venerdì 29 gennaio 2010

La libertà è domani


La memoria è un esercizio sottovalutato, l’atteggiamento considerato vincente è quello che guarda avanti, che non si fa condizionare dal passato. Così facendo però si rischia, semplicemente, di non capire, perché non c’è niente di non ancora successo che ci possa insegnare qualcosa.

Al teatro Politeama di Varese, la mattina del 27 gennaio, qualcuno ci ha raccontato qualcosa di già successo, e qualcuno, speriamo, ha imparato. E’ stato il racconto di Francine Christophe, allegra signora francese sopravvissuta alla deportazione nel campo di Bergen Belsen, che instancabilmente gira l’Europa per raccontare che “questo è stato”. Ma non è stata lei direttamente a raccontarcelo, bensì uno spettacolo musicale allestito dai ragazzi del Liceo Artistico Frattini di Varese, che hanno messo in scena alcuni episodi narrati nel libro “Non sono passata per il camino”, proprio di Francine Christophe. Lo spettacolo è intitolato “Da grande voglio fare il teatro”, ed è rappresentato dalla compagnia Artistichorus del Liceo Frattini diretta dal prof. Minidio: la piccola Francine, all’epoca otto anni e mezzo e colpevole di essere ebrea, viene deportata con la madre in due diversi campi di raccolta in Francia prima di essere trasferita a Bergen Belsen, e proprio in questi campi i deportati come lei, per farsi forza ed esorcizzare la paura, decidono di allestire uno spettacolo, sfruttando i talenti artistici di alcuni di loro. Tra di loro ci sono infatti cantanti professionisti, ballerini, musicisti, persino l’impresario del teatro di Montmartre. “Di sessanta di quello spettacolo” - racconta Francine - “ne conto solo sei sopravvissuti”.

E’ coraggioso l’allestimento dei ragazzi dell’Artistico, semplificano il contesto perché non ci siano distrazioni, fanno convergere l’attenzione verso le musiche, i balli, i canti (per inciso, tutti i ragazzi sono stati fantastici), perché sia chiaro quale doveva e voleva essere il messaggio di quegli artisti che sapevano di non avere un futuro: noi siamo persone, siamo esseri umani con desideri e passioni, paure e speranze, e noi allora vogliamo manifestare tutto questo, attraverso quello che sappiamo fare meglio, attraverso quello che amiamo di più. Se dobbiamo morire lo faremo cantando. E’ un messaggio senza tempo e senza limiti, sottolineato dalla scelta di musiche e canzoni dell’epoca ma non solo, mescolando una struggente La vie en rose a un pesantissimo heavy metal, sovrapponendo le canzoni popolari ebraiche e francesi ai Doors e a Cindy Lauper, perché non ci sono tempi “malati”, confinati in un’epoca lontana letta sui libri. Ci sono invece uomini che si perdono, e quindi quei tempi possono tornare, e tornare ancora. Lo spettacolo non racconta lo sterminio, il libro lo fa ma è un’altra storia, è la storia del fondo che forse è inevitabile toccare prima di darsi la spinta per risalire. Non era questo lo scopo dei ragazzi, loro hanno voluto rappresentare comunque la speranza e la resistenza a qualcosa che forse non si può cambiare ma che se vorrà la nostra vita allora se la prenderà trovandoci ancora, indiscutibilmente, vivi.

La stessa Francine Christophe, una volta salita sul palco per parlare con i presenti, ha dichiarato la sua commozione alla visione dello spettacolo, e ha raccontato episodi tristi e lieti di una vicenda di cui solo la memoria si può far carico. Ci ha soprattutto fatto capire che è fondamentale il passaggio da memoria individuale, destinata a breve a soccombere, a memoria collettiva, l’unico anticorpo per riconoscere l’arrivo di nuovi ed eventuali tempi malati. Ci ha salutato rinnovando una speranza, quella che ha sorretto una bambina per tre lunghi anni in condizioni che davvero non possiamo immaginare, ed è quello che i deportati si continuavano a ripetere per farsi forza: “coraggio, la libertà arriverà, la libertà è domani”. Qualsiasi cosa ci possa capitare, non ci avranno. Prima o poi la libertà arriva, forse già domani.

L’incontro, organizzato dalla Consulta Studentesca di Varese, che organizza le rappresentanze studentesche delle scuole medie superiori, è stato anche l’occasione per consegnare un riconoscimento a molti cittadini del Varesotto che durante la guerra sono stati deportati in Germania per lavorare nelle fabbriche tedesche, tra cui il solbiatese Germano Saporiti. Le medaglie, ai sopravvissuti o a loro parenti, sono state consegnate dal Prefetto di Varese Simonetta Vaccari, alla presenza di svariate autorità e rappresentanti delle forze armate, sia in carica che in congedo. E’ stato il nostro Giorno della Memoria, il nostro giorno della libertà.

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