giovedì 1 aprile 2010

In questo mondo

In questo mondo in cui regnano i folli
in cui governare fa rima con comandare

In questo mondo che salva le banche e condanna la gente
in cui anche l’acqua è per le mani di pochi

In questo mondo che usa le religioni per i propri interessi
in cui le religioni sono contente di essere usate
per i propri interessi

In questo mondo son morti i poeti ma abbiamo un sacco di idioti
che si fanno del male e ne vanno anche fieri

In un mondo dove il diverso è straniero e lo straniero è il nemico
in cui il diverso è nemico

In questo mondo che non ha più paura della sua cattiva coscienza
in cui basta mettere a tacere la sofferenza

In questo mondo che confonde paura e coraggio
che ha perso per strada il proprio futuro
in cui il futuro è un miraggio

In questo mondo che ha nostalgia di chi spadroneggiava
in questo modo verrà consolato

In questo mondo che ha perso onore e speranza
che si dimentica di avere dei figli
che serve costanza

In questo mondo dove la libertà è una croce su un foglio
ed è più facile così che conquistarla
ed ogni giorno difenderla

In questo mondo dove siamo costretti a parlare per niente
in cui nessuno più ascolta nemmeno se stesso
per non essere costretto a farsi domande

In questo mondo in cui chi ci crede è perverso
in cui ideale è una parola malvagia
in cui discutere è fuori discussione
in cui criticare è da malintenzionati
in cui dubitare è solo perversione

In questo luogo che ci vuole stranieri

In questo tempo che spegne i pensieri
non accettiamo di assecondare il rancore
di chi ha messo un telecomando al posto del cuore

In questo mondo dove i sorrisi nascondono la morte delle coscienze
siamo qui ancora che alziamo con forza
la nostra bandiera
di anime salve

(dedicata a Fabrizio de Andrè)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

C’era una volta un grande partito, si chiamava Comunista, ed era famoso in tutta Italia perchè era massiccio e potente. Era “l’opposizione”, incombeva. Nel frattempo governava le amministrazioni locali, e le governava talmente bene da diventare rinomato per la sua capacità di buongoverno delle regioni. Sarebbe difficile riassumere tutte le vicende di questa lunga storia: ci basterà dire che, di essa, oggi osserviamo la fine. L’opposizione di centro-sinistra nelle elezioni amministrative del 2010 riporta, probabilmente, la sua più grande e cocente sconfitta di sempre. Battuta in tutte le regioni che sarebbe stato opportuno vincere, resiste a fatica nelle roccaforti storiche, sempre più insediate da realtà e movimenti nuovi, non del tutto ancora compresi, molto spesso sottovalutati. Da ieri è del tutto chiaro, e lo è per tutti, che il centrosinistra in questo paese è all’opposizione. Prima, prima no, poteva non esserlo: c’erano le regioni, il grande consenso locale, la rinomata buona amministrazione; ma i cittadini, a tutto ciò, hanno voltato le spalle. Oggi il centrosinistra deve accettare la sfida di un ruolo diverso: quello di un’opposizione che sappia elaborare il lutto di una sconfitta amara, che si renda conto di avere le armi per ripartire e che sappia farlo. E’ necessario dunque un atto di umiltà, soprattutto da parte dell’attuale gruppo dirigente del maggior partito di opposizione, il PD. Bersani non è stato eletto alla segreteria con un programma di discontinuità, anzi: è stato votato da chi voleva dare “un senso” antico e solido a una storia che appariva troppo nuova per essere confortevole e familiare. Adesso, questa impostazione che pure non mancava di buoni contenuti, dovrà evolversi verso qualcosa di più, di ulteriore. La ripartenza verso il 2013, la traversata del deserto, si comporrà, come altre volte, di due elementi: di volti e di contenuti. Nuovi volti innanzitutto, perchè una classe dirigente degna di questo nome, con gli strumenti intellettuali adatti, sa riconoscere che una sconfitta di tale portata, su tutta la linea nel giro di tre anni (politiche, amministrative, europee, di nuovo amministrative), significa che si sta perdendo il controllo della situazione, che i propri strumenti di analisi, la propria visione del mondo, sono inadeguati. E una classe dirigente che ha a cuore la creatura che le è affidata sa che in questi casi bisogna favorire il passaggio verso il nuovo, un nuovo che deve essere coltivato, cresciuto e curato. Gli esempi non mancano. Prendiamo il caso di Laura Puppato, l’ormai noto sindaco di Montebelluna in forza al PD, che in una regione come il Veneto, in cui il neogovernatore vince con un elezione bulgara al 60%, in cui la lega è il primo partito con oltre il 35%, da sola rimedia oltre 26000 preferenze, staccando di 10000 lunghezze il più votato della Lega e a circa 300 voti dal più votato in assoluto, un ex-assessore PDL. E’ solo uno dei tanti esempi, dei tanti casi locali che di certo esistono: l’opposizione, la gente buona, ce l’ha, nascosta da qualche parte. Su di essa deve puntare. E attenzione, non si tratta di “nuovismo”, non è acredine verso un gruppo dirigente composto da “vecchi” (che pure, un po’ usati garantiti iniziano ad essere). Stiamo dicendo che, per questa dirigenza, è urgente, o lo sarà in breve tempo, rendersi conto della necessità di un passo indietro: e che, per questo, bisognerà preparare una squadra nuova, individuare nuovi talenti, proporre volti freschi che riescano ad essere credibili e competenti. Il tempo non manca, e forse non ce ne rendiamo conto. Abbiamo davanti tre anni senza elezioni: un enormità di tempo. Varie legislature della storia della Repubblica sono durate molto meno di tre anni, ma ben più significativo ricordare che da quando Berlusconi è sulla scena politica non sono mai passati tre anni senza che si votasse per qualcosa, fra elezioni politiche, amministrative, europee e referendum: mai, ci intendiamo?

Anonimo ha detto...

Anch'io sono rimasto male per il risultato elettorale ma quando, l'ultimo giorno di campagna elettorale alle 5.15 di mattina davanti ai cancelli di Mirafiori, vedendo Bersani ben pochi operai si sono fermati a salutarlo e uno gli ha persino detto "ma perchè non sei venuto prima", ho capito che più che vincere gli altri avremmo perso noi. Sapevamo che negli ultimi anni ci hanno voltato le spalle molti operai per rincorrere le illusioni di lega e persino PDL, ma è stata una spia di allarme che abbiamo ignorato. Una sana autocritica, di stampo marxiano, si impone. Forse siamo diventati troppo intellettuali e parliamo con un linguaggio che la gente non capisce. Abbiamo tre anni davanti per lavorare di "bassa soglia"; per riportare innanzitutto al voto i "compagni" che si astengono non vedendo prospettive e per incanalare lo scontento degli incazzati, che sono molti di più di quelli che hanno votato Grillo.
Sappiamo di essere nel giusto, cerchiamo il modo più semplice ed efficace di farlo capire alla gente.
Roberto Colombo