sabato 12 dicembre 2009

Mi chiamo Giovanni Arnoldi e ho 42 anni

Mi chiamo Giovanni Arnoldi e ho 42 anni, quelli giusti per riflettere sulla vita, perché ne hai passate abbastanza per esserti fatto un’idea e sei ancora abbastanza giovane per poter rimediare agli errori e mettere in cantiere nuovi progetti. Tra le altre cose faccio anche il mediatore nella compravendita di terreni agricoli, ma più che altro sono l’uomo di fiducia di molti amici che dalle mie parti sanno ancora fidarsi della terra e la coltivano con la passione e la tenacia ereditate da numerose e ostinate generazioni di contadini. Bestemmiano anche molto perché la terra a volte si distrae e non ti dà quello che promette, e poi è sempre desiderosa di attenzioni, come una vecchia gatta. Ci si alza all’alba e si va a dormire quando è buio, tutti i giorni. Gente semplice i miei amici, e quando qualche volta qualcuno decide di vendere o comprare un pezzo di terra, o lasciarlo ai figli con la già disillusa speranza che non lo vendano per costruirci case, chiamano me e mi affidano le pratiche legali. Si fidano, d’altra parte non ho mai deluso nessuno. Le compravendite le faccio sempre nello stesso posto, la Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, lavorando con le stesse persone, perché anche loro non mi hanno mai deluso e io mi fido. Mi piace andare a Milano, anche quando piove come oggi, anzi, Milano è bella soprattutto quando piove, il grigio le si addice. Si veste dell’abito elegante degli uomini d’affari, con le luci che escono discretamente dai lampioni e dalle vetrine del centro, ad indicare la strada ai passanti tra la nebbia e il buio dell’inizio sera di Dicembre. A casa mia il grigio è grigio, a Milano è una lunga serie di sfumature. Entro in banca con sollievo, fa davvero freddo oggi e dentro è sempre ben riscaldato. Per fortuna me la caverò in fretta perché ormai so come fare, qualche firma, qualche dettaglio, una stretta di mano e poi a casa. Ci sono le stesse persone, che ormai conosco bene, l’indaffarato agitarsi delle contrattazioni sui beni agricoli, il vecchio tavolo ottagonale al centro della stanza dove ho compilato decine e decine di distinte di versamento, i solito clienti, ormai conosco anche tutti loro. Quel tipo però non l’ho mai visto, mi incuriosisce il suo aspetto fin troppo elegante e quella sua voluminosa borsa di cuoio, lo scruto un po’ ma poi vengo distratto dal mio lavoro, dalle firme, dai dettagli e dalle strette di mano. L’ultima firma la mettiamo nel solito posto, sul vecchio tavolo ottagonale. Tra un po’ uscirò nell’elegante grigio di Milano e attraverserò di nuovo le sue strade, che di questi tempi ne stanno vedendo tante: cortei, manifestazioni, occupazioni. Io non me ne intendo tanto di politica, alla terra della politica importa poco e io le do retta, penso solo che se tanta gente protesta un motivo ci sarà. Ci sarà anche un motivo per cui quell’uomo così elegante ha dimenticato la sua pesante borsa di cuoio sotto il tavolo, strano, non è una cosa che si può dimenticare così facilmente. Spero che torni a prenderla prima che chiuda la banca, forse c’è qualcosa di importante. Bene, ho finito, posso andare a casa, domani è il 13 dicembre, Santa Lucia, dalle mie parti si festeggia come a Natale.

Giovanni Arnoldi e altri 16 clienti della banca non torneranno a casa quella sera. Quella borsa non era stata dimenticata. Era il 12 dicembre 1969.

di Ivan Vaghi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Accidenti,Ivan,riesci sempre a farmi commuovere!
Siamo orgogliosi di te,Giuseppe.

Anonimo ha detto...

Bello il ricordo di quel triste giorno... da lacrima! Sonia