lunedì 21 marzo 2011

La lunghezza del naso

di Ivan Vaghi

Una mia compagna di classe di liceo ha vissuto a lungo in Libia. Il padre era ingegnere petrolifero, Tripoli per loro era un luogo in cui si sperimentava il privilegio di chi lavora per il governo in un paese in via di sviluppo. Sarà stato questo, sarà stato che all’epoca era una ragazzina e i parametri sono diversi, ma mi raccontava che la Libia era un luogo splendido e che i libici amavano Gheddafi più della mamma. Noi invece da qui ne avevamo una scarsa considerazione: Lockerbie, i missili su Lampedusa, il controverso attacco degli americani, ci sembrava davvero un vicino scomodo, al di là delle stravaganze.

I tempi però cambiano e anche gli interessi ad essi collegati, improvvisamente la Libia diventa un partner politico e commerciale di primaria importanza. Il passato? Dimenticato, cosa facciamo, roviniamo un’amicizia per una bomba messa su un aereo in Scozia? Intanto però i libici cominciavano a dubitare che Gheddafi fosse meglio della mamma, cosa che d’altra parte si stava facendo anche in Egitto, in Tunisia, nel Bahrein e chissà dove altro. Lenin diceva che se ci sono le condizioni per una rivoluzione l’unica cosa che serve è una scintilla per farla scoppiare. Forse aveva ragione, ma si sa, le rivoluzioni sono sempre un casino, sarebbe meglio evitarle. Soprattutto perché di solito c’è qualcuno alle spalle che cerca di approfittarne: è vero che da noi si parla tanto di nucleare e di rinnovabili, ma il mondo funziona ancora a petrolio e questo lo sappiamo tutti.

Quindi siamo in questa situazione, lunghi anni in cui la politica estera del mondo occidentale non è riuscita a guardare più in là del proprio naso per coltivare interessi immediati: stabilità nella regione, forniture di materie prime, controllo dell’emigrazione. Sempre Lenin diceva che quando è necessario bisogna mettersi d’accordo anche con il diavolo. Lezione imparata. Il mondo è pieno di diavoli con cui in un modo o nell’altro ci siamo messi d’accordo. I diavoli poi hanno un ulteriore vantaggio: puoi accusarli di essere cattivi quando non ti servono più. Allora li puoi bombardare, invadere, fare impiccare, accusare di ogni nefandezza e nessuno si sognerebbe di darti torto, anzi, tutti ti sosterranno. L’unico problema è che devi ricominciare tutto da capo e trovare altri diavoli da sostenere, e se non ci sono li devi inventare (mai sentito parlare di Batista, Pinochet, lo stesso Saddam?).

Se si provasse invece a guardare più in là del naso, o magari cercare qualcuno che abbia il naso un po’ più lungo? Mantenere i paesi in via di sviluppo in una perenne situazione di subalternità del mondo occidentale non risolve niente, mettere la polvere sotto il tappeto non la fa sparire e prima o poi si ripresenta, magari tutta insieme. Sarà un problema di chi viene dopo di noi, dirà qualcuno. Bene, i nostri figli ringraziano commossi.

Quella mia compagna di liceo, si chiama Sabrina, adesso vive in America e fa la veterinaria. Chissà cosa pensa a vedere i suoi nuovi compatrioti che bombardano la casa in cui è stata felice e le persone con cui ha vissuto per anni. Qualcuno le dirà che bisogna esportare democrazia.

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