lunedì 15 settembre 2008

Prima che sia troppo tardi

di Ivan Vaghi

Nel nostro scombinato paese ci può anche capitare di sentire il ministro della difesa pronunciare parole di accorato ricordo rivolte ai militari della Repubblica di Salò, e il sindaco della nostra capitale difendere l’esperienza storica del fascismo. Considerando da dove vengono questi personaggi non c’è da stupirsi, è già più stupefacente che, a parte qualche esponente del PD e il Presidente della Repubblica, non ci sia stato nessuno che sia insorto con indignazione. Giusto per dare un paio di informazioni: la Repubblica Sociale (o Repubblica di Salò), estremo tentativo di Mussolini di rimanere a capo di un qualche governo dopo l’armistizio firmato dall’Italia, NON rappresentava legalmente la cittadinanza italiana, perché il re Vittorio Emanuele, personaggio peraltro imbarazzante, aveva revocato a Mussolini l’incarico di governo e lo aveva conferito a Badoglio, che aveva deciso di firmare l’armistizio. La revoca dell’incarico era nei pieni diritti del re in ottemperanza alle leggi in vigore, volute e approvate dallo stesso governo fascista. Questo vuol dire che il solo governo legittimo era quello di Badoglio (era stato riconosciuto da tutto il mondo compreso il governo fascista spagnolo di Franco), che la Repubblica Sociale si era resa responsabile di un colpo di stato, con l’aiuto dei carri armati tedeschi, e che non aveva legittimità internazionale (era stato riconosciuto solo da Germania e Giappone, le due nazioni alleate di Mussolini). La Repubblica Sociale operava in una situazione in cui a comandare davvero non era Mussolini, ma Kesserling, capo delle forze armate tedesche in Italia, Wolff, capo della polizia, e Rahn, plenipotenziario politico, che vagliava le direttive della Repubblica facendo passare solo quelle gradite ai tedeschi. Il proclama di fondazione dello Repubblica Sociale prevedeva l’indivisibilità della Patria, peccato che dopo l’8 settembre la Germania si fosse annessa dei territori (Alto Adige e parte del Friuli) senza che Mussolini avesse niente da dire in proposito, così come non ebbe niente da dire sulle deportazioni di civili italiani verso le fabbriche della Germania (mezzo milione di persone, mica bruscolini), per non parlare della trafugazione di materie prime, manufatti, materiale di ogni genere (perfino le traversine dei binari) e tutto quello che poteva servire allo sforzo bellico tedesco, oltre alle già scarse risorse finanziarie del nostro paese. La Repubblica Sociale ha combattuto al fianco di un paese invasore, la Germania appunto, che si stava rendendo responsabile di crimini assurdi e orrendi, come le stragi di civili delle Fosse Ardeatine, di Sant’Anna di Stazzema, di Marzabotto e di tante altre in cui donne, uomini, vecchi e bambini sono stati massacrati nei modi più orrendi (per chi vuole stare male si faccia una semplice ricerca in rete), senza che Mussolini o chi per lui avesse niente da dire in proposito. Uno degli “uffici” della Repubblica Sociale si chiamava Ufficio Razza, e aveva il compito di mettere in pratica le direttive tedesche relative alla deportazione e allo sterminio degli ebrei. Tanto per restare in tema, uno degli impiegati di questo ufficio si chiamava Giorgio Almirante, che poi diventerà segretario dell’MSI e nume tutelare di un certo Pino Rauti (a suo tempo arrestato per la strage di Piazza della Loggia a Brescia e per altre “cosucce” del genere) che avrà a sua volta l’orgoglio di diventare suocero di Alemanno, guarda un po’, il sindaco di Roma. Ripeto, è difficile stupirsi di certi atteggiamenti e certe prese di posizione, ma più difficile ancora è mandare giù il concetto che questa offensiva revisionista avvenga nella quasi totale indifferenza della gente, a partire dai personaggi istituzionali. Perché, a parte il nostro Presidente, nessuno dei personaggi più importanti della Repubblica, il Presidente del Consiglio, i Presidenti della Camera e del Senato, tutti i leader dei partiti di maggioranza e i governatori delle regioni di centro destra, ha detto una sola parola di condanna verso questi veri e propri insulti rivolti a quelli che hanno veramente combattuto, e sono morti spesso uccisi dalle milizie repubblichine, per la libertà e la democrazia nel nostro paese. La Resistenza è stato il motivo per cui ex-neofascisti hanno la possibilità di avere responsabilità di governo, ma a loro evidentemente questo non basta, vogliono stravincere e lavorano per cancellare il ricordo di quella loro sconfitta che evidentemente ritengono una usurpazione del destino e non un atto di giustizia storica. Purtroppo non c’è, come ripeto, reazione, e ce ne sarà sempre meno, perché chi conserva la vera memoria di quel periodo è sempre più vecchio e stanco. Devo per forza riportare l’esperienza vissuta poco tempo fa, in occasione delle cerimonie del 25 aprile a Solbiate (colgo comunque l’occasione per ringraziare l’amministrazione che si sforza di mantenere il ricordo della Liberazione, anche se non ho visto moltissimi consiglieri o esponenti della Giunta). E’ stato invitato un ex partigiano ed ex deportato, che doveva raccontare la sua esperienza e la sua storia a una platea di cittadini convenuti nel centro socio culturale. Purtroppo si è avuta la malaugurata idea di far coincidere questo incontro con una specie di concerto dei ragazzi delle scuole medie, che non erano stati preparati all’incontro e a cui non fregava niente di quello che diceva quel vecchio noioso con il fazzoletto rosso delle Brigate Garibaldi al collo. Hanno fatto talmente tanto casino che si è dovuto interrompere il racconto. Non temete, non si è indignato nessuno, anzi, erano tutti sollevati che il vecchio partigiano avesse finito anzitempo, perché era molto più importante sentire dei ragazzini che massacravano onorati brani musicali in un contesto completamente sbagliato. Siamo a questo ormai, alla noia del ricordo che prepara la strada alla manipolazione della verità. Spero solo che non sia troppo tardi.

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