venerdì 3 luglio 2009

Lo spirito del Lingotto


Due anni fa al Lingotto di Torino è partito ufficialmente il progetto del Partito Democratico, l’ultima speranza, lasciatemelo dire, di un’alternativa vera e credibile allo strapotere berlusconiano e a tutto quello che ne consegue. A due anni di distanza siamo già qui che ci lecchiamo le ferite e che consideriamo come una mezza vittoria l’avere perlomeno mantenuto i sindaci delle nostre roccaforti storiche. Ma la speranza è tutt’altro che morta, anzi, è più viva che mai, e la dimostrazione l’abbiamo avuta proprio al Lingotto, non a caso scelto come luogo simbolo di riscossa. Dobbiamo però prima fare un piccolo passo indietro e andare a Piombino, dove qualche tempo fa un gruppo di giovani attivisti del PD si è trovato e ha discusso il futuro del partito, o meglio, il futuro che loro speravano dovesse avere il partito. Ne è uscito un documento, il “Documento di Piombino” appunto, in cui sono state indicate e proposte le linee guida del partito che i “piombini”, così come da quel momento sono stati chiamati, vorrebbero venissero applicate al PD. Da allora i piombini si sono trovati altre volte, con sempre maggior seguito e alcune clamorose vittorie, come l’elezione di Debora Serracchiani (38 anni) al Parlamento europeo con un risultato simile a un plebiscito (ha preso più voti di Berlusconi nel Nord Est, mica cotica). L’ultima di queste riunioni, in ordine di tempo, è avvenuta appunto al Lingotto sabato 27 giugno, incassando una grande partecipazione di pubblico e anche la visita, non prevista, di Franceschini e Bersani, i due contendenti principali (finora) alla carica di segretario. E’ evidente quindi che sebbene giovani e poco conosciuti (finora), la forza delle loro idee, sia adesso che soprattutto in prospettiva, sta attirando grande interesse.
Ci sono stati moltissimi interventi, alcuni più significativi perché rappresentano l’essenza stessa del Documento di Piombino. Uno dei componenti fondatori è Pippo Civati (34 anni): “E’ il momento di costruire un partito di cui essere orgogliosi, dobbiamo smetterla di lamentarci e passare all’azione, dobbiamo decidere di fare qualcosa e poi fare proprio quella. E’ il momento di finirla con il dualismo tra DS e Margherita (30 secondi di ovazione), i nostri rivali devono essere i problemi del paese e non i nostri compagni di partito. In Italia la giustizia è troppo poco difesa, il futuro è troppo poco considerato, bisogna affrontare i problemi e discutere di quelli, prima ancora di decidere quali persone se ne devono occupare. Il PD deve essere costruito in ogni circolo, nel territorio e per il territorio perché dobbiamo diventare gli interlocutori dei cittadini. Dobbiamo costruire un partito orizzontale, non gerarchico, che lavori di squadra e non per cordate, non possiamo più perdere altre occasioni. Il futuro si costruisce avendo come tema strategico l’ambiente e la sostenibilità (inciso, erano i capisaldi del programma di Solbiate Democratica, ma giuro che non abbiamo copiato), attraverso l’alleanza, non più rimandabile, tra ambiente e tecnologia. E’ il momento di dire che vogliamo uno stato laico, che vuol dire anche libertà, sicurezza e rispetto per gli altri, è il momento insomma dei nuovi democratici (ovazione)”. E’ entrato più nel merito dell’organizzazione del partito Oleg Curci (40 anni): “Il prossimo congresso non deve essere il luogo della resa dei conti, in una rocca inaccessibile dove si decide sulle cose da fare in base alle scelte del momento e non dopo discussione dei problemi. Il PD deve essere un partito di condivisione politica e i circoli ne devono rappresentare la spina dorsale, come del resto dice l’articolo 28 dello Statuto, che impone la consultazione degli iscritti nelle decisioni da prendere. E’ il momento di fare un passo avanti anche organizzativo, attraverso la messa in rete dei circoli, che dovranno avere una anagrafe delle competenze e delle risorse, oltre che un calendario delle iniziative da rendere accessibile alla consultazione, in modo da ottimizzare le potenzialità degli iscritti e raggiungere più gente possibile sul territorio. Sarebbe anche il caso di distribuire i rimborsi elettorali ai circoli (see, magari..)”.
Uno degli affondo più significativi è arrivato da Sandro Gozi (41 anni): “Mai come oggi abbiamo bisogno di cambiare, in ottemperanza ai grandi cambiamenti che stanno avvenendo in politica, economia e società. E invece noi abbiamo cambiato i simboli ma le persone sono rimaste le stesse, e anche le logiche sono le stesse di sempre. Smettiamola guardare alle provenienze, guardiamo invece agli elettori, perché le alleanze appassionano solo i dirigenti e non gli elettori, che invece vogliono sapere come la pensiamo sulle questioni importanti. E’ il momento di decidere se abbiamo il coraggio di cambiare oppure dare per fallito il progetto del PD. Basta devozione alle tattiche, prima diciamo chi siamo e cosa vogliamo, e lo facciamo in modo da farci capire, poi si pensa, forse, alle alleanze. Ma la cosa irrinunciabile è cambiare le facce, adesso è il momento di pretendere l’impossibile, perché da come siamo messi essere molto bravi non basterà”. Concetto ripreso e sottolineato da Pierfrancesco Majorino (36 anni): “Nel PD non si sta parlando dei temi ma solo delle candidature e delle cordate a sostegno di questo o quello. Berlusconi sta portando il paese al declino e noi non stiamo ancora dando la nostra proposta, come ad esempio ha fatto Obama con la conversione ecologica dell’economia. Dobbiamo anche farci tornare l’ossessione di consumare le suole nei quartieri e portare avanti il bagaglio culturale che ci rappresenta”.
Il bagaglio culturale che ci rappresenta, ed è stato ribadito più volte da altri interventi, è la solidarietà, la laicità dello Stato, il rispetto delle regole, la meritocrazia, e chi non lo accetta, come ha detto chiaramente Ignazio Marino (54 anni ma il più giovane di tutti), può anche togliere il disturbo (ovazione).
Non pensiate però che lo spirito del Lingotto sia solo distruzione, anzi, è soprattutto ricostruzione, secondo altri presupposti e altre regole, e soprattutto altri protagonisti. Hanno fatto fuori Veltroni per una guerra interna tra bande e non possiamo permetterci che facciano fuori qualcun altro per qualche altro regolamento di conti, perché intanto stiamo perdendo consensi e credibilità. Quello che non possiamo più permetterci, secondo i piombini, è un partito chiuso su se stesso che guarda solo al suo interno, che perde la capacità di parlare con la gente e di ascoltare le richieste della gente. E’ il senso del partito orizzontale e del partito dei circoli, che sia inclusivo e non esclusivo, che sia in grado cioè di raccogliere i consensi di chi si riconosce nel bagaglio culturale che ci rappresenta e che non sia invece solo un esercizio di gestione del potere. Ma soprattutto deve essere un partito con una identità forte, che abbia una discussione al suo interno ampia ed approfondita, ma che alla fine esca con una posizione e la segua e la difenda con tutte le proprie forze, altrimenti non solo si perdono comunque i voti, ma si perde anche l’identità stessa del partito.
La scommessa da fare è sostenere che i cittadini siano già pronti al cambiamento, e il PD deve riuscire ad esserne portavoce e guidare il cambiamento stesso. E’ già successo, negli Stati Uniti pochi mesi fa, e per citare ancora una volta il protagonista Obama: “I believe in change because I believe in you (Credo nel cambiamento perché credo in voi)”.

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