venerdì 26 giugno 2015

Errata corrige

Ho chiesto di poter sfruttare questa bacheca per scusarmi con l'amministrazione comunale di Solbiate Olona, ovviamente anche con il sindaco Melis, e con la giornalista Silvia Bellezza per la mia lettera pubblicata oggi (26 giugno) su Prealpina. Premetto che non si trattava di un comunicato stampa e non avevo nemmeno richiesto la pubblicazione. Mi stavo solo lamentando con la direzione del giornale per uno "stile" a parer mio non abbastanza deontologico, e che tutto sommato mi sento di ribadire. 

Il vero problema è che ho equivocato una dichiarazione del sindaco Melis pubblicata in una sua recente intervista e che parlava di un finanziamento di 400 mila euro destinato alle scuole di Solbiate. Pensavo si riferisse al progetto #scuolenuove ma mi sbagliavo. Il finanziamento in effetti c'è stato: non si tratta di una falsità come invece ho sostenuto nella mia lettera.

Mi scuso quindi ancora con il sindaco Melis, con la giornalista che ha riportato la dichiarazione e con il giornale che l'ha pubblicata.

Ivan Vaghi

lunedì 22 giugno 2015

Convergenze evolutive

di Ivan Vaghi

Forse a un lettore poco consapevole sembrerà che nel circolo del PD di Solbiate si stia consumando una specie di psicodramma, qualcun altro penserà alla solita sinistra litigiosa che non va d’accordo neanche quando vince. Sì e no. Nel senso che in effetti una specie di “dramma” è in atto, ma non perché litighiamo tra noi, perlomeno non a Solbiate.
Difficile spiegare bene le cose, anche se ci proveremo, i fatti sono che il nostro segretario ha lasciato il partito e gli incarichi a esso correlati, e che altri membri storici del circolo, presenti dal momento della sua fondazione, hanno deciso di non rinnovare la tessera e quindi, di fatto, di sospendersi dalle attività di militanza nel partito. Il circolo di Solbiate in effetti è sempre stato poco “allineato”, è stato invece tra i promotori del cambiamento di rotta (anche e soprattutto nella nostra realtà provinciale) in opposizione alla guida storica, che stava ormai vegetando, preda di se stessa. Dovremmo quindi essere contenti di come si è messa. Alle ultime elezioni europee il PD ha preso, anche a Solbiate, il 40% dei voti, in una realtà dove fino a poco tempo prima il centrodestra arrivava al 70 e oltre. Perché allora non siamo contenti? Sostanzialmente perché l’elettorato non ha cambiato opinione, ha semplicemente messo la X sul simbolo di un partito invece che su un altro e continua a votare per il leader carismatico, che adesso ha semplicemente cambiato nome ma non politica e nemmeno atteggiamento. Non è quello che speravamo.
Lo so, si fa fatica a capire, non a caso ho usato il termine psicodramma. Potrei cavarmela dicendo che le percentuali hanno poco valore, visto che la metà della gente ormai non vota più perché delusa, arrabbiata, confusa, disinteressata o troppo indecisa. Il numero degli elettori del PD è diminuito nettamente in valore assoluto, senza parlare del numero delle tessere e dei militanti, ormai in via di estinzione. Lo so che da altre parti le cosa non vanno meglio, ma il PD era nato per dare vigore alla partecipazione politica da parte dei cittadini, e sta miseramente fallendo in questo intento, tanto quanto gli altri. L’obiettivo adesso è di prendere voti, dovunque siano e a qualsiasi costo. La politica come scopo della politica, il potere come fine del potere. Il dissenso interno? Ruspe. Sono costretto a citare Salvini, pensate come sono messo.
Potrei andare avanti a parlare in politichese, dicendo che Renzi ha intrapreso con molto vigore un riposizionamento del partito per sedurre i cuori dei nostalgici della DC, che lavorerà per abbandonare le primarie, pensate invece per essere uno dei pilastri del PD, oppure che non sta dando seguito alle sue proposte programmatiche, preda com’è delle sue continue incoerenze. Lasciamo perdere, tempo perso. Mi premeva di più dare una mia lettura della vicenda da un punto di vista biologico (in realtà antropologico), se non altro si tratta di qualcosa di originale.
Ho già abbondantemente superato il numero di parole tollerato da un lettore medio del web, quindi le persone che leggeranno i prossimi paragrafi saranno molte meno di quelle che hanno iniziato, ma in fondo va bene così, mi rivolgo agli amici che hanno voluto sempre ascoltare quello che avevo da dire, e che ringrazio per averlo fatto in questi anni. Gli altri pazienza, non sarò comunque in grado di fargli cambiare idea. Una volta un elettore di Solbiate mi ha detto di non avere letto i programmi delle liste che si presentavano alle elezioni comunali perché troppo lunghi. A votare però ci è andato lo stesso. Sulla base di cosa, dal mio punto di vista, è un mistero. L’aneddoto mi serve per collegarmi alla biologia, e soprattutto al concetto di convergenza evolutiva.
C’è sempre stato un equivoco sul concetto di evoluzione, perché per la maggior parte della gente l’evoluzione è un processo che porta a un continuo miglioramento, ma non è così. Più semplicemente è il processo che premia chi si adatta meglio all’ambiente in cui si trova. Quindi dipende tutto dall’ambiente. Berlusconi sosteneva che il suo elettore medio spesso non aveva nemmeno la terza media, e comunque non aveva mai letto un libro o non ne leggeva uno da anni. Quindi era inutile fare grandi discorsi o prospettare chissà quali scenari (lo stesso concetto di rivoluzione liberale era rimasto confinato all’interno dei pochi intellettuali del centro destra), ma aveva basato tutte le sue campagne elettorali avendo come riferimento persone che volevano essere guidate e basta, a cui non interessava capire. Aveva dato loro un modello: goliardia (cene eleganti), divertimento (tv trash, calcio), e soprattutto disimpegno, perché c’era qualcuno che avrebbe pensato a loro (ghe pensi mi, appunto). Il risultato è il leader carismatico e totipotente, caduto in disgrazia solo perché abbattuto dai colpi dell’economia, molto più che dalla perdita di appeal della sua immagine. Aveva “letto” il suo ambiente, aveva capito che cosa la gente credeva di volere e si è adattato meglio di altri, risultandone premiato. Il risultato? Che l’ambiente è rimasto lo stesso, anzi, si è ulteriormente deteriorato e adesso concepisce la politica esclusivamente come quella cosa inutile e dannosa da cui a volte può emergere un nuovo leader carismatico cui consegnare le residue speranze. Da dove venga e cosa dica non ha nessuna importanza. Grillo, Salvini, Renzi, vince chi urla più forte. I nuovi leader non si sognano nemmeno di rendere reversibile il deterioramento dell’ambiente in cui si vengono a trovare perché questo significherebbe dare agli altri troppo vantaggio. Vince chi si adatta meglio, non chi cambia l’ambiente, questo lo hanno capito benissimo e hanno deciso di convergere verso il modello che garantisce il migliore adattamento.
Ecco, il PD delle origini aveva un’idea completamente diversa: i buoni leader vengono dalla buona politica, la buona politica viene dalla partecipazione e dalla presa di coscienza del maggior numero di cittadini possibile, la partecipazione implica sforzi strategici mai visti dai tempi del dopoguerra. I primi passi erano stati fatti, le primarie soprattutto, poi l’arrivo di nuovi personaggi che avevano le idee giuste e un grande entusiasmo. Si migliora tutti insieme o non migliora nessuno, se c’era una possibilità di guidare l’evoluzione verso i binari giusti era necessario, ed era compito della politica, provarci. Qualcuno di noi continua a pensare che è ancora compito della politica provarci. Forse con meno entusiasmo, con meno determinazione. Il PD adesso sostiene che bisogna adattarsi all’ambiente, non provare a migliorarlo. Smettiamola con le primarie, con i tesserati, con la partecipazione, tutte cazzate, contano solo i voti. Qualcuno di noi pertanto non può più stare nel PD, è un semplice sillogismo.
Il fine giustifica i mezzi (frase che Machiavelli non ha mai pronunciato, è una leggenda metropolitana). Bisogna fare le riforme, quindi se è necessario forzare le situazioni bisogna farlo, per il bene del Paese. E certo, così però vale tutto, Mussolini diceva esattamente le stesse cose. Non sto facendo confronti, per carità, dico semplicemente che il metodo non è solo un orpello inutile, ma uno strumento fondamentale. Uno di quelli che permette la consapevolezza e la partecipazione, uno di quelli che permette di migliorare il deterioramento del nostro ambiente. Renzi invece? Ruspe. Quando parlava di cambiamento di verso mica l’aveva detto che parlava di questa roba qui. Così si creano vuoti, riempiti da gente che dice sempre di sì per i più svariati motivi. Anche gente che abbiamo incrociato per strada, con cui abbiamo fatto un percorso insieme e che sicuramente ci crede e sta facendo del suo meglio per il bene di tutti. Insieme a loro però anche una carovana di affaristi, profittatori, doppiogiochisti, arrampicatori sociali, opportunisti, tutta la gentaglia che aveva gonfiato le file di Forza Italia e che adesso ha bisogno di qualcuno che dia maggiori garanzie. Il deterioramento dell’ambiente che continua.
Sto esagerando? Probabilmente sì, l’amante ferito diventa cattivo, i sogni infranti fanno malissimo. Spero sempre che Renzi un giorno decida di colpire corruzione, evasione fiscale e criminalità organizzata con la stessa foga con cui si è avventato sui suoi avversari politici (quasi esclusivamente quelli interni perché con quelli esterni va d’accordissimo), oppure che faccia qualche consistente passo in avanti per questioni come le unioni civili o il fine vita, quello sì sarebbe un bel cambiamento di verso. Se non succederà si ricomincerà da capo oppure non si ricomincerà più. Il tempo passa e ci si stanca pure.
Nel frattempo stiamo a guardare questa lotta evolutiva tra soggetti politici che lottano per gli stessi voti, perché ormai non c’è più molta differenza tra un elettore e l’altro. I partiti sono diventati solo club di tifosi, in cui conta solo l’appartenenza e non i significati che racchiudono. Se declinate la questione alla realtà locale vedrete che ci troviamo nella stessa identica situazione, in cui non si leggono i programmi perché troppo lunghi, in cui la consapevolezza di essere cittadini e le responsabilità che questo implica sono frasi senza senso, in cui chi sa sfruttare le peggiori armi della politica l’avrà sempre vinta, anche perché migliorare l’ambiente li escluderebbe dalla linea evolutiva e sarebbero tagliati fuori. Non se lo possono permettere, a tutti i livelli, e ognuno a suo modo, secondo un proprio percorso, convergeranno verso quell’adattamento evolutivo che garantirà loro i migliori benefici. Il peggio per tutti gli altri è il meglio per loro.

Avevamo prospettive diverse, volevamo un ambiente diverso. Forse abbiamo sbagliato pianeta. O forse abbiamo semplicemente sbagliato partito.

martedì 16 giugno 2015

C'è un altro tipo di futuro

«Non siamo nati mica ieri, Capatàz».

No, non siamo nati mica ieri. Il Partito Democratico è stato l’unico partito del quale ho avuto la tessera e che, nel mio piccolo, ho contribuito a fondare, e a far vivere nel mio comune, Solbiate Olona, e nella mia provincia, la provincia di Varese. Tanto ho dato, ma soprattutto tanto ho ricevuto, da compagni di viaggio che sono stati – e continueranno a essere - prima di tutto amici, e che ringrazio infinitamente.

«Non siamo mica prigionieri di questa bella modernità».

Sì, perché questa presunta modernità non ci piace, non è nostra. Non è mia. Questa modernità in cui bisogna vincere per vincere, e il governo dei processi e le scelte politiche diventano gestione del potere. E non ci si scontra per delle idee, ma per la gestione del potere, appunto: che le riforme (ah, le riforme) siano in contraddizione rispetto a quanto abbiamo sempre sostenuto, rispetto a quanto c’era scritto nel programma di Italia Bene Comune, non sembra essere un problema. Tutto ciò non è mio.

«Se provi ad aprire la finestra, Capatàz, e coi tuoi occhi guardi fuori / Quante persone che non contano, e invece contano».

Contano eccome. Eppure non le rappresentiamo più. L’astensione cresce di elezione in elezione, ma il premier e Segretario del Partito Democratico non se ne preoccupa, perché l’unica cosa che conta è vincere. Il solco tra rappresentati e rappresentanti si amplia, e spesso è più profondo se i rappresentati vivono in condizioni di difficoltà. Per me è un problema, e per me quelle persone contano.

«Stanno soltanto aspettando un segno, Capataz / Questo vecchio segno, quando cambia il tempo / Quando cambia il tempo arriverà».

Come lo capiamo se il tempo è cambiato? Pensavamo fosse cambiato nel 2011, con i referendum sull’acqua, e con la vittoria di Milano, e pensavamo che questo processo sarebbe culminato nel febbraio 2013. Così non è stato. Nel febbraio 2013 è cominciata un’altra storia, segnata sin dall’inizio dal tradimento nei confronti di Romano Prodi, e con lui di un’idea di democrazia fondata sull’alternanza. Una storia che ora si consolida giorno dopo giorno, e della quale non mi sento più parte. Ecco perché ho deciso di non rinnovare più la tessera del Partito Democratico.

«C’è un altro tipo di futuro, Capatàz».

Sì, c’è un altro tipo di futuro. Costruito insieme a quelli «che non contano, e invece contano». Un futuro che abbia «l’uguaglianza come motore, come condizione di partenza tra le persone, nei diritti e nei doveri e, appunto, nelle possibilità».

Domenica parteciperò all’Assemblea fondativa di Possibile. E lo farò con lo stesso entusiasmo con il quale ho fondato il Partito Democratico, per costruire una proposta di governo con i piedi saldi nel centrosinistra e contemporanea: aperta alla partecipazione di base che non scade nell’assemblearismo finto (al quale ci hanno abituato le Direzioni del Partito Democratico nell’ultimo anno e mezzo) e con parole d’ordine precise e chiare sui temi che la politica finora ha ignorato.

C’è un altro tipo di futuro. Un futuro Possibile.