mercoledì 25 giugno 2008

Il ritorno del caimano

di Ivan Vaghi



Ve lo concedo, questo blog sta diventando una specie di zoo, ma le metafore animalesche non le ho inventate io, e poi rendono moltissimo l’idea. Per quelli che non lo sapessero il caimano è Silvio Berlusconi, e per ritorno si intende l’ultima sua trovata che gli consente di svicolare l’ultimo dei processi che lo vede inquisito. Certo in questo modo eviteranno la galera anche migliaia di sani delinquenti, ma in fondo il concetto di certezza della pena ha significato solo durante le elezioni, e una volta che quei fessi degli italiani hanno votato chi se ne frega più. Lo so che l’antiberlusconismo non è più di moda, che bisogna fare i superiori, trattare argomenti specifici e circostanziare le critiche, che insomma Berlusconi è solo un degno avversario politico. Un avversario politico che però risponde alle mani tese con gli sputi in faccia. Degno? Lasciamo perdere. Vorrei però sottolineare che quello che dico è una mia opinione personale e che non parlo a nome del circolo di Solbiate né tantomeno del PD e quindi vorrei esprimere due o tre concetti, assumendone la piena responsabilità, che riguardano il nostro “degno avversario politico”, a cominciare da quei fenomeni dei suoi alleati, leoni (metafora animalesca) di carta che stanno ai piedi del tavolo scodinzolando nell’attesa che cada qualche briciola del fiero pasto del caimano. Vogliamo parlare della Lega? Quei fenomeni che hanno costruito una carriera romana cavalcando quel federalismo che loro prima di tutti non vogliono e che sanno non verrà mai realizzato. E che dire di Fini, già allievo e delfino (questa non è una metafora, il delfino era l’erede al trono di Francia) di Almirante, a suo tempo impiegato all’ufficio razza della Repubblica Sociale (leggi persecutore di ebrei) a cui si vuole, nientemeno, intitolare una strada a Roma. Fini dicevo, che ha rinunciato alla sua identità politica per andare ad occupare il posto vacante di successore di Berlusconi. Non dimentico nemmeno l’UDC, che si è sottratto troppo tardi al disprezzo del suo potente alleato, non prima di avere votato un sacco di leggi a lui favorevoli ottenendo in cambio un garbato ma fermo calcio nel culo. E veniamo al mio amico caimano, a cui si deve riconoscere la straordinaria abilità di avere creato dal nulla una partito che non ha radici politiche, andando a ricercare il consenso in modi inediti, prospettando fantomatiche libertà che nessuno ha mai capito cosa fossero (a parte la sua, ma questo è un altro discorso), dando la caccia ai comunisti a vent’anni dalla fine della guerra fredda (e a cinquant’anni da Mac Carthy), ottenendo l’appoggio esplicito e incondizionato di una Chiesa che si è riscoperta reazionaria e antimodernista, che ha promesso ricchezza e benessere in un mondo che stava andando da tutt’altra parte, che ha costruito una identità politica sulla base del culto della personalità (vi ricorda qualcuno?). Certo ha dimostrato grande talento, ma come si fa a considerarlo un grande politico? I grandi sono quelli che lasciano qualcosa di importante dietro di sé, mentre Berlusconi lascerà un debito pubblico fuori controllo, una magistratura delegittimata e impossibilitata a fare il suo lavoro (e solo perché non voleva finire in galera), un paese arretrato che perderà gli ultimi treni dell’innovazione tecnologica, un sistema economico che si basa sui cartelli e sulle speculazioni finanziarie, un paese che si è arreso alla malavita organizzata e se a qualcuno viene in mente qualcosa lo aggiunga pure. Io faccio una fatica dannata a considerarlo un degno avversario politico, ma faccio ancora più fatica a capire quelli che continuano ostinatamente a votare per lui. Vi chiedo solo di riflettere per cinque minuti, vi giuro, cinque minuti sono più che sufficienti, e credo che un cittadino abbia il dovere di dedicare almeno cinque minuti della sua vita per il bene del suo paese.

Nessun commento: