venerdì 11 settembre 2009

11 settembre

di Ivan Vaghi

La mattina dell’11 settembre 1973 il generale Augusto Pinochet, capo di stato maggiore dell’esercito cileno, dopo aver dichiarato illegittimo il governo in carica, assedia e bombarda il palazzo presidenziale di Santiago. Si tratta di un colpo di stato militare che causa la morte del presidente Salvador Allende e l’instaurazione di una lunga e feroce dittatura.
Certo salta subito all’occhio la coincidenza con il giorno ugualmente tragico del 2001, ma quel mattino del 1973 è importante per un motivo particolare, che riguarda la storia d’Italia del recente passato, del presente e si spera anche del futuro. Per rinfrescare la memoria di chi già c’era e per raccontarlo a chi non lo ha mai saputo, Salvador Allende Gossens, co-fondatore del partito socialista cileno, vinse le elezioni presidenziali del 1970, tra l’ostilità delle forze conservatrici del paese che mal tolleravano l’idea di un governo socialista. Ad essere più arrabbiati erano però gli americani, che all’epoca portavano avanti una politica estera particolarmente aggressiva in America latina, impauriti dalla possibile espansione socialista in quello che loro consideravano il “giardino di casa”, e cioè il centro e il sud America appunto. Avevano già “perso” Cuba, avevano problemi simili in altri paesi e il Cile era solo l’ultimo in ordine di tempo. Purtroppo per loro Allende decise di nazionalizzare le miniere di rame, la più grande ricchezza del paese, fino ad allora solidamente nelle mani di società statunitensi. Alla paura politica si aggiunsero quindi le pressioni del capitale nordamericano, che convinsero Nixon a prendere “provvedimenti”, alleandosi con le forze politiche cilene di destra e fornendo l’appoggio logistico e militare che serviranno a Pinochet per prendere il potere con la forza. Queste cose non me le invento io, sono scritte con molto candore nell’autobiografia di Kissinger, segretario di stato americano del presidente Nixon.
Ma cosa c’entra con l’Italia? C’entra, c’entra, perché in Italia all’epoca la situazione non era molto dissimile. Avevamo un forte partito comunista che stava guadagnando consensi, e la possibilità che potesse prima o poi vincere le elezioni e governare il paese in un’alleanza con i socialisti e i socialdemocratici, era tutt’altro che remota. Ma arrivò l’11 settembre del 1973 e quello che successe in Cile fu un monito anche per noi: attenti, non vi sarà permesso di essere governati dalla sinistra, a costo di farvi fare la stessa fine. Premetto che non sono mai stato anti americano e quindi non parlo per una presunta distanza “ideologica”, sta di fatto invece che Gladio era già operativa, così come tutte le reti “stay-behind” coordinate dalla NATO e che avevano come scopo di fornire l’eventuale supporto logistico in situazioni simili a quella cilena. In Italia avevamo già rischiato, perché gli Stati Uniti si misero già in azione nel ’62, all’epoca del varo dei primi governi di centro sinistra con DC e socialisti. Venne infatti creato un corpo speciale dei carabinieri, super addestrato e super attrezzato, al comando del generale De Lorenzo, che si mise in moto per portare a termine un colpo di stato, il cosiddetto Piano Solo (era il 1964), che costrinse il socialista Nenni a rinunciare alle riforme che il PSI riteneva indispensabili. Alla luce di questi precedenti e soprattutto di quello che successe in Cile, il segretario del PCI Berlinguer capì che nemmeno in Italia sarebbe stato possibile governare con la sola forza delle scelte democratiche dei cittadini e quindi aprì, insieme al democristiano Aldo Moro, la fase di avvicinamento tra PCI e i progressisti della DC, battezzata il “Compromesso Storico”, che era l’unica possibilità che poteva avere il PCI per governare in Italia. Pensava Berlinguer che un accordo di questo tipo, già “sdoganato” dall’accordo tra DC e PSI, avrebbe rassicurato sia gli italiani sia soprattutto gli alleati stranieri che gli intenti del partito comunista non erano certo quelli di minacciare la democrazia in Italia. In quest’ottica venne garantita la fedeltà all’alleanza atlantica, che avrebbe comunque fatto rimanere l’Italia nell’orbita statunitense. Non servì a molto, l’ostilità delle forze conservatrici fu feroce e giusto per non sbagliarsi Aldo Moro fece una brutta fine (che quei bastardi delle Brigate Rosse non ci hanno ancora raccontato nei dettagli, quelli veri).
Andiamo avanti di venti anni e vediamo che all’indomani di Tangentopoli e della dissoluzione della DC, quelle che erano le “correnti” storiche democristiane diedero vita a nuovi partiti. La parte dei cristiano democratici progressisti, il Partito Popolare, andrà poi a formare la Margherita, a convergere nell’Ulivo e a co-fondare il Partito Democratico insieme ai Democratici di Sinistra, a loro volta eredi della componente progressista del PCI. L’intuizione di Berlinguer quindi si realizza senza particolari ostacoli (giusto quelli interni ma questo è un altro discorso) e soprattutto senza spargimenti di sangue o minacce alla democrazia. Quell’intuizione era collegata anche ad un sogno, che era quello di governare l’Italia. Al momento sembra davvero lontano ma chi sogna in piccolo può sperare solo in piccoli risultati. Comunque sia la storia politica di questi paese è legata in qualche modo a quell’11 settembre di 36 anni fa, e mi viene da pensare che qualcuna delle varie radici del PD affondi in quella tragica giornata che causò decenni di sofferenze per il popolo cileno. Radici che legano insieme i democratici e i riformisti di tutto il mondo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ricordo che la sera successiva al Golpe cileno dell' 11 settembre 1973 manifestammo spontaneamente a Varese. Eravamo tanti compagni, molti studenti ma anche operai. Il clima di quegli anni in Italia era di grande mobilitazione politica e sociale; la tragedia cilena aveva turbato profondamente chi era impegnato nei movimenti studenteschi ed operai e si temevano azioni repressive anche da noi. Allende fece un discorso memorabile poco prima di morire eroicamente impugnando il mitra che gli aveva donato Fidel Castro. La difesa di quei valori per i quali Allende ha dato la vita deve essere un impegno per tutti i democratici.
Roberto Colombo