martedì 15 luglio 2008

C’era una volta

di Ivan Vaghi



C’era una volta un grande paese, che si chiamava Stati Uniti d’America, potente e industrializzato, che aveva talmente tanta fiducia in se stesso che non si preoccupò di controllare la programmazione economica del suo sistema finanziario, tanto che a un certo punto le banche entrarono in crisi. Le industrie infatti producevano sempre di più, e per sviluppare i consumi le banche avevano cominciato a concedere crediti a privati senza garanzie. Quando però le banche si resero conto che i crediti faticavano a rientrare perché i privati erano arrivati oltre la soglia massima delle proprie possibilità di acquisto, i crediti stessi non vennero più concessi, cosa che causò un accumulo dei prodotti. La presenza sul mercato di una grande quantità di merce causò il crollo dei prezzi perché le aziende erano costrette a liberarsi delle scorte per poter sopravvivere.
Era già da un paio di anni che i segnali andavano in quel senso, ma nonostante ciò le banche continuavano a concedere crediti sia ai privati che alle industrie che, non avendone bisogno, li reinvestivano sia in borsa, determinando un aumento del valore dei titoli al di là dei riscontri industriali dei titoli stessi, sia nel settore immobiliare. Solo che per vendere le case, e quindi rientrare dagli investimenti, le banche concessero mutui senza garanzie. Un giorno le aziende non ce la fecero più e ci fu una vendita in massa dei titoli, la borsa crollò in un tiepido mattino di ottobre e le banche cominciarono a fallire, avendo esse stesse grandi quantità di azioni e una grande quantità di capitali immobilizzati nei mutui, che però non venivano onorati. Fallirono ovviamente anche numerose aziende, nonostante in un primo tempo fossero state costrette a far crollare i prezzi per liberarsi delle scorte. La chiusura delle aziende fece aumentare la disoccupazione e diminuire ulteriormente i consumi, facendo così accelerare il processo.
Molti paesi europei, dipendenti in modo stretto dall’economia americana, ne risentirono, soprattutto perché ci fu una scelta protezionistica da parte degli Stati Uniti che limitò le esportazioni europee.
In tutto il mondo occidentale ci furono anche conseguenze politiche alla crisi economica, perché i gravi disordini sociali determinati dall’aumento della disoccupazione e dalla diminuzione del potere d’acquisto dei salari portarono i vari governi a deviare su posizioni più autoritarie, cosa che determinò rivoluzioni, scontri e in alcuni casi vere e proprie dittature.
Non è fantapolitica, e non è nemmeno una brutta favola, è semplicemente quello che successe veramente all’indomani del 24 ottobre 1929, quando la borsa di Wall Street crollò e si portò dietro tutta l’economia del mondo occidentale. Se qualcuno crede di avere intravisto in questo racconto una situazione simile a quella attuale ha perfettamente ragione, perché stiamo percorrendo gli stessi identici passi di allora, solo con tempi più allungati. Il crollo della borsa si è già verificato, solo che non è avvenuto di botto ma lungo diversi anni a partire dal 2000, mentre la crisi dei mutui sta cominciando a mettere in ginocchio diversi colossi bancari, finora sostenuti dall’acquisto di titoli per il valore di miliardi di dollari da parte di Cina e paesi arabi, ma non sappiamo fino a quando durerà. E’ GIA’ SUCCESSO!!! Non so se si è capito, anzi si è capito benissimo dal momento che la perdita di potere di acquisto e l’aumento dell’inflazione si sono già fatti avanti. Mi piacerebbe sentire cenni di programmazione economica prima che a tutto questo si aggiunga anche una disoccupazione devastante, ma finora non ne ho sentiti. Già, perché qualcuno sta perdendo tempo con i lodi Schifalfano, leggi bloccaprocessi e amenità di questo tipo…

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