venerdì 10 luglio 2009

Il dopo Congresso

Ohibò, il Congresso non c’è ancora stato e già questo pensa al dopo? Ebbene sì, quando si dice l’essere avanti… In realtà mi baso su una relazione presentata al Lingotto di Torino e relativa ai problemi della comunicazione ma soprattutto della percezione della comunicazione politica del PD e non solo del PD. Insieme ad altri esperti del settore, Massimo Alesii ha esordito dicendo che, in base a quanto emerge dai sondaggi, l’Italia è un paese diverso da quello che si può pensare partecipando a un convegno come quello di Torino. Là c’era gente interessata, motivata, propositiva e anche autocritica, mentre nel nostro paese le persone sono invece distanti dalla politica e non credono più ai partiti, che non sono più visti come punti di riferimento. Ovviamente le persone non credono più nemmeno ai politici e a quello che dicono, rimane la fedeltà alla coalizione di riferimento, e i voti si spostano di solito all’interno delle coalizioni stesse. La scommessa per il PD è quindi quella fare uscire dalla “Sala dei 500” del Lingotto quell’energia vitale che lì era fortissima, e che poi è quella di chi crede nella vera politica. Il trend invece è quello di un paese deluso, e i dati lo confermano in modo inequivocabile: i non votanti sono passati in poco tempo da 10 a 16 milioni; i voti della Lega Nord sono passati da 1 milione e 700 mila a più di 3 milioni; l’Italia dei Valori è aumentata del 179%. Qualcuno evidentemente riesce ad intercettare i voti dei delusi, vuoi con il lavoro sul territorio vuoi grazie al web.
Quello che è certo, e di cui ci eravamo già accorti, è che non esiste più l’identificazione delle categorie sociali con i partiti politici: il 40% degli operai vota la Lega, mentre la PdL ha guadagnato voti tra i pensionati e le casalinghe ma li ha persi tra gli imprenditori e i disoccupati (ricordate la promessa del milione di posti di lavoro?). All’interno delle categorie professionali vediamo che in quella che era da sempre considerata una roccaforte del centro sinistra, cioè gli impiegati e gli insegnanti, è stato perso circa l’8% dei voti, che però è rimasto a sinistra (più a sinistra). Interessante (e anche forse un po’ allarmante) il dato degli studenti, dove il PD è passato dal 37 al 27% mentre l’IdV dal 4,5 al 12%. Sono aumentati anche i voti degli altri partiti della sinistra, in modo da determinare una crescita complessiva dell’area nonostante la perdita secca del PD. Se andiamo poi a vedere il voto degli under 34 vediamo che i dati ricalcano abbastanza quelli generali, con un 2% in meno per la Lega, un 2% in più per l’IdV, qualcosa in più per l’UDC e anche per Sinistra e Libertà e Rifondazione, che sono entrambe oltre il 4%. Sembrerebbe quindi che ci sia, da parte dei giovani, un maggiore interesse per i partiti minori.
Cosa fare quindi dopo il Congresso per ripartire alla conquista dei voti, o meglio, dei consensi perduti? La risposta in apparenza più semplice è guardare a quell’enorme bacino potenziale rappresentato dagli astenuti. Se gli italiani sono disillusi bisognerà riaccendere in loro l’immaginazione, fare proposte che possano scuotere le coscienze, e che siano proposte convincenti, comprensibili e ovviamente in linea con il bagaglio culturale del centro sinistra: solidarietà sociale, neutralità dello Stato nelle questioni etiche, regolamentazione dei conflitti di interesse, riforma del welfare, riconsiderazione dei confini tra politica ed economia. Proposte chiare, non ondivaghe, e coraggiose senza essere populiste. Cito Debora Serracchiani e dico con bisogna parlare alla pancia delle persone, ma alla loro testa e al loro cuore.
Questo forse non basterà, e bisognerà guardare alle alleanze, forse. Ci sono due possibilità di alleanze: la linea d’Alema, che prevede l’accordo con l’UDC, abbandonando quindi il bipolarismo veltroniano e senza di Pietro e i radicali, ma rinunciando così per sempre alla laicità dello Stato; la linea del fronte comune, tipo Prodi per intenderci, che prevede invece la riunione di tutte le forze politiche che si ritengono alternative a Berlusconi (e che comunque, nonostante tutto, sono ancora la maggioranza). Ci sarebbe poi l’ipotesi veltroniana, che sarebbe poi quella di conquistare tutti con la forza delle idee (magari anche attraverso il ricambio generazionale). Qualcuno dirà che è stata l’ipotesi perdente. Non che le altre due…
Comunque, ognuno la pensi come vuole, quello che è certo che non si potrà prescindere da proposte “culturalmente” rivoluzionarie, come è stato per la green economy di Obama. Così come non si potrà prescindere dall’affrontare la questione settentrionale. Anche qui c’è una scommessa da vincere, e cioè non cedere alla rassegnazione di accontentarsi di quello che l’elettorato può dare. Le ultime amministrative hanno dimostrato che lì dove il PD ha lavorato bene su questioni importanti, come la raccolta differenziata e le energie rinnovabili, ha stravinto con voto plebiscitario. Sto parlando di Montebelluna nel trevigiano, la città con il più alto reddito pro capite d’Italia (e quindi in teoria dalla parte di Berlusconi), dove il lavoro sul territorio ha risparmiato alla città la costruzione di un inceneritore (mumble mumble) e ha determinato la riduzione delle tariffe. Sto parlando anche di Vicenza, dove il PD, proponendo volti nuovi, dando fiducia e responsabilità ai circoli (quindi lavorando sul territorio) e utilizzando un linguaggio meno ideologico e più comprensibile (e anche questa cosa merita approfondimento), è riuscita ad occupare lo spazio altrimenti preda degli insulti e del disprezzo della Lega. E portando anche a casa il risultato. Queste cose ce le hanno spiegate Laura Puppato, sindaco di Montebelluna, e Alessandra Moretti, vicesindaco di Vicenza, due donne (di 52 e 36 anni), e anche questo forse non è un caso.
Gli spazi ci sono, le modalità forse anche, bisogna crederci e avere coraggio.

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