mercoledì 4 maggio 2011

25 aprile e (strani) dintorni

Volevo esprimere la mia perplessità sulle manifestazioni relative alla ricorrenza del 25 aprile, il cui programma è stato sicuramente ricco. La perplessità riguarda più il metodo dei contenuti: per noi che crediamo nella necessità storica di vivere in un paese libero e democratico, il 25 aprile rappresenta una festa nazionale, il primo giorno di sole, da celebrare come se fosse l’arrivo della primavera, o meglio, la nascita di una nuova epoca. Invece abbiamo nuovamente assistito a commemorazioni di defunti, compresi quelli della prima guerra mondiale e davvero è una scelta inspiegabile (è stato suonato l’inno del Piave, ditemi voi cosa c’entra), poi a corone di fiori, a messe per i morti di tutte le guerre, a mostre sulle assurdità della guerra e cose del genere. Insomma, l’elogio della tristezza, condita, anzi diluita in una commemorazione generalista che ha detto poco o niente di quella che insisto a definire come la primavera del popolo e della nazione italiana. Nessuna festa quindi, per l’ennesima volta, anche se l’ANPI ci aveva pure provato a renderla tale, chiamando una band molto conosciuta proprio per la sua verve festosa, la The Famousa Balcon Band, che ha accompagnato la presentazione del libro di Angelo Chiesa. Il suo ruolo però è stato marginalizzato da un dibattito (e poi ne parliamo) che la nostra amministrazione ha voluto inserire a tutti i costi, retrocedendo Angelo Chiesa dal ruolo di ospite d’onore a quello di ospite semplice. La band non è stata nemmeno citata nel programma, dove si parlava invece, con poca generosità, di intermezzo musicale. Una ulteriore occasione persa perche la Balcon è molto famosa in zona e la sua presenza avrebbe richiamato in Auditorium molta più gente di quella che invece era presente.

Ultima considerazione, però la più importante. La commemorazione ufficiale, quella patrocinata dall’amministrazione, è stata spostata al 1° maggio perché il calendario ha messo paura. Il 25 aprile, giorno di Pasquetta, c’è stata una commemorazione (quella vera, aggiungo io) che giocoforza è rimasta “confinata” ai membri dell’ANPI, perché il comune non ha ritenuto di doverla pubblicizzare.

Ma veniamo alla parte divertente. Abbiamo scoperto con grande sorpresa, nel giorno della presentazione del libro di Chiesa, che la Liberazione dell’Italia è avvenuta per merito dell’esercito italiano, che all’indomani dell’armistizio si è schierato con la popolazione e ha combattuto i tedeschi. Abbiamo di fronte due possibilità, metterci a ridere oppure buttare nel cesso i milioni di libri di storia che la raccontano diversamente. I milioni di libri di storia, basati sui documenti e sulle testimonianze di gente che in parte è ancora viva (vorrei chiedere ai revisionisti di aspettare almeno che siano morti tutti, giusto per rispetto nei loro confronti), dicono che l’esercito italiano all’indomani dell’8 settembre si è letteralmente dissolto, sparendo dalla faccia della Terra. Il 12 settembre del ’43 il Corriere della Sera titola in prima pagina: “Le forze armate italiane non esistono più”, dichiarazione del comando militare tedesco, che ci aveva messo tre giorni a far evaporare i militari che non erano scappati e a occupare l’Italia. Grandiosa prova di coraggio ed efficienza, non c’è che dire. È vero che molti militari hanno scelto la Resistenza, ma sono state scelte individuali o di singole unità, non certo di tutto l’esercito. Se è per quello poi sono state molte anche le scelte individuali di alleanza coi tedeschi e con la repubblica fascista. Se vogliamo fare a gara con gli esempi sono pronto. In realtà la vera resistenza dell’esercito italiano non è stata quella combattuta con le armi, ma il rifiuto degli internati militari ad aderire alla Repubblica sociale, anche se per molti (compresi alcuni solbiatesi) il rifiuto è stato dettato dalla paura di tornare in guerra, non dal rifiuto del fascismo. Infine è vero, come è stato detto, che il generale Cadorna era a capo del CLN, ma la sua era una carica onoraria, frutto del compromesso con gli Alleati che volevano nella direzione del CLN, in mezzo a quei sovversivi dei partigiani, un personaggio rassicurante. Di fatto quindi fu messo lì dagli angloamericani e non dall’esercito italiano (l’ho già detto che non esisteva più?). “Il mio è un potere poco più che formale”, ammette Cadorna nel suo diario, i veri capi erano Longo e Parri.

In conclusione, se la prossima volta si vogliono fare dei nuovi show revisionisti, perlomeno che si dia la possibilità al pubblico di controbattere, altrimenti è troppo facile.

Ivan Vaghi


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