter far fronte alle questioni di bilancio, e che l’unico modo per impedirlo è che venga revocato il patto di stabilità, cosa possibile solo da una pressione politica importante da parte dei sindaci. La cosa verrà valutata ma senza nutrire speranze.
Per il resto c’è stata la proroga della convenzione con Olgiate Olona per il controllo serale delle strade. Tutti hanno votato a favore anche se ci sono state delle lamentele sull’operato dei vigili che pensano più a fare multe che a controllare il territorio. Il sindaco ha risposto che sarebbe stato utile assumere almeno un altro vigile a suo tempo, ora è più difficile anche se si potrebbe pensare di usare i soldi della convenzione.
Un ultimo momento di frizione si è avuto al momento dell’approvazione di una norma che prevede il parere vincolante della commissione paesaggio per la realizzazione di nuove insegne commerciali nel centro storico. Il consigliere, nonché ex sindaco, Bianchi si stupisce del fatto che poco tempo fa sia stata sospesa la commissione edilizia con la motivazione che rallentava i tempi, mentre adesso si pone un vincolo che avrà come risultato quello di allungare i tempi, e che sarebbe stato più semplice redigere un regolamento a cui fare riferimento piuttosto che prendere in considerazione caso per caso (l’opposizione ha votato contro).
Da segnalare l’intermezzo divertente dell’intrusione di un gatto bianco che si è messo ad assaltare i banchi del consiglio e della giunta prima di scappare fuori. I soliti gattocomunisti…

mercoledì 23 settembre 2009

Ho scelto Marino e vi dico perché

di Ivan Vaghi

Nelle varie riunioni di circolo che si stanno svolgendo in tutta Italia si stanno scegliendo i delegati che appoggeranno i candidati alla segreteria nella Convenzione nazionale. A Solbiate c’è stata una mezza sorpresa ma non si può dire finché le votazioni sono ancora in corso in altri circoli (dubito che questo blog possa influenzare granché, ma ci atteniamo alle regole). Posso però dire che ho scelto la mozione di Ignazio Marino. Intanto non necessariamente ciò che è nuovo è anche migliore, ma non sempre ciò che è meno nuovo è anche più affidabile o garantisce migliori prospettive. Sarebbe quindi il caso di votare soprattutto per i contenuti, che sembra una banalità ma poi sappiamo che spesso si vota per logiche di appartenenza, di tradizione o peggio per simpatia. Faccio un passo indietro per dire che alle scorse primarie avevo votato per Rosi Bindi, non perché pensavo che fosse il migliore segretario possibile (si sapeva che avrebbe vinto Veltroni e a me andava benissimo), ma per due altri motivi. Il primo è che diffido sempre dei plebisciti, perché portano sempre con sé grandi aspettative che se poi vanno deluse causano gravi contraccolpi, anche psicologici (che è quello che è avvenuto). Il secondo è che non ci può essere crescita senza dialogo, confronto e dibattito, e maggiore è la forza che viene riconosciuta a tutti quelli che hanno qualcosa da dire, maggiore sarà anche la forza del confronto e quindi la possibilità di crescita. D’altra parte ci chiamiamo democratici mica per niente.
Torniamo a noi per dire che adesso siamo messi male e che bisogna recuperare terreno, anzi, dobbiamo riuscire a fermare l’emorragia di voti. Per riuscirci i modi sono sempre quelli: una leadership forte e carismatica, che porti voti con la sua sola presenza, ma non è il nostro caso (meglio così, personaggi simili sono anche abbastanza inquietanti); confidare nella forza delle idee, e qui ce la possiamo cavare; lavorare sul territorio, e lì, accidenti, c’è spazio. Aggiungerei anche garantire identità e coerenza al partito, perché in questo caso siamo messi abbastanza male, per vari motivi che è inutile rivangare. Faccio due esempi di persone vicine a me (molto vicine), esempi di posizioni di elettori del PD medi e mediamente informati. Il primo elettore (elettrice) ogni volta che mi vede mi insulta perché dice che invece che pensare all’Italia pensiamo a litigare tra di noi (non è sempre vero ma questa è l’informazione che passa) e soprattutto dice una frase agghiacciante: “state rovinando tutto”, riferendosi all’idea di un partito che fosse punto di riferimento di tutte le forze progressiste e riformatrici. Tanti, me compreso, hanno visto nel PD l’unica e forse ultima speranza di avere un partito grande e forte in grado di governare l’Italia puntando sul bagaglio culturale di centrosinistra (senza trattino) e purtroppo non si sta realizzando, per motivi fisiologici (l’Italia oggi è di destra, dobbiamo farcene una ragione), ma anche purtroppo per colpe nostre. Il secondo elettore per fortuna non mi insulta ma dice che alle scorse primarie ha votato Veltroni perché credeva in lui e nel PD e dopo un anno e mezzo lo abbiamo fatto fuori, per cui adesso non andrà a votare alle primarie perché non ci crede più. Sono due esempi di elettori border line che rischiamo di perdere e tanti li abbiamo già persi proprio per questo motivo, la mancanza di una coerenza interna al partito che ne stabilisca una precisa identità. Perché coerenza non vuole dire coesione granitica, come ho detto prima è giusto che ci sia il confronto, ma poi si sceglie una linea e la si segue. Punto. Altrimenti dobbiamo dare ragione a quell’altro elettore (non del PD) che dice: “avete promesso i PACS e non li avete fatti, adesso io non vi credo più nemmeno quando parlate di economia, società e politica estera”. Semplicistico ma efficace.
Ma è soprattutto sul lavoro territoriale che bisogna puntare, per noi che non abbiamo le televisioni, e l’arma che possiamo usare sono i circoli, ma non come sono adesso, cioè un punto di raccolta di tessere utili solo quando c’è da appendere i manifesti in campagna elettorale e da consultare quando si decide il segretario (cosa che spesso avviene, come dicevo, per appartenenza a questa o quella corrente). I circoli sono il fronte, anzi dalle nostre parti li possiamo chiamare trincee, che da soli però possono fare poco. Bisogna fare un fronte comune, investire sui circoli risorse umane, finanziarie e logistiche, metterli in rete per sfruttarne al massimo le potenzialità e farli agire insieme e contemporaneamente, ed è necessario che i militanti si sentano importanti, che vengano consultati spesso e che quello che esce dai circoli sia sempre ascoltato, preso in considerazione e utilizzato dai dirigenti di qualsiasi livello. E’ così che si crea motivazione riuscendo ad avere nei circoli la forza motrice per riguadagnare consenso.
Ho scelto Marino riflettendo su tutte queste cose, perché la “base”, i nostri elettori, si aspettano un atto di coraggio da parte del partito, perché dire a dei tesserati di provincia “state rovinando tutto” vuol dire che ci affidano comunque una responsabilità che volenti o nolenti dobbiamo onorare, dando voce a quegli elettori che, anche da noi, si aspettano di più. Secondo me l’atto di coraggio che dobbiamo fare è proporre una precisa discontinuità rispetto a logiche di gestione del potere interne al partito che finora sono state fallimentari. Ho scelto Marino perché è l’unico che abbia teorizzato un ruolo centrale e strategico fondamentale per i circoli, e perché è quello che ha parlato con maggiore chiarezza e precisione di laicità (come metodo) e di coerenza (come esigenza). Ho scelto Marino anche perché non mi illudo, nel senso che probabilmente vincerà Bersani, ma siccome ho iniziato dicendo che è necessario dare maggiore forza possibile a chi ha qualcosa da dire, finisco dicendo che maggiore forza avrà Marino e le impostazioni di partito che vorrebbe nel PD, maggiore sarà l’attenzione che il nuovo segretario dovrà prestare a queste istanze, e chissà mai, si potrebbe convincere che sono giuste. Pertanto è giusto “consegnare” Ignazio Marino al giudizio degli elettori alle primarie del 25 ottobre, per vedere quanti (di quelli rimasti…) pensano che una volta tanto il nuovo è anche meglio.

giovedì 17 settembre 2009

Riunione congressuale

E' convocata in data 23 settembre la riunione congressuale del Circolo PD di Solbiate Olona, in via Roma 65 a Fagnano Olona presso la sede PD.
I lavori cominceranno alle 20.45 con l'illustrazione delle tre mozioni e la discussione.
Alle 21.45 saranno aperte le votazioni per l'elezione dei rappresentanti alla Convenzione provinciale, e per la selezione dei candidati che potranno presentarsi alle elezioni primarie del 25 ottobre. Le votazioni termineranno entro le 23.45.

Sono invitati a partecipare, e potranno intervenire durante la discussione, tutti gli iscritti e gli elettori del Partito Democratico.

Le votazioni sono aperte ai soli iscritti.

Il PD di Solbiate Olona si unisce al cordoglio per la perdita dei nostri militari in missione in Afghanistan.

S.C.

venerdì 11 settembre 2009

11 settembre

di Ivan Vaghi

La mattina dell’11 settembre 1973 il generale Augusto Pinochet, capo di stato maggiore dell’esercito cileno, dopo aver dichiarato illegittimo il governo in carica, assedia e bombarda il palazzo presidenziale di Santiago. Si tratta di un colpo di stato militare che causa la morte del presidente Salvador Allende e l’instaurazione di una lunga e feroce dittatura.
Certo salta subito all’occhio la coincidenza con il giorno ugualmente tragico del 2001, ma quel mattino del 1973 è importante per un motivo particolare, che riguarda la storia d’Italia del recente passato, del presente e si spera anche del futuro. Per rinfrescare la memoria di chi già c’era e per raccontarlo a chi non lo ha mai saputo, Salvador Allende Gossens, co-fondatore del partito socialista cileno, vinse le elezioni presidenziali del 1970, tra l’ostilità delle forze conservatrici del paese che mal tolleravano l’idea di un governo socialista. Ad essere più arrabbiati erano però gli americani, che all’epoca portavano avanti una politica estera particolarmente aggressiva in America latina, impauriti dalla possibile espansione socialista in quello che loro consideravano il “giardino di casa”, e cioè il centro e il sud America appunto. Avevano già “perso” Cuba, avevano problemi simili in altri paesi e il Cile era solo l’ultimo in ordine di tempo. Purtroppo per loro Allende decise di nazionalizzare le miniere di rame, la più grande ricchezza del paese, fino ad allora solidamente nelle mani di società statunitensi. Alla paura politica si aggiunsero quindi le pressioni del capitale nordamericano, che convinsero Nixon a prendere “provvedimenti”, alleandosi con le forze politiche cilene di destra e fornendo l’appoggio logistico e militare che serviranno a Pinochet per prendere il potere con la forza. Queste cose non me le invento io, sono scritte con molto candore nell’autobiografia di Kissinger, segretario di stato americano del presidente Nixon.
Ma cosa c’entra con l’Italia? C’entra, c’entra, perché in Italia all’epoca la situazione non era molto dissimile. Avevamo un forte partito comunista che stava guadagnando consensi, e la possibilità che potesse prima o poi vincere le elezioni e governare il paese in un’alleanza con i socialisti e i socialdemocratici, era tutt’altro che remota. Ma arrivò l’11 settembre del 1973 e quello che successe in Cile fu un monito anche per noi: attenti, non vi sarà permesso di essere governati dalla sinistra, a costo di farvi fare la stessa fine. Premetto che non sono mai stato anti americano e quindi non parlo per una presunta distanza “ideologica”, sta di fatto invece che Gladio era già operativa, così come tutte le reti “stay-behind” coordinate dalla NATO e che avevano come scopo di fornire l’eventuale supporto logistico in situazioni simili a quella cilena. In Italia avevamo già rischiato, perché gli Stati Uniti si misero già in azione nel ’62, all’epoca del varo dei primi governi di centro sinistra con DC e socialisti. Venne infatti creato un corpo speciale dei carabinieri, super addestrato e super attrezzato, al comando del generale De Lorenzo, che si mise in moto per portare a termine un colpo di stato, il cosiddetto Piano Solo (era il 1964), che costrinse il socialista Nenni a rinunciare alle riforme che il PSI riteneva indispensabili. Alla luce di questi precedenti e soprattutto di quello che successe in Cile, il segretario del PCI Berlinguer capì che nemmeno in Italia sarebbe stato possibile governare con la sola forza delle scelte democratiche dei cittadini e quindi aprì, insieme al democristiano Aldo Moro, la fase di avvicinamento tra PCI e i progressisti della DC, battezzata il “Compromesso Storico”, che era l’unica possibilità che poteva avere il PCI per governare in Italia. Pensava Berlinguer che un accordo di questo tipo, già “sdoganato” dall’accordo tra DC e PSI, avrebbe rassicurato sia gli italiani sia soprattutto gli alleati stranieri che gli intenti del partito comunista non erano certo quelli di minacciare la democrazia in Italia. In quest’ottica venne garantita la fedeltà all’alleanza atlantica, che avrebbe comunque fatto rimanere l’Italia nell’orbita statunitense. Non servì a molto, l’ostilità delle forze conservatrici fu feroce e giusto per non sbagliarsi Aldo Moro fece una brutta fine (che quei bastardi delle Brigate Rosse non ci hanno ancora raccontato nei dettagli, quelli veri).
Andiamo avanti di venti anni e vediamo che all’indomani di Tangentopoli e della dissoluzione della DC, quelle che erano le “correnti” storiche democristiane diedero vita a nuovi partiti. La parte dei cristiano democratici progressisti, il Partito Popolare, andrà poi a formare la Margherita, a convergere nell’Ulivo e a co-fondare il Partito Democratico insieme ai Democratici di Sinistra, a loro volta eredi della componente progressista del PCI. L’intuizione di Berlinguer quindi si realizza senza particolari ostacoli (giusto quelli interni ma questo è un altro discorso) e soprattutto senza spargimenti di sangue o minacce alla democrazia. Quell’intuizione era collegata anche ad un sogno, che era quello di governare l’Italia. Al momento sembra davvero lontano ma chi sogna in piccolo può sperare solo in piccoli risultati. Comunque sia la storia politica di questi paese è legata in qualche modo a quell’11 settembre di 36 anni fa, e mi viene da pensare che qualcuna delle varie radici del PD affondi in quella tragica giornata che causò decenni di sofferenze per il popolo cileno. Radici che legano insieme i democratici e i riformisti di tutto il mondo.

9/11



Le immagini che riaffiorano alla memoria sono sempre le stesse: fumo, fiamme, gli aerei. L'11 settembre del 2001 ha violentato la nostra intimità. Ci siamo sentiti vicini, ci siamo sentiti loro, gli impiegati, i lavavetri, i dirigenti, i cuochi, gli Americani, i Polacchi, gli Irlandesi, gli Italiani.
Abbiamo condiviso il dolore, increduli di fronte alle televisioni.
In quei momenti ero un ragazzino di 15 anni, non capace di cogliere le dimensioni dell'avvenimento, che non sapeva fare calcoli geopolitici, politici ed economici. Mi sentivo solo parte dell'umanità ferita, delle vittime innocenti.

L'11 settembre è una brutta data. L'11 settembre è guerra, e la guerra è sangue e mancanza di libertà. E' stato così nel 2001, ed è stato così anche nel 1973, quando, con l'assassinio di Salvador Allende, si aprivano le porte della dittatura per il popolo cileno.

"Viva Chile, viva el pueblo, vivan los trabajadores!" (Ultime parole di Salvador Allende)
S.C.

venerdì 4 settembre 2009

Boffo e i buffi



di Ivan Vaghi

Riassunto delle puntate precedenti: il quotidiano Avvenire, dopo averci pensato un po’ su, o meglio, dopo aver avuto il via libera dall’azionista di riferimento, cioè la CEI (la Conferenza Episcopale Italiana presieduta dal card. Bagnasco), ha deciso di tirare le orecchie al nostro premier colpevole di ostentazione di comportamenti non propriamente sobri. La cosa poteva finire lì, ben altre questioni erano sul tavolo nel quadro dei rapporti tra Berlusconi e la stampa, se non che Vittorio Feltri ha deciso di debuttare alla grande alla guida del Giornale, tirando fuori una storia (secondo Avvenire del tutto inventata) che aveva l’intento di sbugiardare il moralizzatore, nello specifico il direttore di Avvenire Boffo, che alla lunga ha deciso di dimettersi.
Premessa uno: le campagne di stampa del Giornale, a partire dalla bufala di Telekom Serbia, sono tutto tranne che giornalismo. Premessa due: per la serie “chi tocca i fili muore” è abbastanza improbabile che Berlusconi abbia dato mandato a Feltri di attaccare Avvenire, dal momento che il mondo cattolico politicamente organizzato, che ha ovviamente anche la CEI come riferimento e che ha in buona parte sostenuto il PdL e i suoi alleati, avrebbe poco gradito un attacco di questo tipo al quotidiano cattolico (la notizia recente è che le ACLI, i sindacati dei lavoratori cristiani, hanno deciso di schierarsi a favore della libertà di stampa, quindi, traducendo, contro l’idea di stampa di Berlusconi). Il che vorrebbe dire che lo stesso Berlusconi forse sta perdendo il polso della situazione e fa fatica a controllare i suoi “collaboratori”, quelli che sgomitano per farsi più belli ai suoi occhi. Premessa tre: perché la Chiesa (in senso lato) ci ha messo così tanto (due o tre giorni, ma in questi casi sono un’eternità) a difendere il direttore Boffo e lo ha fatto solo dopo l’interessamento personale del papa? Proprio questo tentennamento, non del tutto chiarito, ha determinato la decisione del direttore di Avvenire di dimettersi, non essendo del tutto sicuro dell’appoggio del mondo cattolico. Premessa quattro: come già accennato la vicenda si inserisce in un quadro più ampio, cioè l’attacco senza quartiere che Berlusconi sta portando all’idea stessa di libertà di stampa, attraverso le intimidazioni sotto forma di querele ai quotidiani e ai giornalisti che non sono schierati dalla sua parte. La querela a l’Unità ha come motivazione che è stata messa in dubbio la sua capacità erettile, che invece è perfetta. A questo siamo arrivati. Ovviamente il motivo è una scusa, il vero scopo è l’intimidazione e qualsiasi cosa va bene.
L’argomento è vasto e sicuramente ci saranno molti sviluppi gustosi, ad esempio Berlusconi vorrà dimostrare ai giudici che le sue capacità virili sono intatte, e mi sto chiedendo come farà, ma la cosa più importante e più preoccupante è che la già scarsa libertà di stampa italiana è sotto assedio: chi si azzarderà a muovere una critica a Berlusconi, di qualsiasi genere, correrà il rischio di vedersi piovere addosso eserciti di avvocati latori di querele milionarie, e dal momento che la stampa libera (sottolineato) è anche quella meno ricca, l’intimidazione avrebbe lo stesso effetto della censura politica, perché sostenere una battaglia legale a quei livelli potrebbe essere troppo costoso. Per il momento il metodo usato dal suo amico Putin per trattare con i giornalisti scomodi non è ancora importabile in Italia, ma non si sa mai, la speranza è l’ultima a morire.
Veniamo ora alla questione più intrigante, e cioè la posizione della Chiesa in tutta questa vicenda. E’ stato ipotizzato (Giannini su Repubblica) che la vicenda Boffo sia stata l’occasione per una resa dei conti, locuzione forse impropria ma che rende l’idea, tra la CEI e la Segreteria di Stato del Vaticano, che sarebbe un po’ come il ministero degli esteri del papa. L’organo di stampa della Segreteria di Stato è l’Osservatore Romano, che guarda caso in questi giorni ha mosso qualche critica al modo di fare giornalismo di Avvenire, a seguito delle quali, proprio per la scelta del momento da parte dell’Osservatore Romano, Boffo aveva rassegnato le dimissioni poi ritirate su esortazione indiretta dello stesso Benedetto XVI. Per la cronaca l’Osservatore Romano, e quindi il segretario di stato cardinal Bertone, non ha mai corretto il tiro, se non con una telefonata privata di solidarietà a Boffo dello stesso Bertone (dopo l’intervento del papa ovviamente). Nel frattempo in un’altra stanza della Curia vaticana monsignor Fisichella lancia il suo siluro contro Avvenire, contestando la critica al governo sulla questione dell’immigrazione. Quasi in contemporanea Feltri rivela che la “soffiata” su Boffo viene proprio dal Vaticano, cosa smentita con troppa poca enfasi, e a questo punto Boffo, papa o non papa, si dimette.
Ma perché questa frattura tra CEI e Segretario di Stato? Cioè tra le due istituzioni politiche più importanti della Chiesa? La motivazione riguarderebbe appunto la politica ma non quella vaticana, bensì quella italiana…come da tradizione (scusate ma la nota polemica è necessaria): sembra che Tarcisio Bertone abbia deciso di puntare forte su un Nuovo Centro che abbia Pierferdy Casini come riferimento, dal momento che considera già avviata la parabola discendente di Berlusconi (?!?), mentre invece la CEI e il suo presidente Bagnasco puntano ancora su PdL e alleati, nonostante la tirata d’orecchi che voleva essere paternalistica nei confronti dello stesso premier. La cosa però è sfuggita di mano, Feltri ci ha messo del suo, Avvenire è stato isolato (e con esso la CEI) e la Segreteria di Stato vaticana avrebbe deciso di approfittarne, per ricompattare di nuovo il mondo cattolico verso una nuova stagione politica, che sarebbe, senza girarci troppo intorno, la restaurazione della DC. Fantapolitica? Può darsi, credibile è credibile e spiegherebbe molte cose. Per il momento mi unisco all’antico desiderio di Montanelli, che da buon ghibellino avrebbe voluto un “Tevere più largo”, che avrebbe cioè separato meglio l’Italia dalla Città del Vaticano. Nell’attesa che questo si verifichi mi unisco anche al coro dei sostenitori di tutti quei giornalisti che sono stati messi e che saranno messi sulla graticola: daje!! Siamo con voi!