sabato 12 marzo 2011

Dialogo tra un nizzardo e un bergamasco, una sera d’estate del 1860, in Calabria.

di Ivan Vaghi

- Raccontami del tuo paese Piccinini, sei di Bergamo vero? -

- Della val Seriana Giuseppe, Pradalunga, ma più bello ancora è Selvino, sull’altopiano. Mio padre mi portava a caccia e sai cosa mi piaceva? Andare in cima al monte Purito e guardarmi intorno, non ci sono montagne più alte e puoi vedere finché tirano i tuoi occhi. Da una parte hai la val Seriana e dall’altra la val Brembana, puoi intuire la grande pianura a sud e se ti giri hai tutte le Alpi davanti, a farti corona. Qualcuno dice che nei giorni sereni si può vedere anche Venezia e anche Milano, ma questo proprio non è possibile, e poi non serve immaginare quello che non vedi, è già tanto quello che puoi abbracciare con lo sguardo. Nelle sere d’estate stavamo lì fino al tramonto, a vedere l’ultimo raggio rosso che trafiggeva il cielo sopra il verde degli alberi. Uguale nei mattini d’inverno, il rosso dell’alba sopra il bianco della neve. Pensavo che non ci fosse posto più bello al mondo. -

- E adesso cosa pensi? -

- Ho capito che ce ne sono molti altri, ma non potevo immaginarlo allora. In fondo ho visto la prima volta il mare a Quarto, quando ci siamo imbarcati. Sono piccoli i luoghi in cui abbiamo sempre vissuto, e c’è così tanto mondo da vedere. -

- E così poco tempo Piccinini, basta una palla dei borbonici bene assestata e non avremo più alcun mondo da vedere. -

- Non succederà stanotte Giuseppe, sono andato in cima a quell’altura e non ci sono truppe borboniche in vista, a parte quelle che si sono schierate dalla nostra parte. Per ore ho guardato con il cannocchiale verso nord, ho mandato vedette e staffette. Sono rimasto fino al tramonto, e quando avevo deciso che era sufficiente mi sono girato. Non puoi sapere Giuseppe, mi sono girato, e l’ho vista! -

- Chi hai visto? -

- L’Italia Giuseppe, ho visto l’Italia. Avevo davanti Messina, e l’Etna, e tutta la Sicilia alle sue spalle, di fianco Lipari e le altre isole, in fondo Stromboli immersa in un blu profondo. Sotto di me prati infiniti di ginestre e l’odore del gelsomino che ti può stordire, e più in basso, lontano, Scilla e la sua riva di sabbia e cristallo. Sopra di me l’ultimo raggio rosso del tramonto che trafiggeva il verde delle foreste e la schiuma bianca del mare. L’ho seguito che puntava oltre, verso i nostri luoghi, e per un secondo mi è sembrato di vederci in fondo Selvino. Ci sarà stato sicuramente un ragazzo lassù che guardava dalla nostra parte e che ha i nostri stessi sogni. -

- Hai la mia parola Piccinini. -

- Riguardo a cosa Giuseppe? -

- All’Italia, hai la mia parola che la facciamo sul serio quest’Italia, è il nostro destino. -

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