martedì 7 luglio 2015

È stato bello

Questo blog è nato insieme al circolo del PD di Solbiate Olona. Ci riunivamo a Fagnano perché non avevamo altri posti, ci siamo inventati un’organizzazione perché non c’era. L’aria che si respirava però era buona, sapeva di entusiasmo e tutto sommato è rimasta tale, pur con alti e bassi fisiologici. Il blog doveva essere il nostro strumento migliore per far sapere ai solbiatesi come la pensavamo, qual era il nostro modo di vedere le cose, che progetti avevamo, quali le nostre critiche. Siamo partiti dal presupposto che il futuro era della comunicazione on-line e chi si adeguava per primo ne avrebbe avuto un vantaggio in termini di visibilità.
Forse abbiamo fatto due errori di valutazione: il primo che una realtà come Solbiate resiste a ogni tipo di innovazione (funzionano meglio le “gride” appese ai muri, come nel medioevo), il secondo che l’esplosione del fenomeno “social” ha reso obsoleti i siti di opinione come questo. Però è stato bello e non rinneghiamo niente. In mezzo ci sono stati anni di divertimento, arrabbiature, passione civica, indignazione, senso di responsabilità, proposte, delusioni, speranze, obiettivi da raggiungere, tutto quello che non può mancare quando decidi che la tua vita deve avere anche una dimensione pubblica, perché l’essere cittadini, per gente come noi, è una necessità.
Il blog è stato il nostro compagno di strada più fedele, non ci ha mai tradito e non l’avrebbe fatto mai. Un amico che ci mancherà. Speriamo sinceramente che il circolo del PD di Solbiate vivrà ancora, forse un giorno ci rivedremo perché la vita è strana e per fortuna piena di sorprese. Se il circolo vivrà gli chiederemo di avere cura di questo diario, di averne rispetto e riconoscenza come abbiamo fatto noi in questi anni. Soprattutto di non tradirne mai lo spirito, di utilizzarlo come espressione di passione politica e non come strumento di propaganda.
Buona fortuna e grazie di tutto.

Ivan Vaghi
Stefano Catone

venerdì 26 giugno 2015

Errata corrige

Ho chiesto di poter sfruttare questa bacheca per scusarmi con l'amministrazione comunale di Solbiate Olona, ovviamente anche con il sindaco Melis, e con la giornalista Silvia Bellezza per la mia lettera pubblicata oggi (26 giugno) su Prealpina. Premetto che non si trattava di un comunicato stampa e non avevo nemmeno richiesto la pubblicazione. Mi stavo solo lamentando con la direzione del giornale per uno "stile" a parer mio non abbastanza deontologico, e che tutto sommato mi sento di ribadire. 

Il vero problema è che ho equivocato una dichiarazione del sindaco Melis pubblicata in una sua recente intervista e che parlava di un finanziamento di 400 mila euro destinato alle scuole di Solbiate. Pensavo si riferisse al progetto #scuolenuove ma mi sbagliavo. Il finanziamento in effetti c'è stato: non si tratta di una falsità come invece ho sostenuto nella mia lettera.

Mi scuso quindi ancora con il sindaco Melis, con la giornalista che ha riportato la dichiarazione e con il giornale che l'ha pubblicata.

Ivan Vaghi

lunedì 22 giugno 2015

Convergenze evolutive

di Ivan Vaghi

Forse a un lettore poco consapevole sembrerà che nel circolo del PD di Solbiate si stia consumando una specie di psicodramma, qualcun altro penserà alla solita sinistra litigiosa che non va d’accordo neanche quando vince. Sì e no. Nel senso che in effetti una specie di “dramma” è in atto, ma non perché litighiamo tra noi, perlomeno non a Solbiate.
Difficile spiegare bene le cose, anche se ci proveremo, i fatti sono che il nostro segretario ha lasciato il partito e gli incarichi a esso correlati, e che altri membri storici del circolo, presenti dal momento della sua fondazione, hanno deciso di non rinnovare la tessera e quindi, di fatto, di sospendersi dalle attività di militanza nel partito. Il circolo di Solbiate in effetti è sempre stato poco “allineato”, è stato invece tra i promotori del cambiamento di rotta (anche e soprattutto nella nostra realtà provinciale) in opposizione alla guida storica, che stava ormai vegetando, preda di se stessa. Dovremmo quindi essere contenti di come si è messa. Alle ultime elezioni europee il PD ha preso, anche a Solbiate, il 40% dei voti, in una realtà dove fino a poco tempo prima il centrodestra arrivava al 70 e oltre. Perché allora non siamo contenti? Sostanzialmente perché l’elettorato non ha cambiato opinione, ha semplicemente messo la X sul simbolo di un partito invece che su un altro e continua a votare per il leader carismatico, che adesso ha semplicemente cambiato nome ma non politica e nemmeno atteggiamento. Non è quello che speravamo.
Lo so, si fa fatica a capire, non a caso ho usato il termine psicodramma. Potrei cavarmela dicendo che le percentuali hanno poco valore, visto che la metà della gente ormai non vota più perché delusa, arrabbiata, confusa, disinteressata o troppo indecisa. Il numero degli elettori del PD è diminuito nettamente in valore assoluto, senza parlare del numero delle tessere e dei militanti, ormai in via di estinzione. Lo so che da altre parti le cosa non vanno meglio, ma il PD era nato per dare vigore alla partecipazione politica da parte dei cittadini, e sta miseramente fallendo in questo intento, tanto quanto gli altri. L’obiettivo adesso è di prendere voti, dovunque siano e a qualsiasi costo. La politica come scopo della politica, il potere come fine del potere. Il dissenso interno? Ruspe. Sono costretto a citare Salvini, pensate come sono messo.
Potrei andare avanti a parlare in politichese, dicendo che Renzi ha intrapreso con molto vigore un riposizionamento del partito per sedurre i cuori dei nostalgici della DC, che lavorerà per abbandonare le primarie, pensate invece per essere uno dei pilastri del PD, oppure che non sta dando seguito alle sue proposte programmatiche, preda com’è delle sue continue incoerenze. Lasciamo perdere, tempo perso. Mi premeva di più dare una mia lettura della vicenda da un punto di vista biologico (in realtà antropologico), se non altro si tratta di qualcosa di originale.
Ho già abbondantemente superato il numero di parole tollerato da un lettore medio del web, quindi le persone che leggeranno i prossimi paragrafi saranno molte meno di quelle che hanno iniziato, ma in fondo va bene così, mi rivolgo agli amici che hanno voluto sempre ascoltare quello che avevo da dire, e che ringrazio per averlo fatto in questi anni. Gli altri pazienza, non sarò comunque in grado di fargli cambiare idea. Una volta un elettore di Solbiate mi ha detto di non avere letto i programmi delle liste che si presentavano alle elezioni comunali perché troppo lunghi. A votare però ci è andato lo stesso. Sulla base di cosa, dal mio punto di vista, è un mistero. L’aneddoto mi serve per collegarmi alla biologia, e soprattutto al concetto di convergenza evolutiva.
C’è sempre stato un equivoco sul concetto di evoluzione, perché per la maggior parte della gente l’evoluzione è un processo che porta a un continuo miglioramento, ma non è così. Più semplicemente è il processo che premia chi si adatta meglio all’ambiente in cui si trova. Quindi dipende tutto dall’ambiente. Berlusconi sosteneva che il suo elettore medio spesso non aveva nemmeno la terza media, e comunque non aveva mai letto un libro o non ne leggeva uno da anni. Quindi era inutile fare grandi discorsi o prospettare chissà quali scenari (lo stesso concetto di rivoluzione liberale era rimasto confinato all’interno dei pochi intellettuali del centro destra), ma aveva basato tutte le sue campagne elettorali avendo come riferimento persone che volevano essere guidate e basta, a cui non interessava capire. Aveva dato loro un modello: goliardia (cene eleganti), divertimento (tv trash, calcio), e soprattutto disimpegno, perché c’era qualcuno che avrebbe pensato a loro (ghe pensi mi, appunto). Il risultato è il leader carismatico e totipotente, caduto in disgrazia solo perché abbattuto dai colpi dell’economia, molto più che dalla perdita di appeal della sua immagine. Aveva “letto” il suo ambiente, aveva capito che cosa la gente credeva di volere e si è adattato meglio di altri, risultandone premiato. Il risultato? Che l’ambiente è rimasto lo stesso, anzi, si è ulteriormente deteriorato e adesso concepisce la politica esclusivamente come quella cosa inutile e dannosa da cui a volte può emergere un nuovo leader carismatico cui consegnare le residue speranze. Da dove venga e cosa dica non ha nessuna importanza. Grillo, Salvini, Renzi, vince chi urla più forte. I nuovi leader non si sognano nemmeno di rendere reversibile il deterioramento dell’ambiente in cui si vengono a trovare perché questo significherebbe dare agli altri troppo vantaggio. Vince chi si adatta meglio, non chi cambia l’ambiente, questo lo hanno capito benissimo e hanno deciso di convergere verso il modello che garantisce il migliore adattamento.
Ecco, il PD delle origini aveva un’idea completamente diversa: i buoni leader vengono dalla buona politica, la buona politica viene dalla partecipazione e dalla presa di coscienza del maggior numero di cittadini possibile, la partecipazione implica sforzi strategici mai visti dai tempi del dopoguerra. I primi passi erano stati fatti, le primarie soprattutto, poi l’arrivo di nuovi personaggi che avevano le idee giuste e un grande entusiasmo. Si migliora tutti insieme o non migliora nessuno, se c’era una possibilità di guidare l’evoluzione verso i binari giusti era necessario, ed era compito della politica, provarci. Qualcuno di noi continua a pensare che è ancora compito della politica provarci. Forse con meno entusiasmo, con meno determinazione. Il PD adesso sostiene che bisogna adattarsi all’ambiente, non provare a migliorarlo. Smettiamola con le primarie, con i tesserati, con la partecipazione, tutte cazzate, contano solo i voti. Qualcuno di noi pertanto non può più stare nel PD, è un semplice sillogismo.
Il fine giustifica i mezzi (frase che Machiavelli non ha mai pronunciato, è una leggenda metropolitana). Bisogna fare le riforme, quindi se è necessario forzare le situazioni bisogna farlo, per il bene del Paese. E certo, così però vale tutto, Mussolini diceva esattamente le stesse cose. Non sto facendo confronti, per carità, dico semplicemente che il metodo non è solo un orpello inutile, ma uno strumento fondamentale. Uno di quelli che permette la consapevolezza e la partecipazione, uno di quelli che permette di migliorare il deterioramento del nostro ambiente. Renzi invece? Ruspe. Quando parlava di cambiamento di verso mica l’aveva detto che parlava di questa roba qui. Così si creano vuoti, riempiti da gente che dice sempre di sì per i più svariati motivi. Anche gente che abbiamo incrociato per strada, con cui abbiamo fatto un percorso insieme e che sicuramente ci crede e sta facendo del suo meglio per il bene di tutti. Insieme a loro però anche una carovana di affaristi, profittatori, doppiogiochisti, arrampicatori sociali, opportunisti, tutta la gentaglia che aveva gonfiato le file di Forza Italia e che adesso ha bisogno di qualcuno che dia maggiori garanzie. Il deterioramento dell’ambiente che continua.
Sto esagerando? Probabilmente sì, l’amante ferito diventa cattivo, i sogni infranti fanno malissimo. Spero sempre che Renzi un giorno decida di colpire corruzione, evasione fiscale e criminalità organizzata con la stessa foga con cui si è avventato sui suoi avversari politici (quasi esclusivamente quelli interni perché con quelli esterni va d’accordissimo), oppure che faccia qualche consistente passo in avanti per questioni come le unioni civili o il fine vita, quello sì sarebbe un bel cambiamento di verso. Se non succederà si ricomincerà da capo oppure non si ricomincerà più. Il tempo passa e ci si stanca pure.
Nel frattempo stiamo a guardare questa lotta evolutiva tra soggetti politici che lottano per gli stessi voti, perché ormai non c’è più molta differenza tra un elettore e l’altro. I partiti sono diventati solo club di tifosi, in cui conta solo l’appartenenza e non i significati che racchiudono. Se declinate la questione alla realtà locale vedrete che ci troviamo nella stessa identica situazione, in cui non si leggono i programmi perché troppo lunghi, in cui la consapevolezza di essere cittadini e le responsabilità che questo implica sono frasi senza senso, in cui chi sa sfruttare le peggiori armi della politica l’avrà sempre vinta, anche perché migliorare l’ambiente li escluderebbe dalla linea evolutiva e sarebbero tagliati fuori. Non se lo possono permettere, a tutti i livelli, e ognuno a suo modo, secondo un proprio percorso, convergeranno verso quell’adattamento evolutivo che garantirà loro i migliori benefici. Il peggio per tutti gli altri è il meglio per loro.

Avevamo prospettive diverse, volevamo un ambiente diverso. Forse abbiamo sbagliato pianeta. O forse abbiamo semplicemente sbagliato partito.

martedì 16 giugno 2015

C'è un altro tipo di futuro

«Non siamo nati mica ieri, Capatàz».

No, non siamo nati mica ieri. Il Partito Democratico è stato l’unico partito del quale ho avuto la tessera e che, nel mio piccolo, ho contribuito a fondare, e a far vivere nel mio comune, Solbiate Olona, e nella mia provincia, la provincia di Varese. Tanto ho dato, ma soprattutto tanto ho ricevuto, da compagni di viaggio che sono stati – e continueranno a essere - prima di tutto amici, e che ringrazio infinitamente.

«Non siamo mica prigionieri di questa bella modernità».

Sì, perché questa presunta modernità non ci piace, non è nostra. Non è mia. Questa modernità in cui bisogna vincere per vincere, e il governo dei processi e le scelte politiche diventano gestione del potere. E non ci si scontra per delle idee, ma per la gestione del potere, appunto: che le riforme (ah, le riforme) siano in contraddizione rispetto a quanto abbiamo sempre sostenuto, rispetto a quanto c’era scritto nel programma di Italia Bene Comune, non sembra essere un problema. Tutto ciò non è mio.

«Se provi ad aprire la finestra, Capatàz, e coi tuoi occhi guardi fuori / Quante persone che non contano, e invece contano».

Contano eccome. Eppure non le rappresentiamo più. L’astensione cresce di elezione in elezione, ma il premier e Segretario del Partito Democratico non se ne preoccupa, perché l’unica cosa che conta è vincere. Il solco tra rappresentati e rappresentanti si amplia, e spesso è più profondo se i rappresentati vivono in condizioni di difficoltà. Per me è un problema, e per me quelle persone contano.

«Stanno soltanto aspettando un segno, Capataz / Questo vecchio segno, quando cambia il tempo / Quando cambia il tempo arriverà».

Come lo capiamo se il tempo è cambiato? Pensavamo fosse cambiato nel 2011, con i referendum sull’acqua, e con la vittoria di Milano, e pensavamo che questo processo sarebbe culminato nel febbraio 2013. Così non è stato. Nel febbraio 2013 è cominciata un’altra storia, segnata sin dall’inizio dal tradimento nei confronti di Romano Prodi, e con lui di un’idea di democrazia fondata sull’alternanza. Una storia che ora si consolida giorno dopo giorno, e della quale non mi sento più parte. Ecco perché ho deciso di non rinnovare più la tessera del Partito Democratico.

«C’è un altro tipo di futuro, Capatàz».

Sì, c’è un altro tipo di futuro. Costruito insieme a quelli «che non contano, e invece contano». Un futuro che abbia «l’uguaglianza come motore, come condizione di partenza tra le persone, nei diritti e nei doveri e, appunto, nelle possibilità».

Domenica parteciperò all’Assemblea fondativa di Possibile. E lo farò con lo stesso entusiasmo con il quale ho fondato il Partito Democratico, per costruire una proposta di governo con i piedi saldi nel centrosinistra e contemporanea: aperta alla partecipazione di base che non scade nell’assemblearismo finto (al quale ci hanno abituato le Direzioni del Partito Democratico nell’ultimo anno e mezzo) e con parole d’ordine precise e chiare sui temi che la politica finora ha ignorato.

C’è un altro tipo di futuro. Un futuro Possibile.



martedì 5 maggio 2015

Il sindaco d’Italia (ne sentivamo proprio la mancanza)

di Ivan Vaghi

Evviva, abbiamo una nuova legge elettorale. Per invocarla la si invocava, sono le famose regole del gioco su cui si deve costruire tutto il resto. Da dove viene quindi questo senso di amarezza che si porta dietro?
Bisogna per forza fare un passo indietro e ripensare a come poteva essere verde la nostra valle (cit. Llewellyn), quel luogo che non doveva essere solo un partito politico, ma un sistema pensato per rendere la politica qualcosa di vero e vitale, dove il confronto e la discussione dovevano essere condizioni fondanti, dove il rapporto con militanti ed elettori doveva essere continuo e vitalizzante. In quella valle non sarebbe mai successo quello che invece sta succedendo adesso. Primarie farlocche per far vincere i potentati locali, accordi con personaggi imbarazzanti ma che portano voti (comprati non si sa come), sottosegretari indagati, giovani rampanti che si mettono a parlare come Renzi perché così si fa carriera più velocemente, culto della personalità, gente che doveva essere “rottamata” (cit. Renzi) e che rientra dalla porta principale dopo aver fatto voto di sottomissione al capo. Eccetera.
Si tratta solo dell’ultimo dei tanti sogni infranti (cit. Grignani)? Può essere, per il momento abbiamo l’Italicum. Ciumbia. Però non è una sorpresa, Renzi il dono della chiarezza ce l’ha (certo magari domani dirà delle cose diverse da quelle che dice oggi, ma sarà comunque molto chiaro anche domani). Spesso nei suoi interventi chiarificatori ha detto che il presidente del consiglio dovrebbe essere il sindaco d’Italia: prende i voti, vince e poi amministra, senza nessuno che gli possa rompere le balle. L’Italicum evidentemente va in quella direzione, chi vince le elezioni politiche governa con poteri pressoché illimitati, come un sindaco appunto.
Due considerazioni. La prima è che si tratta di un sistema troppo vincolato alla qualità del sindaco, sorry, del presidente del consiglio. Metti che vada su qualcuno che fa più danni che altro (non so, provate a pensare a Solbiate Olona), allora saremmo tutti nei guai. La seconda è che un Parlamento monocamerale formato da nominati pompati dal premio di maggioranza (cit. Italicum) è di fatto un corpo legislativo svuotato delle sue prerogative e agli ordini diretti del capo di turno. Esattamente come in un consiglio comunale (non so, provate a pensare a Solbiate Olona), in cui i consiglieri di maggioranza e gli assessori vengono scelti dal sindaco sulla base di considerazioni che niente hanno a che fare con la qualità delle persone. Arrivisti, gente che passa di lì per caso, gente abbindolata, gente che ci guadagna qualcosa, non importa, purché siano fedeli e dicano sempre di sì. Che figata di governi che avremo. Eh, ma così almeno si potranno fare le cose. Certo, ma cosa, e come?
Un parlamentare del PD, quindi di governo, credo, difende l’Italicum dicendo che sarà il presidente della Repubblica a dare il mandato al presidente del consiglio. E grazie, è una norma costituzionale, mica lo stabilisce l’Italicum. Questo per dire la preparazione dei nostri parlamentari, e con nostri intendo anche, con il cuore che sanguina, i parlamentari del PD. Non c’è niente all’orizzonte che ci possa dire che le cose miglioreranno in futuro, anzi, senza possibilità di un vero confronto, con le discussioni parlamentari ridotte a perdite di tempo come le discussioni nei consigli comunali (non so, provate a pensare a Solbiate Olona), il livello si abbasserà e cresceranno le tensioni.

Dobbiamo uscire dalla palude, dice Renzi. Per palude intende il confronto e la discussione. Siamo messi bene, proprio ciò per cui era nato il PD. La domanda, legittima, è: ma se non ti sta bene perché continui a rimanerci dentro? Al momento risposte non ce ne sono. Ce ne saranno e riguarderanno evidentemente molte persone. Forse non volevamo crederci, volevamo sperare fosse un brutto sogno. Purtroppo l’alba è arrivata (cit. Montanelli).

giovedì 19 marzo 2015

Live Report – Le salvezza è nelle figure retoriche

di Ivan Vaghi

La scrittura è una materia complessa, che però fornisce alcuni strumenti per poter gestire al meglio situazioni ostiche. Uno di questi strumenti è rappresentato dalle figure retoriche: metafora, ironia, iperbole, paradosso, enfasi e via andare. Servono per sottolineare, per nascondere i pensieri reali, per uscire da sindromi da pagina bianca e a volte per narrare senza farsi prendere da rabbia o sconforto.

Quando Stefano mi ha chiesto di raccontare il consiglio comunale del 16 marzo scorso mi è subito venuto in mente che avevo una sola speranza di portare a termine l’incombenza, cioè ricorrere in modo massiccio a qualcosa che mi permettesse di avere il sufficiente distacco e le figure retoriche servono molto bene allo scopo.

Eufemismo: Il consiglio comunale del 16 marzo è stata l’ennesima dimostrazione di quanto il sindaco Melis e il concetto di partecipazione democratica siano lontani tra loro. Di prove ce ne sono state parecchie, a cominciare dal rifiuto totale di prendere in considerazione le legittime critiche alle convenzioni con Rho per il segretario comunale e la Centrale Unica di Committenza. Per inciso, leggi alla mano, le critiche non solo erano legittime, ma erano anche sacrosante.

Ironia: Peccato che l’atteggiamento del sindaco, così rispettoso e attento, non sia stato sufficiente a garantire il necessario confronto democratico, ovviamente per colpa di quei cattivoni delle minoranze che invece di farsi i cavoli loro hanno addirittura osato prendere sul serio il loro ruolo istituzionale di controllo dell’operato della maggioranza. Ma chi si credono di essere questi fannulloni della minoranza? Ok, con l’ironia potrei andare avanti per ore ma forse è meglio passare oltre.

Similitudine: Il sindaco ha anche bocciato la mozione presentata dalla minoranza che chiedeva l’istituzione della commissione ecologia che avesse il compito, tra le altre cose, di discutere in sede istituzionale la questione dei vasconi. Notare, l’ha bocciata il sindaco, non il consiglio comunale come invece sarebbe dovuto accadere. In teoria, e lo dice la legge come ben dovrebbero sapere sindaco e segretario comunale, è il consiglio che decide di impegnare o meno la giunta nel fare o non fare qualcosa, non è la giunta che decide cosa vuol fare o non fare. È come se a decidere la formazione di una squadra di calcio fossero i giocatori e non l’allenatore. Lo so bene che il sindaco Melis non può sopportare che ci sia qualcuno che gli dica cosa deve fare, fosse anche il suo gruppo di maggioranza e fosse anche la legge a imporglielo, e così ha deciso lui per tutti. Certo, supportato da un capogruppo di maggioranza che ha dimostrato di avere un gran cuor di leone (in questo caso pendiamo più sulla metafora che non sulla similitudine, ma siamo lì). È davvero un peccato che una persona di quella qualità accetti di andare in un consiglio comunale al solo scopo di far ridere gli astanti, come è successo. E’ come se il Milan avesse Messi e lo utilizzasse come cheerleader, più o meno. Comunque la cosa più importante è che il sindaco ha ribadito il suo totale rifiuto a discutere con i cittadini il problema delle vasche. Chi ha un progetto alternativo lo presenti, io applico la legge, sostiene lui. Il lavoro lo fanno i tecnici e nessun altro e qualsiasi cosa dicono va bene. È come se un tizio deve fare un lavoro in casa, chiama un carpentiere che gli dice che deve buttare giù un muro portante. Ah beh, se lo dice il tecnico, bisogna fare così. Che ci siano altre persone che abitano in quella casa è un fatto secondario, se hanno qualcosa da dire paghino loro un altro tecnico che faccia il progetto.

Iperbole ironica e metaforica (e qui ci vuole talento): Le capacità di ragionamento del sindaco Melis sono spettacolari lampi di luce nel tetro buio della notte di Solbiate.

Ossimoro: Pierangelo Macchi è un uomo di sport.

Sulla questione di Pierangelo Macchi antitesi dell’uomo di sport devo uscire dalle figure retoriche perché di scherzare non mi va più. Pierangelo Macchi, spalleggiato da quell’altro galantuomo di Melis, ha detto in consiglio comunale che era stata data comunicazione alle società sportive di un’ordinanza del sindaco, datata 18 dicembre 2014 ma chissà come mai pubblicata il 7 gennaio 2015, che vietava l’utilizzo della palestra delle scuole medie perché pericolosa. Si tratta di una bugia e stiamo raccogliendo tutte le prove documentali che sostengono questa mia affermazione. Non c’è stata nessuna comunicazione di ordinanza e non è stato apposto nessun sigillo. Ma quello su cui vorrei focalizzarmi è proprio il concetto di uomo di sport. Macchi ha mentito per coprire le sue mancanze organizzative e di comunicazione, scaricando su altri la colpa di eventuali conseguenze e danni alle persone conseguenti alle sue mancanze. Un vero uomo di sport, cresciuto con i valori di rispetto e correttezza, una porcata così non l’avrebbe mai fatta.