mercoledì 23 settembre 2009

Ho scelto Marino e vi dico perché

di Ivan Vaghi

Nelle varie riunioni di circolo che si stanno svolgendo in tutta Italia si stanno scegliendo i delegati che appoggeranno i candidati alla segreteria nella Convenzione nazionale. A Solbiate c’è stata una mezza sorpresa ma non si può dire finché le votazioni sono ancora in corso in altri circoli (dubito che questo blog possa influenzare granché, ma ci atteniamo alle regole). Posso però dire che ho scelto la mozione di Ignazio Marino. Intanto non necessariamente ciò che è nuovo è anche migliore, ma non sempre ciò che è meno nuovo è anche più affidabile o garantisce migliori prospettive. Sarebbe quindi il caso di votare soprattutto per i contenuti, che sembra una banalità ma poi sappiamo che spesso si vota per logiche di appartenenza, di tradizione o peggio per simpatia. Faccio un passo indietro per dire che alle scorse primarie avevo votato per Rosi Bindi, non perché pensavo che fosse il migliore segretario possibile (si sapeva che avrebbe vinto Veltroni e a me andava benissimo), ma per due altri motivi. Il primo è che diffido sempre dei plebisciti, perché portano sempre con sé grandi aspettative che se poi vanno deluse causano gravi contraccolpi, anche psicologici (che è quello che è avvenuto). Il secondo è che non ci può essere crescita senza dialogo, confronto e dibattito, e maggiore è la forza che viene riconosciuta a tutti quelli che hanno qualcosa da dire, maggiore sarà anche la forza del confronto e quindi la possibilità di crescita. D’altra parte ci chiamiamo democratici mica per niente.
Torniamo a noi per dire che adesso siamo messi male e che bisogna recuperare terreno, anzi, dobbiamo riuscire a fermare l’emorragia di voti. Per riuscirci i modi sono sempre quelli: una leadership forte e carismatica, che porti voti con la sua sola presenza, ma non è il nostro caso (meglio così, personaggi simili sono anche abbastanza inquietanti); confidare nella forza delle idee, e qui ce la possiamo cavare; lavorare sul territorio, e lì, accidenti, c’è spazio. Aggiungerei anche garantire identità e coerenza al partito, perché in questo caso siamo messi abbastanza male, per vari motivi che è inutile rivangare. Faccio due esempi di persone vicine a me (molto vicine), esempi di posizioni di elettori del PD medi e mediamente informati. Il primo elettore (elettrice) ogni volta che mi vede mi insulta perché dice che invece che pensare all’Italia pensiamo a litigare tra di noi (non è sempre vero ma questa è l’informazione che passa) e soprattutto dice una frase agghiacciante: “state rovinando tutto”, riferendosi all’idea di un partito che fosse punto di riferimento di tutte le forze progressiste e riformatrici. Tanti, me compreso, hanno visto nel PD l’unica e forse ultima speranza di avere un partito grande e forte in grado di governare l’Italia puntando sul bagaglio culturale di centrosinistra (senza trattino) e purtroppo non si sta realizzando, per motivi fisiologici (l’Italia oggi è di destra, dobbiamo farcene una ragione), ma anche purtroppo per colpe nostre. Il secondo elettore per fortuna non mi insulta ma dice che alle scorse primarie ha votato Veltroni perché credeva in lui e nel PD e dopo un anno e mezzo lo abbiamo fatto fuori, per cui adesso non andrà a votare alle primarie perché non ci crede più. Sono due esempi di elettori border line che rischiamo di perdere e tanti li abbiamo già persi proprio per questo motivo, la mancanza di una coerenza interna al partito che ne stabilisca una precisa identità. Perché coerenza non vuole dire coesione granitica, come ho detto prima è giusto che ci sia il confronto, ma poi si sceglie una linea e la si segue. Punto. Altrimenti dobbiamo dare ragione a quell’altro elettore (non del PD) che dice: “avete promesso i PACS e non li avete fatti, adesso io non vi credo più nemmeno quando parlate di economia, società e politica estera”. Semplicistico ma efficace.
Ma è soprattutto sul lavoro territoriale che bisogna puntare, per noi che non abbiamo le televisioni, e l’arma che possiamo usare sono i circoli, ma non come sono adesso, cioè un punto di raccolta di tessere utili solo quando c’è da appendere i manifesti in campagna elettorale e da consultare quando si decide il segretario (cosa che spesso avviene, come dicevo, per appartenenza a questa o quella corrente). I circoli sono il fronte, anzi dalle nostre parti li possiamo chiamare trincee, che da soli però possono fare poco. Bisogna fare un fronte comune, investire sui circoli risorse umane, finanziarie e logistiche, metterli in rete per sfruttarne al massimo le potenzialità e farli agire insieme e contemporaneamente, ed è necessario che i militanti si sentano importanti, che vengano consultati spesso e che quello che esce dai circoli sia sempre ascoltato, preso in considerazione e utilizzato dai dirigenti di qualsiasi livello. E’ così che si crea motivazione riuscendo ad avere nei circoli la forza motrice per riguadagnare consenso.
Ho scelto Marino riflettendo su tutte queste cose, perché la “base”, i nostri elettori, si aspettano un atto di coraggio da parte del partito, perché dire a dei tesserati di provincia “state rovinando tutto” vuol dire che ci affidano comunque una responsabilità che volenti o nolenti dobbiamo onorare, dando voce a quegli elettori che, anche da noi, si aspettano di più. Secondo me l’atto di coraggio che dobbiamo fare è proporre una precisa discontinuità rispetto a logiche di gestione del potere interne al partito che finora sono state fallimentari. Ho scelto Marino perché è l’unico che abbia teorizzato un ruolo centrale e strategico fondamentale per i circoli, e perché è quello che ha parlato con maggiore chiarezza e precisione di laicità (come metodo) e di coerenza (come esigenza). Ho scelto Marino anche perché non mi illudo, nel senso che probabilmente vincerà Bersani, ma siccome ho iniziato dicendo che è necessario dare maggiore forza possibile a chi ha qualcosa da dire, finisco dicendo che maggiore forza avrà Marino e le impostazioni di partito che vorrebbe nel PD, maggiore sarà l’attenzione che il nuovo segretario dovrà prestare a queste istanze, e chissà mai, si potrebbe convincere che sono giuste. Pertanto è giusto “consegnare” Ignazio Marino al giudizio degli elettori alle primarie del 25 ottobre, per vedere quanti (di quelli rimasti…) pensano che una volta tanto il nuovo è anche meglio.

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