giovedì 17 aprile 2008

Risultati elettorali

(lettera aperta ai membri del circolo di Solbiate Olona e a tutti gli elettori del PD)

Parliamoci chiaro, è stata una disfatta. Al di là delle peggiori previsioni, sia a livello nazionale che locale (ci metto anche Solbiate Olona) perché qualche voto in più non può lasciare soddisfatti. Non dimentichiamo la grande differenza che c’è stata nelle ultime due elezioni in termini di avvicinamento alla campagna elettorale, come la costituzione del circolo, l’incontro con Millefanti, il blog, il volantinaggio, qualche persona in più che si è impegnata nella campagna, e non dimentichiamo il piccolo capitale di voti ceduto dai partiti della sinistra radicale che il PD, così come è avvenuto a livello nazionale, non è riuscita ad intercettare. Ma siamo giovani, ci rifaremo.
Volevo giusto avanzare qualche considerazione che magari può essere argomento di discussione, su questo blog o sulle prossime riunioni di circolo (che tutti gli interessati sono invitati a frequentare se lo desiderano). La prima è che io personalmente alla rimonta ci credevo, magari non completa ma significativa. Invece il distacco che c’era alla caduta del governo Prodi si è mantenuto intatto al momento delle elezioni e a questo punto, come diceva quel tale, la domanda sorge spontanea: chi cavolo è che li fa i sondaggi per il PD? Se i sondaggi erano farlocchi invito Veltroni a disfarsi di questi incapaci, se invece ce li hanno raccontati Berlusconi-style, cioè adattati in modo da usarli da specchietti per le allodole per gli indecisi, allora spero che questa sia la prima e l’ultima volta che accade, perché mi ostino a ritenere che la politica sia una cosa seria e che bisogna avere rispetto per gli elettori (anche per chi non vota per noi) e per i militanti (idem). Sempre sul tema rimonta penso che un po’ tutti noi ci siamo fatti “ingannare” dalla grande partecipazione di pubblico che Veltroni era riuscito a catalizzare durante il suo tour elettorale, soprattutto in confronto al profilo molto più basso dei nostri avversari. Qui ci addentriamo nella sociologia, ma senza dilungarmi vorrei solo citare quello che disse Giancarlo Pajetta all’indomani delle elezioni del 1948 (poi stravinte dalla DC), quando i comizi dei dirigenti comunisti erano seguiti da folle oceaniche: “quello che non avevamo capito è che con noi c’era solo la maggioranza della popolazione politicamente attiva”. Credo che più o meno sia la stessa cosa successa adesso: la maggioranza della popolazione che pensa, riflette, e che ha davvero a cuore il futuro dell’Italia non può fare altro che votare PD, ma purtroppo c’è nel nostro paese, e dal ‘48 in poi non è cambiato niente, una grande massa di persone (la cosiddetta maggioranza silenziosa) che pensa esclusivamente ai propri interessi spiccioli e che è disposta senza nessuna remora a dare il suo voto a chi sembra poterglieli garantire. Non è mancanza di rispetto, non mi contraddico rispetto a prima, dico solo che ci sono decine di milioni di italiani che non sono politicamente attivi, che non hanno nessuna intenzione di diventarlo, e che soprattutto possono essere mobilitati solo se si va ad intaccare la loro sfera privata, da cui non vogliono uscire. Gran parte del successo della Lega viene a parer mio dall’aver demonizzato gli immigrati e fatto cadere su di loro tutte le responsabilità dei crimini, così come il successo di Berlusconi viene dall’aver fatto credere che si può vivere meglio, con servizi migliori e con maggiore ricchezza pagando meno tasse. E non importa se poi queste cose non sono vere, l’importante è dirle. Io non so come si potrebbe fare, ma è inevitabile dover andare a parlare con queste decine di milioni di persone, se necessario una ad una, altrimenti le elezioni non le vinceremo mai a meno di sperare in tracolli economici causati dai nostri avversari, eventualità più che possibile ma che sinceramente non mi auguro. Evidentemente qui si inserisce il grosso problema della comunicazione e di come effettuarla.
L’altra questione importante l’ho già accennata in precedenza. La sinistra radicale ha perso circa il 7% dei voti rispetto a due anni fa. Al di là di tutti i discorsi relativi ai flussi di elettori che vanno da un partito all’altro, questione interessante ma puramente accademica, per quale motivo questi voti sono andati alla Lega e non al PD? Parlo di spostamenti netti di voti, perché questo è quello che è successo. Se anche il PD ha guadagnato voti a “sinistra” ne ha persi altrettanti a “destra”, quindi il risultato netto è stata una riconferma dei voti dell’Ulivo (più o meno). Questo significa che non è servito a niente, nel breve periodo, aver fondato un nuovo partito, aver scelto di stare da soli, avere (e questo un po’, tra di noi, ce lo dobbiamo dire) preso le distanze dal governo Prodi, efficace ma impopolare, avere cambiato leader e averne scelto uno con un appeal mediatico sicuramente migliore. Il risultato è che abbiamo perso tanti elettori quanti ne abbiamo guadagnati, senza quindi essere riusciti a “sfondare” a livello di impatto politico, nonostante ci fossero tutte le premesse. E’ possibile che nel lungo periodo i risultati saranno migliori, mi chiedo però che cosa non ha funzionato nell’immediato, perché è evidente che qualcosa non ha funzionato: se la sinistra radicale non si fosse dissolta è probabile che il PD avrebbe subito una perdita secca, e su questo credo che sia opportuno riflettere. Non credo che siano state sbagliate le scelte strategiche, ma è probabile che qualche altro errore sia stato fatto, se qualcuno ha qualche idea lo invito ad illuminarmi.
Un’ulteriore considerazione viene dalla portata storica di queste elezioni. La questione è passata quasi inosservata, ma per la prima volta dall’inizio della Repubblica nel nostro Parlamento non ci saranno più i comunisti e i socialisti. Non sto parlando dei partitini odierni, sto parlando della grande tradizione sociale e politica del nostro paese, della forza ideale e ideologica che ha mantenuto in vita l’antifascismo, che ha animato la Resistenza, che ha contribuito all’avvio della democrazia nel nostro paese, che è stata il punto di riferimento per decenni di milioni di lavoratori e lavoratrici (uso il loro lessico) che hanno operato per consentire ai loro figli e ai loro nipoti di vivere in un paese in cui valesse la pena vivere. Adesso, loro malgrado, si sono fatti da parte. Spero di non essere l’unico a provare una profonda tristezza. Spero anche, ma di questo sono molto meno convinto, che ci sia qualcuno di quelli che in questi anni si è fatto abbindolare dalla demonizzazione dei comunisti, che secondo Berlusconi continuano a mangiare i bambini e continuano a cospirare per l’avvento di un regime stalinista, che possa fermarsi un attimo a riflettere su che cosa hanno veramente rappresentato i comunisti nel dopoguerra. I comunisti sono quelli che alla fine della guerra, nonostante fossero tanti e fossero armati, non hanno voluto tentare una rivoluzione che in quel momento era sicuramente possibile; sono quelli che hanno accettato, nel nome del supremo interesse nazionale, di votare norme e decreti che andavano contro gli interessi delle classi sociali più deboli (non sto a citarli tutti, ad esempio i provvedimenti anti inflazione del ministro Einaudi che hanno causato un aumento pazzesco dei disoccupati); sono stati quelli che hanno richiamato all’ordine gli operai che avevano occupato le fabbriche e paralizzato l’economia all’indomani della Liberazione per “vendicarsi” degli industriali collaborazionisti dei tedeschi; sono stati quelli (quando Togliatti era ministro della Giustizia) che hanno voluto l’amnistia per gli ex-fascisti in nome della pacificazione nazionale; sono stati quelli, e qui mi farò dei nemici ma non me ne frega niente, che hanno accettato, per non creare tensioni sociali, di inserire i patti lateranensi all’interno della Costituzione, unico Stato democratico al mondo che ha inserito nella Costituzione un accordo con un paese straniero (e chi capisce di Giurisprudenza sa che si tratta di un assurdo); i comunisti in Italia sono quelli che hanno sfidato l’Unione Sovietica criticando le decisioni degli interventi armati a Budapest e Praga e ottenendo in cambio l’emarginazione dell’”eurocomunismo” in nome dell’irrinunciabilità alla democrazia e alla non violenza. In tempi più recenti non dobbiamo dimenticare la fiducia che i partiti di sinistra hanno dato, all’indomani del sequestro Moro, ad un governo democristiano in grave difficoltà e che era sul punto di cadere per i fatti suoi, sempre nell’ottica della pacificazione nazionale e per non creare tensioni sociali. Per non parlare del lavoro che gli attivisti comunisti e socialisti hanno fatto nel corso degli anni 40 e 50 per rendere consapevole una grande massa di italiani spesso ignoranti e analfabeti di quale fosse il significato della democrazia e della partecipazione, attraverso i comizi, le case del popolo, la distribuzione dei giornali. Tutta gente che ha cominciato a concepire uno sviluppo autonomo della propria personalità, dopo decenni di fascismo e di clericalismo (mi sono fatto altri nemici ma continua a non fregarmene niente) in cui c’era chi ti diceva cosa fare senza avere possibilità di replica. Se guardiamo ai socialisti poi bisogna andare ancora più indietro, e riconoscere il ruolo di aggregazione che hanno avuto per la classe operaia di fine ottocento, che proprio grazie ai socialisti ha acquisito la consapevolezza di non essere solo un accessorio della fabbrica, ma persone che avevano un ruolo fondamentale all’interno del processo produttivo, e quindi soggetti produttori di ricchezza alla pari degli imprenditori.
Che cosa hanno avuto in cambio? Il disprezzo di politicanti che si credono furbi, gli sghignazzi di chi sta lavorando per arricchire se stesso e i propri amici, ma soprattutto la terrificante indifferenza di milioni di italiani. Dovrei essermi abituato, ma non riesco a rassegnarmi alla superficialità di quei ragazzotti che votano Lega o peggio perché, come dice de Gregori in una sua canzone, “pensano di avere delle idee”, mentre invece hanno la testa vuota e soprattutto non sanno un beneamato cazzo della storia del nostro paese, e soprattutto non riesco a rassegnarmi all’ipocrisia e alla rassegnazione di tutti quelli che ragazzi non lo sono e che in parte la nostra storia l’hanno pure vissuta. Quelli che hanno beneficiato dello Statuto dei Lavoratori dovuto in gran parte al lavoro dei sindacati di sinistra, quelli che hanno vissuto meglio dei loro genitori grazie al grande sforzo militare, sociale e politico dei partiti di sinistra dalla guerra di Liberazione in poi, quelli che sanno che la libertà di parola, di stampa, di opinione e di religione (ebbene sì anche quella, e chi se ne frega se adesso ho più nemici che amici) non sono cose scontate ma sono state conquistate, e molto prima che un magnate della televisione fondasse un partito e si arrogasse il monopolio delle libertà individuali e collettive. Anche la sinistra italiana, e da una posizione di prima linea, ha consentito che il nostro paese fosse uno stato libero e democratico, e mi piacerebbe che quelli che fanno finta di dimenticarsene si vergognino un po’, almeno per qualche minuto. I socialisti e i comunisti hanno probabilmente esaurito il loro ciclo storico, ma non si meritano indifferenza e sghignazzi, soprattutto da parte di alcune mezze seghe della nostra politica che, se ci fosse ancora in giro gente come Togliatti, Nenni, Pajetta, Longo, Saragat, Amendola, Pertini, Berlinguer e chissà quanti ne ho dimenticati, potrebbero giusto fare le pulizie nelle sedi di partito.
Mi scuso per gli eventuali eccessi dialettici e per essermi “infervorato”, ma è stata una lunga premessa per dire che adesso è rimasto solo il PD a portare sulle spalle tutta quell’eredità politica e storica, e spero proprio che non se ne vorrà dimenticare. Penso che il progresso delle idee e delle prospettive sia necessario e auspicabile, e l’averlo ignorato è stata forse la causa della scomparsa della sinistra radicale, ma penso anche che tutto il lavoro di chi ci ha preceduto, e ci metto anche il patrimonio politico della Democrazia Cristiana “sociale” che è confluito nel PD attraverso il Partito Popolare e la Margherita, è la migliore base di partenza per non perdere di vista i concetti fondamentali che ci spingono a credere in questo partito. E lo dico all’indomani di una sconfitta elettorale, proprio perché è il momento in cui maggiore è la tentazione di liberarsi di ciò che magari crediamo essere una zavorra. Bisogna avere sangue freddo e continuare a lavorare, con “autocritica” (messo tra virgolette perché concetto tipico comunista, citazione colta) e valutando attentamente gli eventuali errori commessi e i possibili miglioramenti, ma senza buttare via tutto quello che di buono è stato fatto in precedenza. Non vorrei pertanto che il PD enfatizzasse troppo il concetto di “nuovo” perché nuovo non sempre è necessariamente giusto, ma che sviluppasse meglio il concetto di “innovativo”, che vuol dire progresso e quindi è più probabile che sia giusto. Spero che sia possibile continuare questo discorso, per il momento saluti a tutti
Ivan Vaghi

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