giovedì 18 giugno 2009

E' il momento

È il momento.
Quale congresso, quale partito: il Pd, si discute.
Assemblea pubblica e democratica, Lingotto, Torino, 27 giugno 2009


Siamo il Partito Democratico. Siamo un grande e moderno progetto di cambiamento e ricostruzione del centrosinistra italiano, della politica italiana, e dell’Italia. Siamo un partito che nasce e cresce intorno a idee e valori condivisi, e che ha come primo obiettivo l’estensione di questa condivisione. Non modificando queste idee e questi valori, non contaminandoli con compromessi e contraddizioni: ma declinandoli in un progetto collettivo di progresso e di visione del presente e del futuro. E costruendo un consenso su questa visione. Siamo il Partito Democratico, non siamo due partiti che si sono alleati. Non siamo la convivenza di obiettivi e interessi diversi, da far convivere e di cui fare commercio politico. Non vogliamo che questo progetto sia ostaggio di meccanismi e fallimenti i cui risultati hanno portato il centrosinistra italiano ai peggiori risultati degli ultimi vent’anni. Crediamo che contesti nuovi chiedano scelte nuove, crediamo nell’assunzione di responsabilità di chi viene sconfitto, e nell’assunzione di responsabilità di chi vuole superare le sconfitte. Noi vogliamo superarle, vogliamo cambiare l’Italia in meglio, e governarla. Siamo, siete, siamo assieme l’alternativa alla spartizione tra vecchie correnti del più ambizioso progetto politico nella storia dell’Italia repubblicana. Sappiamo di essere in tanti, finora troppo trascurati e impotenti. Non andremo al congresso di questo partito per scegliere se consegnarlo a un leader della Margherita o a un leader dei DS. Ci andremo per darlo al leader del Partito Democratico e alle persone del Partito Democratico.

http://piombinidemocratici.wordpress.com/

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dal referendum alle amministrative: chi ha vinto e chi ha perso?
Su La Stampa, Luigi La Spina vede un affermazione dei “candidati pragmatici”. E si dice convinto che, dopo queste elezioni, «non ci saranno conseguenze sconvolgenti, né per il governo, né per gli equilibri nei partiti. Questo non vuol dire però, che l’esito di questi ballottaggi non abbia dato almeno due indicazioni che valgono in campo nazionale. Il calo di consensi per Berlusconi, già rivelatosi due settimane fa, sembra essersi rafforzato dopo le ultime rivelazioni scandalistiche. Così è certamente mancato quel traino personale del presidente del Consiglio su cui contavano molti candidati del Pdl, da Podestà alla Porchietto. Il secondo aspetto interessante di questo voto riguarda, invece, il Pd. (…)Se il maggior partito della sinistra italiana non è stato spazzato via dal Nord del paese, è dovuto alla presentazione di candidati locali pragmatici, vicini ai problemi delle loro popolazioni, con programmi che non esitano a raccogliere i timori sulla sicurezza e sull’occupazione, senza paura di essere accusati di cripto leghismo. (...) Restano, infine, i commenti dei leader. Tutti abbastanza inutili. Franceschini pronostica addirittura “l’inizio del declino elettorale della destra italiana”. Profezia perlomeno azzardata e frettolosa, dopo il brodino che l’ammalato Pd è riuscito a ingurgitare in questi ballottaggi. Il portavoce del Pdl, Capezzone, si è spinto a parlare di “straordinario successo”. La Lega si è sbrigativamente annessa quell’ 80% di italiani che non ha votato per i referendum. Gli altri hanno vinto pure loro, tutti. Tranne il povero Segni, anche perché sarebbe stato molto difficile non ammettere la durissima sconfitta. Farebbero meglio a sfoggiare meno ottimismo e a preoccuparsi un po’ di più del crescente e davvero inquietante assenteismo degli italiani dalle urne».